La pandemia / Ricerca

Lo studio di Fbk: almeno 500 casi di Covid prima del «paziente uno»

Un'indagine di Fondazione Bruno Kessler e dell’università Bocconi di Milano porta a retrodatare l'ingresso del virus in Italia

TRENTO. Al momento dell’identificazione del paziente 1 a Codogno il 20 febbraio del 2020, il virus Sars CoV 2 era già molto diffuso in regione Lombardia, con trasmissione sostenuta in tutte le provincie della Lombardia, caratterizzata da un numero di riproduzione (R0) stimato a valori superiori a due in tutte le provincie.

Lo afferma lo studio “The early phase of the Covid 19 epidemic in Lombardy, Italy” pubblicato sulla rivista Epidemics dai ricercatori della Fondazione Bruno Kessler di Trento e dell’Università Bocconi basato sull’analisi dei dati consolidati prodotti dall’Unità Organizzativa Prevenzione – Malattie infettive  della Dg Welfare di Regione Lombardia e da infettivologi e virologi delle Ats, degli Ircss, delle Asst lombarde.

Studio Fbk/Bocconi: così il virus si diffondeva in Lombardia prima del paziente 1

Al momento dell’identificazione del paziente 1 a Codogno il 20 febbraio del 2020, il virus Sars CoV 2 era già molto diffuso in regione Lombardia. Lo afferma lo studio “The early phase of the Covid 19 epidemic in Lombardy, Italy” pubblicato sulla rivista Epidemics dai ricercatori della Fondazione Bruno Kessler di Trento e dell’Università Bocconi.

Nello studio, che consolida le analisi prodotte dal gruppo di studio a partire dal febbraio 2020, sono stati analizzati retrospettivamente i dati epidemiologici di Sars CoV 2 in regione Lombardia ed è stato anche valutato l’andamento della trasmissibilità (Rt) fino al 9 marzo 2020.

Questi alcuni dei risultati principali.

Più di 500 pazienti positivi per Sars CoV 2, con un’età mediana di 69 anni, hanno dichiarato una data di inizio sintomi antecedente la notifica del paziente 1 (20 febbraio 2020). A quella data il virus Sars CoV 2 circolava già in almeno 222 dei 1506 comuni lombardi (14.7%).

Il numero di riproduzione (R0) nelle 12 provincie della Lombardia è stato stimato a valori compresi tra 2.6 a Pavia e 3.3 a Milano e Brescia. L’intervallo seriale, che approssima il tempo che passa tra una generazione e l’altra di casi, è stato stimato a 6.6 giorni in media. Questo implica che il tempo di raddoppio dei casi era molto inferiore ad una settimana.

Questi risultati suggeriscono che la rapida crescita di pazienti affetti da Covid 19 che ha causato pressione sul sistema sanitario lombardo nel periodo immediatamente successivo all’identificazione del paziente 1 è da attribuire alla alta trasmissibilità del virus e alla diffusa e silente trasmissione del patogeno avvenuta fra gennaio e metà febbraio.

Una diminuzione, anche marcata, della trasmissibilità (Rt) di Sars CoV 2 è stata osservata in tutte le provincie della Lombardia nel periodo successivo all’identificazione del paziente 1, dovuta probabilmente alla crescente preoccupazione nella popolazione e alla progressiva introduzione di misure restrittive di controllo. Rt è però rimasto strettamente maggiore di 1 fino al 9 marzo 2020 in tutte le provincie tranne a Lodi, dove l’istituzione della zona rossa nell’area di Codogno ha giocato probabilmente un ruolo chiave nel controllo dell’epidemia facendo calare Rt a valori di circa 1 prima dell’istituzione del lockdown nazionale.

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