Antonella Bellutti: un atleta può essere vegano, «Lo dimostro con un corso di laurea ad hoc»

di Stefano Parolari

Antonella Bellutti è stata un’atleta polivalente. Ieri a Rovereto, dalle ore 16 al centro Cerism di Rovereto presso la Manifattura, ha vestito i panni della relatrice su un progetto al quale crede molto: un percorso alimentare legato alla filosofia vegana agganciato alla prestazione sportiva. Pentatleta e ostacolista nell’atletica leggera, poi due volte oro olimpico di ciclismo in pista nella specialità dell’inseguimento - ad Atlanta ‘96 e Sydney 2000 -, e infine agonista nel team di bob femminile, da qualche tempo la 50enne Antonella gestisce una locanda-pensione in val d’Ambiez, tra Comano Terme e il lago di Molveno nelle Giudicarie Esteriori, che offre un servizio basato sulla cucina vegetariana e vegana. Ha scritto «La vita è come andare in bici, autobiografia alimentare di una vegatleta».

Antonella, che valore ha questa sua scelta che ora sottopone anche alla ricerca scientifica del Progetto Manifattura di Rovereto?
«Due anni fa scrissi quel libro - sottolinea la due volte olimpica di origine bolzanina - in cui si parlava del valore della scelta alimentare. Qualche mese fa sono stata insignita del premio Rotary di 15mila euro che ho donato al Cerism, il Centro di ricerca su sport, montagna e salute di Rovereto, per effettuare un corso che vuole fondere l’aspetto sportivo all’alimentazione a base vegetale. Nel corso “scienze dell’alimentazione vegetale e performance” abbiamo avuto come docente la dottoressa Luciana Baroni, presidente della società di scienza vegetariana e maggiore esperta sull’argomento in Italia».

Come viene poi valorizzato il corso?
«È stato inserito - continua Bellutti – nella filiera formativa che Trentino Sviluppo sta creando nel Progetto Manifattura, parte integrante della sinergia tra licei sportivi, acceleratore di startup, di futuri laboratori: varie persone ne sono interessate».

Il Trentino va famoso in Europa per aver affrontato il dibattito sull’ecosistema europeo dello sport, soprattutto sul trasferimento tecnologico nello sport, su startup, progetti di ricerca e sviluppo, incoraggiando la commercializzazione di tecnologie innovative sviluppate da startup ed istituti di ricerca pubblici e privati. Il corpo di un atleta è uno strumento di lavoro. Da onnivora e concentrata sulle calorie la Bellutti si è trasformata in donna vegana. Con l’importanza primaria su acqua, verdure e alimenti crudi.
Il corso è già partito alla Manifattura lagarina, come sta procedendo?
«Questo sforzo istituzionale è finalizzato a mettere in connessione la formazione, la ricerca (anche industriale), le relazioni internazionali. Rovereto e Trentino Sviluppo ospitano anche la laurea magistrale in Scienze dello sport e della prestazione fisica ed è all’interno di questa laurea che il corso, sostenuto da me e dal Rotary, ha già 50 studenti iscritti».

Ci sono stati altri relatori sul suo fianco?
«Al mio fianco Luca Bortolameotti, che come me ha istituito a Dro un regime di alimentazione legata alla mancanza di alimenti animali e derivati, quindi vegano. Luca è un ultratrailer ed è un esempio di come anche lui abbia applicato le nuove teorie. C'era poi Michele Granuzzo, pasticcere appassionato di arrampicata sportiva, un climber, insomma, uno chef trentino titolare a Trento della prima pasticceria biologica, crudista vegana in Europa che ha firmato il ragù di lenticchie che si trova anche nei supermercati».

Novak Djokovic, il n.1 al mondo del tennis, ha scritto un libro dal titolo “il punto vincente”, nel quale spiega come gli è cambiata la vita dopo aver scoperto la sua intolleranza al glutine. C’è stata la svolta anche da atleta, le diete lo hanno reso più leggero, più veloce e più resistente. Eccellenza fisica e mentale: nel libro un piano per eliminare lo stress in 14 giorni, perdere chili, diventare lucidi e forti.
«Anche Carl Lewis, l’eccezionale atleta americano degli anni Ottanta e tenniste del calibro della mancina ceca Navratilova e le stesse sorelle Williams - continua Bellutti - hanno curato i loro aspetti salutistici con diete basate sui vegetali».

Da quando la ricerca sulle qualità alimentari sono diventate così orientate verso scelte vegetariane e vegane? È una moda come dicono in tanti?
«Già nel dopoguerra sono iniziati studi sulle proprietà positive dell’eliminazione della carne animale e di derivati. Molte malattie sono state evitate e molte sconfitte. Il benessere legato alle prestazioni sportive è stato poi confermato. Io personalmente ho fatto il salto dall’alimentazione vegetariana a quella vegana e sono soddisfatta. Così come i miei clienti alla locanda che si tengono in forma e poi affrontano escursioni sia a piedi che in mountain bike. Per quanto riguarda Djokovic e le intolleranze naturalmente qui predominano le unicità. Non tutti hanno le stesse intolleranze. Quindi ci sono linee guida generali e anche evidenti dati legati a malattie cardiovascolari e metaboliche. Bisogna abbandonare certi alimenti e quindi affrontare l’integrazione».

Vegano, anche. La strada verso una salvezza da tanti problemi… 

«La cucina tradizionale e rustica è stata trasformata sostituendo l’animale con cereali e legumi, per fare degli esempi. Per la prima volta con il Cerism di Rovereto, e collaborando con l’equipe del professor Schena, ci cimentiamo anche nel miglioramento della prestazione sportiva a livello accademico».

Il suo appello?
«Il futuro dello sport è anche nella capacità di inserirsi nell’ambiente. C’è da fare una riflessione responsabile. Lo sport deve essere veicolo di salute. Non è che tutti dobbiamo diventare vegani a tutti i costi. Ma di fronte all’evidenza dei benefici, supportati dalla scienza, dei miglioramenti delle prestazioni, si possono aprire scenari per un futuro di ulteriore valorizzazione fisica e mentale».

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