Mvt - Il campione trentino di tutti i tempi Nuova sfida: Degasperi contro Angeli Votate il vostro atleta del cuore

di Maurilio Barozzi

Nuova sfida tra campioni del nostro sondaggio “Mvt - Il campione trentino di tutti i tempi”: oggi è tra il campione di triathlon Alessandro Degasperi e il campione di pallamano Viliam Angeli, bandiera della mitica squadra di Rovereto.

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DEGASPERI, L'IRONMAN

Lui è un ironman, un uomo d’acciaio. Anche se a prima vista può apparire iperbolica, difficile non dare credito a tale definizione quando un atleta deve consecutivamente, senza mai fermarsi, nuotare 3,8 chilometri in acque libere, pedalare per 180 chilometri e infine correre una maratona, altri 42 chilometri. Alessandro Degasperi fa questo: il triathlon nella sua versione più estrema, l’ironman, appunto. «A dire la verità all’inizio gareggiavo nella distanza olimpica – 1,5 km a nuoto, 40 in bici e 10 di corsa – ma un brutto infortunio mi ha costretto a cambiare prospettiva e dal 2007 ho cominciato ad allungare le gare: prima i 70.3 e dunque l’ironman», spiega Alessandro, che i suoi tifosi chiamano il “Dega”.
Il 2007 è stata una data spartiacque per la sua carriera: si stava preparando per le qualifiche alle Olimpiadi di Pechino 2008 ma durante l’inverno mentre gareggiava in mountain bike cadde male e si ruppe una spalla. «È stato un brutto infortunio che mi ha tenuto lontano dalle gare per molti mesi e che mi ha compromesso la possibilità di andare ai Giochi», ricorda. «Al rientro ho così cominciato ad affrontare distanze più lunghe perché facevo fatica ad allenarmi a nuoto e, più le distanze aumentano, meno una disciplina risulta determinante. Mi sono subito accorto che poteva essere una buona prospettiva di carriera e difatti così è stato».
È strano a dirsi, per un ironman. Ma gli infortuni sono stati le pietre miliari della carriera di Degasperi. Da ragazzino, come molti suoi coetanei di Panchià e della Val di Fiemme, praticava lo sci nordico, il calcio e anche l’atletica. Ma una caviglia fragile e molte distorsioni lo hanno costretto a cambiare attività, concentrandosi sul nuoto. Poi, nel 1996, a 16 anni, è arrivata la prima gara di triathlon e di fatto è sbocciata la sua passione. «Era un Ironkid e mi è subito piaciuto anche se ricordo ancora che durante la prova in bicicletta sbagliai strada e quell’esperienza, dal punto di vista agonistico, non fu trionfale. Eppure mi divertii moltissimo e continuai».
Si diceva degli infortuni. Ancora una caduta a tenerlo distante dalle gare per molti mesi ma nel maggio 2015 rientrò all’ironman di Lanzarote e vinse. «È stata la più bella soddisfazione sportiva della mia vita. Visto il lungo periodo di convalescenza con una spalla rotta e operata, ero partito con la semplice speranza di terminare la prova. Quando invece ho tagliato il traguardo per primo, quasi non ci credevo» ricorda ancora. E questa soddisfazione è riuscita a lenire la delusione che Alessandro si portava dietro da otto anni: la mancata qualificazione olimpica. «Quello fu un duro colpo perché avevo ottime possibilità di centrare la qualificazione: è brutto dover dire addio a un sogno a causa di una caduta. Ma sono cose che succedono e bisogna reagire».
Come ha fatto lui: con la grinta di Simon Lessing, il triatleta che rappresentava il suo modello, Alessandro ha continuato a lavorare sodo, percorrendo ogni settimana 20 km a nuoto, 400 in bici e 80 di corsa e arrivando a traguardi straordinari come le due vittorie a Lanzarote e il ventesimo posto all’ironman della Hawaii. Ora, alla soglia dei quarant’anni, il suo sogno è quello di vincere ancora una volta a Lanzarote «una delle gare più dure e tecniche di tutto il circuito».


VILIAM ANGELI, PALLAMANO LEGGENDARIA

- Dall’asfalto dell’oratorio Rosmini e del Baratieri fino alla maglia azzurra e alla conquista di cinque scudetti. Viliam Angeli è uno degli sportivi più famosi della città della Quercia. Classe 1952, il pallamanista roveretano ha vissuto in prima persona la fantastica epopea dell’Handball Club Rovereto che, dal 1974 al 1980, riuscì a portare in Trentino quattro scudetti e altrettante Coppa Italia. Sfide avvincenti, soprattutto contro la rivale storica Trieste, che sapevano infiammare centinaia e centinaia di tifosi. La HC Volani si fece conoscere in tutto lo Stivale e «Willy» Angeli, mancino veloce e preciso con più di 100 apparizioni in azzurro e oltre 800 gare in campionato, divenne uno dei giocatori più apprezzati dal pubblico lagarino, ma non solo.
Angeli, com’è nata la sua passione per la pallamano?
«Ho iniziato grazie ad un professore dell’Ipia che ci fece provare questo sport ancora poco noto in Italia. Una disciplina completa, ma per un po’ decisi di proseguire pure con il calcio nell’Aurora Sacco. Nel 1967 venne costruita la prima formazione di pallamano, grazie al prof. Marchetti, e cominciammo a partecipare a qualche torneo. Così in pochi anni Rovereto si trovò a battagliare contro le migliori squadre italiane conquistando il primo scudetto nel 1974. Un’emozione ancora indescrivibile».
Non tutti, però, si ricordano che per lei si trattò già del secondo titolo in serie A.
«Esatto, nella stagione precedente partii per la leva militare e col gruppo sportivo dell’Esercito riuscimmo a vincere il campionato, costringendo proprio il Rovereto sul secondo gradino del podio. Una bella esperienza, ma la gioia di portare nella mia città lo scudetto fu senz’altro diversa. Alcuni compagni sono venuti a mancare e ricordarli ogni anno, al PalaMarchetti, è sempre bellissimo».
Quale la più grande soddisfazione della carriera?
«Tante, per fortuna. Scudetti e Coppa Italia, ma in azzurro ho avuto l’onore di partecipare a 6 campionati del mondo e vincere un argento ai Giochi del Mediterraneo. Personalmente, però, la gratificazione più grande resta il premio Guerin Sportivo, nel 1982, che mi elesse miglior giocatore d’Italia. Un titolo che mi rese orgoglioso, ma che non avrei potuto ottenere senza la disponibilità dei miei colleghi della Trentino Emergenza 118. Conciliare lavoro e sport d’alto livello non è mai semplice».
E la delusione più cocente?
«Difficile dimenticare la sconfitta con Scafati del 1984. Avevamo una squadra forte in grado di vincere un altro titolo. Ma in semifinale, dopo il pareggio casalingo, sbagliammo l’approccio al match sprecando la possibilità di avere la “bella” a Rovereto. Ci volle un’intera estate per digerire quel ko».
Un sogno nel cassetto che non è riuscito a realizzare?
«Per qualsiasi sportivo l’Olimpiade è sempre la massima ambizione, ma la nostra selezione non poteva competere con le nazionali più forti. L’unica speranza sarebbe stata quella di ospitarle in Italia».
La pallamano, ora, non fa più parte della sua vita. Come mai?
«Ho messo anima e cuore in questo sport e per molto tempo sono stato anche allenatore. Resta un po’ d’amarezza ripensando al grande pubblico sul quale potevamo contare e che ora non si vede più, ma la vita è fatta di cicli. Speriamo che in futuro lo sport possa tornare ad appassionare pure a Rovereto». 


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