Nole Djokovic sul trono degli Australian Open Andy Murray cede in tre set al n.1 del mondo

“Il cervello dice Djokovic e il cuore dice Murray”. Così Mats Wilander presentava la finale degli Australian Open, mentre gli altri grandi del passato la condivano di tattiche, belle sulla carta, ma complicate da mettere in pratica. Aggredire il numero 1 del mondo? Difficile per Andy, scozzese e quindi un po’ avaro di soluzioni offensive, pur presenti nel suo bagaglio tecnico. Fare melina da fondo, giocandogli palle profonde e senza peso al centro per imitare Simon e stuzzicare i nervi del serbo? Difficile anche questo per un campione orgoglioso e di qualità che ama accelerare e spingere proprio negli angoli. Non disperdere energie preziose nella prima parte di gara per avere ancora benzina nell’eventuale maratona oltre le tre ore? Ancor più difficile, quando si è stretti nella morsa del pesante e millimetrico palleggio da fondo di re Novak.

Tutte queste nozioni hanno sicuramente intasato i pensieri ed i nervi dell’eroe brit, numero 2 del mondo e campione di Wimbledon, Us Open, Olimpiade e coppa Davis - non un giocatore qualsiasi -, gravando sulla statistica negativa che si sarebbe volentieri evitato: perdere anche questa finale a Melbourne lo equipara alla maglia nera degli sconfitti per la quinta volta sotto il traguardo del medesimo Slam, Ivan Lendl. Cioé chi, poi, da allenatore, gli ha aperto le porte dell’immortalità tennistica. Così forse si spiega l’orrido primo set, perso col vergognoso 6-1, peraltro fotocopia dei vergognosi 6-1 iniziali, rifilati quest’anno da Nole a Rafa, a Doha, e a Federer, agli Australian Open. E ha costretto il tennis ad assistere a uno spettacolo non esaltante con due giocatori dal gioco troppo simile e senza esaltanti variazioni.

Certo, non si fosse trovato di fronte l’amico e coetaneo - col quale, 10 anni prima, giocava assieme il doppio proprio a Melbourne, e che avrebbe voluto portare sotto la sua bandiera - avrebbe forzato di meno il dritto “ballerino” e magari avrebbe portato a casa il secondo o il terzo set. Ma, come succede a tutto gli avversari di “Robotovic” arrivava ai punti importanti sempre più stanco e confuso, mentre l’altro si esaltava. Così si spiega il harakiri sul 4-4 40-0 del secondo parziale e i due doppi falli nel tie-break della terza frazione, cui il serbo ha risposto con due ace da padrone.

Chi gioca a tennis lo sa, lo capta. Con la sua completezza fisico-tecnica, col costante anticipo e gli equilibrismi atletici da ballerino, Djokovic è scoraggiante per gli avversari. E questa sgradevole sensazione aumenta, e peggiora, ancor di più se si tratta di avversari blasonati. Viziati a loro volta dal talento e da qualche colpo facile. Novak conquista subito il campo, chiude gli spazi, costringe a giocare sempre un punto di più e quindi a forzare, e a sbagliare. Anche quando non eccelle, come gli è successo a metà del secondo come del terzo set, innesta il pilota automatico da super-eroe di caucciù e rimbalza di qua e di là del campo, come fosse un personaggio instancabile dei video-game. Magari di quel Mario Bros nel quale eccellono Murray e Nadal, ma alla consolle, non con davanti Djokovic il cannibale. Che, ricordiamo, oltre ad avere ribadito, col sesto trionfo, che l’Australia è il posto giusto per un duro come lui, ha un saldo positivo contro tutti i rivali diretti - contro Murray è salito addirittura a 22-9 (11 successi negli ultimi 12 confronti!) -, ha agganciato nella hit-parade degli Slam, a 11 titoli, assi come Laver e Borg, s’è presentato all’appello in 8 delle ultime 9 finali Majors e, nella classifica mondiale, ha raggiunto il doppio dei punti del secondo, appunto Murray. Insomma, una dittatura, senza sbocchi evidenti.

Il bilancio dei precedenti tra i due, 21-9 per Djokovic, non autorizzava troppo ottimismo per i fan britannici: dopo la finale di Wimbledon 2013 vinta da Murray, il serbo aveva vinto dieci delle ultime undici partite. In avvio, però, è subito palla-break per Andy ma Nole si salva. Nel game successivo è Murray a perdere il servizio con un doppio fallo. Dalla palla-break salvata in avvio arriva un parziale di 10 punti ad 1 per il serbo che sale 3-0. Lo scozzese non riesce ad entrare in partita e Nole va 4-0 e poi archivia 61 la prima frazione. Nel secondo parziale il britannico prova ad essere più incisivo, soprattutto con il rovescio: nel terzo gioco è ancora in pericolo ma si salva annullando quattro chance di break. L'impresa non gli riesce nel settimo gioco ma in quello successivo il serbo gli restituisce immediatamente il favore. Nel nono game Andy annulla con una "prima" solo sfiorata da Djokovic una palla-break e poi sale 5-4. Di nuovo Nole avanti di un break sul 6-5: Murray ha la chance di riagganciare il numero uno del mondo ed invece si ritrova sotto di due set. Lo scozzese perde il servizio anche in avvio di terzo set, poi nel quarto gioco ha la possibilità di rientrare ma Nole sale 3-1. Si replica nel sesto game, ma questa volta alla seconda chance e di grinta Andy riaggancia l'avversario (3-3). L'equilibrio tiene fino al tie-break: Murray lo comincia con un doppio fallo, Djokovic vola 3-0, Andy commette ancora un doppio fallo e Nole allunga sul 6-1 prima di chiudere per 7 punti a 3. E ribadire che Djokovic in questo momento non si batte.

MODALITA' CANNIBALE - Titolo numero 61 per Djokovic, su 87 finali disputate. Novak ha vinto 38 degli ultimi 39 match disputati ed è in serie positiva da 15: l'ultima sconfitta l'ha rimediata Federer nel round robin delle Atp World Tour Finals di Londra. Vince anche quando commette 100 errori, come è accaduto nel match degli ottavi contro Simon che lo ha costretto al quinto set. Figuriamoci poi quando ogni componente del suo tennis funziona al meglio. Con il successo odierno Nole ha ulteriormente ritoccato il bilancio già ampiamente positivo nei confronti dello scozzese (22-9). Ma il 28enne di Belgrado è in vantaggio con tutti i top player: Federer (23-22), Wawrinka (20-4) Nadal (24-23). Solo quattro giocatori hanno un record positivo contro Novak, e tre di loro si sono già ritirati: si tratta del cileno Fernando Gonzale (2-1), del russo Marat Safin (2-0), dello statunitense Andy Roddick (5-4) e del croato Ivo Karlovic (2-1), l'unico ancora in attività.

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