Ciclismo / L’intervista

Saronni punzecchia Moser: “A fine carriera vinse grazie a Conconi e alle trasfusioni”

In un’intervista al Corriere della Sera, l’ex storico ciclista lombardo parla del suo rivale di sempre: “Gli riconosco una forza di volontà e una caparbietà mostruose. Io avevo più talento di lui ma vincevo solo quando ero in forma. Lui quando voleva. Se ci sentiamo? Spesso. Parla sempre solo lui, però”

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MILANO. Sul Corriere della Sera è ancora protagonista Francesco Moser. Questa volta il campione trentino non finisce alla ribalta dell’attenzione per il suo nuovo amore, ma viene tirato in ballo dal suo rivale di sempre Giuseppe Saronni.

«Lui evoca – dichiara Saronni – sempre il confronto tra un montanaro trentino con dieci fratelli che zappava la terra e un borghese di Milano. Peccato che io sia cresciuto a Buscate, nella campagna lombarda. Papà Romano era autista di bus di linea, mamma Giuseppina casalinga: eravamo quattro fratelli, si campava con un solo stipendio».

Francesco Moser, le foto

«Ho sei anni meno di lui, sono arrivato nel professionismo quando Francesco era un Dio acclamato dalle folle e dai giornalisti. Il ciclismo era lui. Ho cominciato a batterlo presto e in più avevo la battuta pronta e la lingua affilata, al contrario di Moser, goffo e lento nell’esprimersi. Nel confronto televisivo perdeva sempre e non gli è mai andato giù. Dovrebbe farsene una ragione».

E poi aggiunge: «Ho vinto venti corse l’anno per sei stagioni di fila, non tre o quattro. E preferirei non parlare della famosa seconda giovinezza di Moser. A fine carriera Francesco è stato il primo e in quel momento l’unico a far ricorso a una certa scienza, di cui disponeva in modo esclusivo. La bici con cui ha battuto il Record dell’Ora era un siluro che pochi anni dopo venne vietato perché dava vantaggi enormi. Per tacere del resto. Ha sfruttato certe metodologie che il famoso professor Conconi offriva solo a lui: io e gli altri i suoi vantaggi li abbiamo subiti».

«Nel 1983 quando vinsi il Giro mi disse che era troppo vecchio e si sarebbe ritirato. Poi ha accettato il progetto del Record con innovazioni che non si sono rivelate sempre positive. Sulla base di alcune di quelle innovazioni il ciclismo negli anni successivi ha avuto un sacco di problemi. Ma lui non aveva nulla da perdere e le ha sfruttate quando erano legali».

A Moser il suo rivale riconosce «una forza di volontà e una caparbietà mostruose. Io avevo più talento di lui ma vincevo solo quando ero in forma. Lui quando voleva. Se ci sentiamo? Spesso. Parla sempre solo lui, però».

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