Pandemia / Il caso

Test salivari: Trento ne potrebbe eseguire quasi 100 mila al mese, ma se ne fanno 2 mila perché manca l'ok di Roma

L'Azienda sanitaria provinciale stanzia 3,9 milioni, però il progetto del Cibio non è ancora a pieno regime. Il virologo Massimo Pizzato, responsabile del Centro: per ora vengono analizzati solo i test salivari del progetto "sentinella" voluto a livello nazionale per monitorare le scuole. «Ma in realtà siamo in grado di effettuare fino a tremila test al giorno»

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di Patrizia Todesco

TRENTO. Il 2021 doveva essere l'anno dei tamponi salivari, dei test meno fastidiosi e affidabili che uno poteva fare a casa e poi consegnare al laboratorio per le analisi. E invece ancora il progetto non è decollato. Ad oggi l'Azienda sanitaria si affida ai test antigenici eseguiti in gran quantità dalle farmacie e ai molecolari, più affidabili ma più costosi, difficili da prenotare e con refertazione più lunga.

Il progetto dei salivari è naufragato? Tutt'altro. A fine dello scorso anno l'Azienda sanitaria ha deliberato la proroga dell'accordo di collaborazione con il Cibio per l'effettuazione dei test molecolari della saliva. E lo stanziamento è tutt'altro che irrisorio.

«La spesa derivante dalla esecuzione sarà al massimo di 3.9 milioni di euro», si legge nella delibera.

Una cifra decisamente ingente soprattutto se si considera che attualmente al Cibio vengono analizzati solo i test salivari del progetto "sentinella" voluto a livello nazionale per monitorare il virus in alcuni istituti scolastici.

«Mille test ogni due settimane circa», conferma il virologo Massimo Pizzato, responsabile del Centro. Decisamente poca cosa rispetto alle potenzialità considerato che il Centro potrebbe effettuare fino a tremila test salivari al giorno e che quindi attualmente non viene utilizzato per quello che potrebbe offrire.

«Della delibera non sapevo nulla - dice Pizzato - Sapevo che l'accordo era in scadenza ma non ci sono stati incontri o comunicazioni per ampliare l'utilizzo dei salivari.

L'unica cosa è che da qualche giorno collaboriamo all'analisi di tamponi molecolari naso-faringei per aiutare i laboratori dell'Azienda oberati di lavoro».

Se a un anno di distanza l'Apss non ha mostrato interesse verso questo tipo di test perché investire ancora una cifra così alta?

Oppure, se l'Azienda ci crede perché è stato perso così tanto tempo?

«Stiamo monitorando la situazione epidemiologia per utilizzare al meglio questi test anche alla luce della circolare ministeriale», ha detto il direttore generale Antonio Ferro.

«Il laboratorio dell'Università di Trento per i testi salivari è realtà. I tecnici di laboratorio - dieci neolaureati e neolaureate con un'età media di 25 anni - sono già stati reclutati, i macchinari sono arrivati e già testati, gli spazi al primo piano sono allestiti e organizzati per accogliere migliaia di provette al giorno», si leggeva in un comunicato stampa del 21 febbraio.

Da allora Pizzato e il suo team si sono sempre tenuti pronti per un aumento di test da analizzare che ad oggi non è mai avvenuto.

Nella delibera dei giorni scorsi le motivazioni dello stanziamento non sono chiare. Si leggono solo considerazioni generiche sull'opportunità di proseguire la collaborazione «considerato l'attuale andamento della pandemia che impone una costante attenzione allo sviluppo dei mezzi diagnostici e preso atto degli indirizzi del Ministero della Salute che consigliano di utilizzare i test salivari nel monitoraggio dell'andamento pandemico soprattutto in alcune categorie di popolazione (ragazzi e disabili).

Una potenzialità, quella dei salivari, che potrebbe essere maggiormente sfruttata in questo momento in cui Omicron sembra riuscire a "bucare" i test antigenici rapidi.

«Una tecnica più critica alle mutazioni del virus - spiega il virologo. - Il tampone antigenico, che si basa su anticorpi che riconoscono la spike, è più sensibile alle mutazioni della spike mentre la Pcr ,che sono i tamponi molecolari, rivelano il virus con più precisione anche se ci sono mutazioni».

Non solo. Il tampone antigenico ha in più il fattore umano, ossia che molto dipende da come il tampone viene eseguito, da quanto in profondità l'operatore preleva il materiale da analizzare. Stimare i falsi negativi sembra impossibile.

«Il problema sono le mutazioni che rendono poco sensibili gli anticorpi che si usano nei test antigenici», conferma Pizzato.Nonostante questo, alla luce del vertiginoso aumento di richiesta, l'Azienda sanitaria trentina ma anche altre realtà nazionali, hanno autorizzato test antigenici sia per l'inizio che per la fine della malattia anche perchè non c'era possibilità di far fronte alle richieste con i molecolari.

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