Dramma Moioli: «Nonna morta senza funerali né addio»

Il rumore del silenzio. Alzano Lombardo è listato a lutto e Michela Moioli fatica a contenere la commozione.

Sua nonna Camilla è mancata sabato notte a 85 anni per il Coronavirus. Suo nonno Antonio è ancora ricoverato a Bergamo ma «in miglioramento». La gioia per la conquista della terza Coppa del Mondo di Snowboard lascia subito spazio al dolore. Immenso. Indescrivibile.

I suoi trionfi, l’auspicio della 24enne, sono stati «un velo di speranza» e «un sorriso» per l’Italia in ginocchio ma continua a prevalere lo sgomento sull’orgoglio per «aver stretto i denti» in questa «tragica situazione». «È un incubo - racconta al telefono -. È impossibile elaborare il lutto. Non si può andare in ospedale a dirgli addio. Il funerale, se così si può chiamare, è durato appena 5 minuti: la benedizione del parroco, il cimitero, nemmeno il raccoglimento della famiglia. Ci lascia un vuoto impossibile da colmare».

Moioli è provata e prende lunghe pause per non perdere il timbro deciso. Lo scenario della provincia di Bergamo è apocalittico. «Mancano persino le bare - racconta -. Il silenzio è assordante, non si sente nulla. Solo le sirene delle ambulanze e le campane a morto. È devastante, non sappiamo nemmeno cosa dirci, abbiamo davvero finito le parole».

Ma Moioli non perde però l’ottimismo e, senza retorica, è convinta che la gente possa imparare da questa situazione drammatica e diventare più uniti e solidali: «Siamo tutti sulla stessa barca, diamo conforto con uno sguardo, con un abbraccio virtuale. Diventeremo migliori, apprezzeremo di più le persone, impareremo a vivere al meglio ogni attimo. Aiuteremo di più il prossimo, saremo meno egoisti. Anche sentirsi italiani diventerà un sentimento sempre più forte perché ne saremo usciti come una nazione».

Lo sport diventa un’inezia anche per una campionessa olimpica che però utilizza l’esercizio fisico per tenere occupata la mente: «Faccio pesi, poto le piante. Non voglio restare sul divano a guardare la tv e mangiare. Dobbiamo mantenere abitudini sane. Viviamo davvero in un limbo. Penso agli atleti che hanno preparato Tokyo per quattro anni e ora non hanno certezze. È una situazione paradossale. Aver fermato tutto è però la scelta giusta: la salute vince sempre la medaglia d’oro e viene al primo posto».

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