Mvt - Il campione trentino di sempre Prima sfida: Simoncelli vs Chesani

di Luca Perenzoni

Parte dunque oggi la prima sfida di «Mvt - Il campione trentino di tutti i tempi». Qui potete assegnare la vostra preferenza a Davide Simoncelli o a Silvano Chesani per designare il primo atleta che supererà il turno e accederà ai sedicesimi di finale dove affronterà il vincente del testa a testa tra lo scialpinista Davide Magnini e la pilota di trial Sara Trentini.

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Davide Simoncelli è l’unico trentino ad aver vinto due gare di Coppa del Mondo di sci alpino, unico a farlo tra le porte larghe del gigante, in un contesto nostrano altrimenti completamente rivolto verso lo slalom. Anche se proprio tra i paletti stretti era iniziata l’avventura del roveretano nel massimo circuito.

Oggi, cinque anni dopo il ritiro dall’attività e dopo un biennio da allenatore dei giovani del Comitato Trentino, Davide è “racing manager” per Salomon: si occupa di gestire e mettere nelle migliori condizioni gli atleti di Coppa del Mondo del marchio francese (che l’ha accompagnato per anni nel Circo Bianco), tra i quali anche Luca De Aliprandini e Marta Bassino.

«Andare a sciare per me era un divertimento, sin da quando avevo tre anni. Mio padre Rinaldo (venuto a mancare lo scorso novembre, nda) era maestro di sci, d’inverno facevamo base a San Valentino di Brentonico e posso dire di essere cresciuto sulla neve, senza alcuna forzatura, anzi. Mi divertivo, così come in altri sport. Ho giocato a calcio fino ai giovanissimi, poi a malincuore ho dovuto scegliere e naturalmente le prospettive che mi dava lo sci erano notevolmente maggiori. Mi è sempre piaciuto cimentarmi in diversi sport e devo dire che me la cavo abbastanza, nuoto escluso».

Il debutto in Coppa del Mondo è arrivato nel dicembre 1999, pochi mesi dopo l’arruolamento nelle Fiamme Oro. «Non si può definire un risultato sportivo, ma l’arruolamento è stato forse il momento più soddisfacente della mia carriera, su due livelli. Uno personale perché finalmente mi permetteva di affrontare la mia passione come un lavoro, sgravando la mia famiglia di un impegno economico davvero importante. Dall’altra perché è stato grazie alle Fiamme Oro se ho potuto completare il salto di qualità.  Sul piano sportivo, invece, il momento che ricordo con maggiore fascino è il giorno della mia prima vittoria, sulla Gran Risa, in Alta Badia, nel dicembre 2003: la settimana prima ero stato secondo e tutti si aspettavano molto da me. Essere riuscito a fare meglio è stato notevole. Se al contrario devo pensare ad una delusione, pur non avendo rimpianti, punterei il dito sul gigante delle Olimpiadi di Torino 2006. Neve perfetta, pista giusta per le mie caratteristiche: dopo quattro porte mi sono infilato in una porta e ho dato addio a tutte le speranze. E la condizione era ottimale, visto che ho vinto la gara successiva, in Corea del Sud».

Oltre alle 131 gare di Coppa del Mondo, Simoncelli ha preso parte a sette Mondiali (otto gare complessive) e a tre Olimpiadi: il sesto posto iridato a Schladming 2013 è il miglior risultato in un grande appuntamento. «Ho avuto le mie occasioni, poteva andare meglio come no: una medaglia piacerebbe a tutti, ovvio, ma non me ne rammarico particolarmente. Piuttosto mi manca non essere riuscito a salire sul podio di Adelboden, mi sarebbe piaciuto notevolmente ma per un motivo o per l’altro non sono mai riuscito ad esprimermi al meglio, con un settimo posto e due ottavi».

Silvano Chesani sta costruendo il suo nuovo sogno olimpico dal giardino di casa di Bosentino. Trapiantanto da una decina di anni a Modena, il poliziotto già primatista italiano di salto in alto al momento del lockdown ha fatto ritorno in Trentino per poter disporre della propria palestra e dello spazio aperto che circonda l’abitazione.

Il quasi trentaduenne ha in bacheca la medaglia d’argento agli Europei Indoor di Praga del 2015, ma alle esperienze a cinque cerchi sono legate alcune delle emozioni più forti della carriera.

«Partendo dalle Olimpiadi mancate, quelle di Londra 2012. Avevo il minimo, ma sono stato lasciato a casa senza troppe spiegazioni. Per un mese non mi sono allenato, è stata davvero una batosta notevole per me. Quattro anni dopo sono riuscito a qualificarmi per Rio, anche una rivincita personale seppur non esaltante dal punto di vista sportivo. Ora guardo a Tokyo, ammesso che si faccia: ho un anno di tempo per rimettermi in sesto e provare a centrare la finale. È questo quello che posso definire come il vero traguardo della carriera».

Il dopo Rio non è stato facile per Chesani. Due interventi al tendine d’Achille, l’ultimo nel luglio 2018.
«Tornare in gara e saltare, anche solo due metri, è stata un’emozione incredibile, forse anche maggiore dell’argento di Praga o del record italiano del febbraio 2013 (2,33 indoor ad Ancona). Non è stato facile, recuperare e riuscire a stare bene è stato importante. Ora posso costruire con tranquillità la rincorsa olimpica: sfrutterò il resto del 2020 per mettere a punto gli aspetti tecnici ed anche se si dovesse gareggiare non inseguirò misure particolari. Al momento preferisco concentrarmi sul come salto più che sul quanto. Ed una volta sistemata la tecnica, in autunno si potrà iniziare la preparazione in vista di Tokyo».
Nel bagaglio sportivo di Silvano Chesani ci sono molte discipline.

«Mi sono avvicinato all’atletica attorno ai 10 anni, ma l’ho vissuta come un gioco fino ai 17. Prima e durante ho praticato tanti altri sport, dall’hockey sul ghiaccio al basket, dal volley al tennis. Nel 2005 ho capito di avere qualche chance con l’atletica e a fine stagione ho vinto il titolo italiano under 18 con 2,06. Da lì è stata un’escalation, con l’arruolamento nelle Fiamme Oro nel 2009 e la scelta di trasferirmi a Modena: avevo capito che per crescere non c’erano altre vie».
Se si parla di riferimenti o idoli sportivi, Chesani confessa «di aver sempre preferito lo sport praticato rispetto a quello guardato. Di conseguenza non ho mai avuto grandi riferimenti o idoli da imitare. A posteriori e con un pizzico di consapevolezza in più, ho imparato ad apprezzare gli sportivi capaci di rappresentare un modello, anche dal punto di vista del comportamento. Ed in tal senso, pur senza averlo mai conosciuto, mi piace citare un campione come Roger Federer, elegante nell’azione e nell’atteggiamento. Se devo fare un nome, mi viene in mente lui».

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