Chiude «Giocando» messo ko da internet

Storico negozio di giocattoli, ha fatto la fine di molti altri esercizi che non hanno retto alla concorrenza dell'e-commerce

di Stefano Piffer

Per generazioni di famiglie è stato un vero e proprio punto di riferimento, un luogo incantato per bambini e bambini che potevano acquistare Lego, giochi in legno, i Mio Mini Pony, giochi in scatola, i Sylvanian Families...Ma dopo 35 anni, il «Giocando» di Corso Tre Novembre è pronto ad abbassare per sempre la saracinesca, lasciando ai bambini i ricordi di questo negozio ai piedi della scalinata vicino al Fersina. Sulle vetrine ci sono i cartelli che ricordano la svendita totale. E il 28 febbraio sarà l’ultimo giorno di apertura.

L’attività è nata agli inizi degli anni ‘80 grazie a Edda e Rolando, aiutati in seguito dalla figlia Claudia («non occorre che scriva il cognome, i clienti più affezionati ci conoscono così» racconta proprio quest’ultima).

Claudia, perché chiudete?
Se le cose fossero andate benissimo come in passato avremmo continuato, ma i tempi sono cambiati. I problemi qui sono due: logistico e legato a internet. Questa zona fino a qualche anno fa aveva un grande passaggio. Poi ha chiuso il Poli e la ciclabile è stata fatta passare nella strada di sopra. Così noi siamo stati un po’ esclusi. La zona si sta a poco a poco spopolando. Vediamo che aprono e chiudono continuamente negozi anche in viale Verona. Pare che resistano solo i cinesi. Ma soprattutto, il vero problema è legato alla concorrenza delle vendite online.

Internet è un avversario formidabile.
Sì, ha pochi o nulli costi di gestione, non c’è affitto da pagare o personale da retribuire, così la gente può acquistare a meno. Capita che vengano persone a vedere i giocattoli, sembrano interessate e poi non si vedono più. Probabilmente, vanno poi a comprarli in rete. La cosa che più spiace è che non c’è tutela contro questa cosa.

Come vede il futuro del commercio?
Non voglio essere pessimista, ma il negozio tradizionale pare costretto a sparire. Rimarrà come una sorta di vetrina nei centri storici, forse.

Nella sua voce non c’è però rassegnazione. Anzi.
Il sogno è quello di riaprire un negozio più piccolo e più centrale. Abbiamo avuto tantissimi attestati di stima da parte dei clienti e tutti ci chiedono se riapriremo. L’idea sarebbe quella.

Attualmente le spese da sostenere non sono poche. L’affitto del locale, le tasse, i costi di approvvigionamento sono voci che pesano.
Ma non sono la causa principale della chiusura, per quanto siano molto impegnative, soprattutto per un negozio grande. Incide anche la tecnologia. Noi nasciamo come negozio di giochi didattici e tradizionali, un po’ com’era la «Città del sole» di Via Grazioli, costretta anch’essa a chiudere. Una volta i bambini giocavano fino a 11 o 12 anni. Adesso già a 7, 8 anni utilizzano videogiochi o smartphone e i giocattoli sono meno richiesti.


E così, dal primo di marzo, l’unico negozio storico di settore rimarrà «Italo» in Via Malpaga. Una sorta di ultimo baluardo di un mondo che i trentenni o quarantenni di oggi guardano forse con un pizzico di nostalgia.

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