Mark Pisoni: così traduco la voce dei potenti

di Paolo Micheletto

Da interprete ufficiale è stato al fianco di presidenti degli Stati Uniti (Bill Clinton); di presidenti della Repubblica italiana (Scalfaro e Mattarella); di primi ministri italiani e canadesi (Ciampi, Harper e Trudeau), di first lady Usa (Hillary Clinton e Laura Bush) e canadesi (Laureen Harper e Sophie Grégoire Trudeau); di segretari di Stato Usa (Rice, Powell e Albright); persino di diverse Miss Italy in giro per il globo in occasione di Miss Universo, dove ha conosciuto un ricco signore newyorkese di nome Donald Trump che poi ha ritrovato in un’altra veste, un po’ più importante, ma con il quale si rifiuta oggi di lavorare.

Abbiamo appena raccontato alcuni capitoli della vita di Mark Pisoni, 52 anni, di Vezzano, dove puntualmente si ritrova con papà Enzo Larry e mamma Carol, americana, tre volte all’anno, fermandosi tre settimane in ogni occasione: «Per fortuna Internet mi permette di lavorare ovunque - spiega Mark Pisoni, che risponde al telefono dalla sua casa di Montreal, dove vive da alcuni anni con sua moglie, dentista di professione, dopo un lungo periodo a Washington - Così posso stare accanto ai miei genitori e proseguire contemporaneamente con l’attività».



Da diversi anni Pisoni ha scelto di ridurre di molto il numero dei viaggi e il lavoro di interprete per specializzarsi nel campo delle traduzioni: oggi la sua Italian Translations Company, che si avvale di specialisti sia negli Stati Uniti che in Italia, offre i propri servizi a decine di enti e società, come l’ambasciata italiana a Washington, il governo canadese, delegazioni parlamentari, la Nato, il Dipartimento di Stato Usa e svariati clienti nel settore privato. Vengono fornite traduzioni soprattutto su temi finanziari, economici, legali, informatici e medici e la sua Company permette a Pisoni una vita un po’ più stabile, visto che con il lavoro di interprete ha toccato picchi in cui era in viaggio fino a sette mesi all’anno.

Mark Pisoni, come arriva a fare da interprete all’uomo più potente del mondo?

Già durante gli anni universitari (Pisoni si è laureato in Economia nel 1990 a Trento, ndr) sono riuscito a ottenere l’accreditamento presso l’Office of Language Services, interno al Dipartimento di Stato americano, che fornisce interpreti per tutta l’amministrazione Usa. Dopo la laurea il mio progetto iniziale era di lavorare in America nel campo del commercio internazionale con società che intrattenevano rapporti con l’Italia, ma sono giunto in un periodo di forte crisi e così, dopo parecchi mesi di tentativi a vuoto, mi sono ricordato di quel fatidico colloquio di qualche anno prima alla Language Services e così ho «ripiegato» su quella che inizialmente consideravo un’occupazione temporanea. Negli anni ho visto invece che il lavoro era gratificante e che poi a Washington la mia preparazione era molto apprezzata e notata anche fuori dall’ambito governativo Usa.

Qual è l’incontro che ricorda con più piacere?

Quello con Bill Clinton, con cui ho lavorato in varie occasioni, sia in Italia che alla Casa Bianca, per la straordinaria intelligenza, la voracità con cui divorava e riteneva le informazioni, la visione d’insieme, il carisma, il grande desiderio di cambiare l’America in meglio.
Anche le sue debolezze personali lo hanno reso più umano ai miei occhi.



L’Italia è in clamoroso ritardo nella conoscenza delle lingue. Lei cosa propone per uscire da questa situazione?

In generale, la preparazione liceale e universitaria è buona, ma nelle lingue c’è stato un tradimento della scuola nei confronti degli studenti. La metodologia di insegnamento, soprattutto ai miei tempi, era sbagliata. Prevaleva la grammatica, con lunghe lezioni fatte in italiano da insegnanti con una pronuncia terribile. Poi l’Italia paga anche in questo caso l’avvento del fascismo e della scelta di doppiare in italiano i film di lingua inglese: in tanti paesi guardano i film in lingua originale con i sottotitoli, in Albania molti sanno l’italiano perché vedono i programmi della Rai.

Gli studenti cosa devono fare per migliorare l’inglese che viene insegnato a scuola?

Prima di tutto dico che l’apprendimento va fatto il più presto possibile, insegnando ai bambini l’italiano e l’inglese insieme, senza avere paura che una lingua vada a discapito dell’altra. Certo, quando è possibile i viaggi all’estero sono fondamentali, non occorre necessariamente scegliere l’America e l’Australia, lontane e dove i visti di lavoro sono difficili da ottenere, e neppure solo la classica Inghilterra. Vanno benissimo anche le grandi capitali di paesi come Olanda, Svezia, Finlandia e Germania, dove l’inglese si parla bene. Ritengo importante non temere di fare per qualche tempo anche lavori considerati umili, a condizione di non isolarsi nel microcosmo degli altri italiani della zona o dei social media con gli amici del Bel Paese. Del resto il futuro passa da una sempre maggiore apertura verso l’esterno, pur mantenendo la propria identità, i propri costumi, le proprie tradizioni.



Lei come ha vissuto l’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti?

L’ho vissuta come un trauma incredibile. Ho comunicato, sia pur solo a voce, al Dipartimento di Stato che non lavorerò più con la Casa Bianca fino a quando Trump sarà presidente. Nei miei incontri come interprete ho sempre notato che veniva riconosciuta la leadership degli Stati Uniti, basata non su puri rapporti di forza ma sul fatto che l’interesse generale dell’Alleanza era una delle priorità di ogni amministrazione di Washington. Quando però punti su «America first» cade tutto. Per esempio, perché i diversi Paesi dovrebbero accettare, e contribuire anche a pagare, le basi americane sul proprio territorio quando l’America fa sapere di fare i propri interessi a discapito degli altri?

Cosa prova quando torna in Italia?

Rispetto agli anni Novanta il mondo è cambiato di molto. All’inizio ricordo un senso di forte isolamento rispetto alla realtà che avevo lasciato, mentre oggi è possibile un contatto costante. Viviamo davvero in un villaggio globale e i social media - che se vengono usati nel modo sbagliato possono essere pericolosi - mi permettono di avere contatti quotidiani con tante persone. Mi sento con grande regolarità anche con diversi dei miei amici dell’università di Trento, del liceo Galilei e perfino delle medie ed elementari di Vezzano, una cosa impensabile fino a poco tempo fa.
Sono sempre molto legato al Trentino anche nel ricordo di mia sorella, deceduta tragicamente l’anno scorso dopo aver attraversato tante difficoltà. La sua perdita mi ha portato a farmi delle domande, cercando di dare un senso a quanto è accaduto e  penso di avere un messaggio utile anche a chi rimane, e che vorrei condividere.

Ci dica.

Mia sorella, Grace Pisoni, che è stata fotomodella e valletta in tante trasmissioni tv, soprattutto per le reti Mediaset, aveva raggiunto giovanissima e con grande rapidità la cima della montagna, che invece va conquistata con un percorso serio di studio e di lavoro. L’immagine e la bellezza non bastano e ti si possono ritorcere contro se su questo punti tutte le tue carte. Va vissuta una vita più «reale» possibile, altrimenti si rischia di cadere. Poi c’è ancora una riluttanza generale a parlare delle malattie che possono avere delle cause o concause psicologiche, che invece vanno riconosciute, affrontate e curate con l’aiuto di professionisti seri, restando lontani dal fai-da-te e da Internet.

comments powered by Disqus