Alessio Gionta: dal Napoli alla Rotaliana

di Angelo Zambotti

Poco più di tre anni fa, Alessio Gionta sedeva in panchina accanto a Ghoulam e Allan, mentre in campo c’erano Hamsik, Callejon e Koulibaly. In Belgio il Napoli di Sarri affrontava il Club Brugge nella prima fase di Europa League e l’allora 18enne portiere solandro fu chiamato per fare il «dodicesimo» dei partenopei. Domenica Gionta è stato invece decisivo nella vittoria della Rotaliana sul San Martino Moso parando, sullo 0 a 0, il rigore del passiriano Haller, con Speziale e Gasparini che poi hanno firmato le due reti della vittoria della compagine della Piana. Tra le due partite, l’unica cosa in comune è probabilmente la presenza di poche decine di spettatori a bordo campo, visto che a Bruges si giocò a porte chiuse a causa dell’allerta terrorismo.

«Fu un’esperienza incredibile - racconta il quasi 22enne di Peio - peccato solamente per l’assenza di pubblico. Nella mia carriera ho avuto la fortuna di prendere parte ad una finale di Coppa Italia Primavera al San Paolo con 25mila persone sugli spalti e le sensazioni in quelle circostanze sono pazzesche, in Belgio non fu così e rimane un po’ di rammarico visto che non penso che avrò altre occasioni del genere...».

Una carriera tutta da raccontare quella di Alessio, un saliscendi nel quale il caso ha recitato parti importanti.

«Possiamo dirlo, tutto è nato per caso - conferma Gionta - visto che io e il mondo Napoli ci siamo incrociati a Celledizzo nell’estate 2012. Avevo appena 15 anni, il portiere del Valpejo di allora, un mio caro amico, ebbe un infortunio quindi fui contattato all’ultimo momento per giocare l’amichevole con la Primavera azzurra che era in ritiro dove abito. Nonostante la larga sconfitta, il massaggiatore napoletano si informò sul mio conto, quando seppe che avevo solamente 15 anni mi chiese di aggregarmi a loro, poi proseguii con il ritiro degli allievi a Dimaro e a settembre scesi a Napoli. Diciamo che la vita cambiò un po’, passando dalla mia piccola Valle a una città del genere. Fu una cosa improvvisa, fino al giorno prima pensavo solamente alla scuola, agli amici del mio paese, a un futuro qui. Da un momento all’altro mi ritrovai in una giovanile di Serie A, un’esperienza davvero formativa sia dal punto di vista sportivo, sia da quello umano. Tre stagioni con la maglia azzurra mi hanno fatto crescere molto, e se c’è una persona che devo ringraziare quella è Giuseppe Benatelli, preparatore dei portieri (ex Trento, ndr) e figura che per me è stata fondamentale».

Sono seguite le stagioni con Pro Patria e Caronnese in Serie D.
«Altre esperienze molto importanti. Arrivando da una realtà come il Napoli, si pensa che scendere in D sia tutto facile perché magari ci si sente di altra categoria. Nulla di più sbagliato, quando poi conosci le storie di tanti giocatori importanti che giocano in questi campionati, ti rendi conto che hanno fatto molto più di te».
L’oggi si chiama invece Rotaliana.

«Esatto, la mia è stata una scelta di vita. Da buon valligiano avevo una certa nostalgia del mio paese, della mia famiglia e dei miei amici, quindi ho deciso di tornare a casa dopo diversi anni in giro. Alcune cose della mia «vita precedente» mi mancano, forse la situazione poteva evolversi in maniera differente ma in fondo non ho particolari rimpianti. La Rotaliana mi ha accolto benissimo, devo ringraziare il direttore sportivo Oscar Fiorellini e tutto il gruppo. Se guardiamo la vetta della classifica, ora distante 5 punti? Certo che sì, nessuno scende in campo per perdere. Noi daremo tutto fino a maggio, poi vedremo».

E il futuro di Gionta come sarà? «Preferisco non parlarne. Un po’ perché sono scaramantico, un po’ perché ha poco senso. Io provo a fare il meglio giorno dopo giorno, a fine stagione vedremo».

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