Da Cles ai casinò, sognando Las Vegas

di Matteo Lunelli

«Chi lo dice che in Trentino bisogna lavorare solo nel turismo o con le mele?».


Sorride Daniela Canini, 25 anni di Cles, quando le facciamo la domanda più ovvia e scontata: perché quel lavoro? Il suo mestiere, infatti, è piuttosto curioso e originale: da tre anni con camicia bianca, gilet e papillon (o cravatta) fa la croupier. Prima in Inghilterra, ma a breve si trasferirà a Malta, per lanciare la pallina nella roulette o distribuire le carte del blackjack, facendo la fortuna o la sfortuna dei clienti.
Una lavoro non facile, «perché non siamo come le persone normali che lavorano di giorno, di sera si divertono e la notte dormono» e anche una sfida, «perché sono lontana da casa, ma andare via è stato un modo per mettermi alla prova e conoscermi».


Partiamo dalla questione più imbarazzante e morale: come si vive il fatto di poter far perdere soldi alle persone? Il gioco, a volte, diventa una malattia.
«Lo sappiamo: il gioco può diventare una dipendenza. Per questo dobbiamo distinguere: al casinò vengono gruppi di amici o coppie che per una sera si divertono, senza esagerare, con una cifra predefinita da spendere. Poi ci sono le altre situazioni: se vediamo che qualcuno sta esagerando prima glielo diciamo con una battuta, poi chiamiamo il manager. E se quella persona torna il giorno dopo gli spieghiamo che ci sono associazioni apposta per smettere. Se non tornano più siamo contenti, anche se questo vuol dire che il Casinò non guadagna».


Come è iniziata questa avventura? «Per caso: dopo gli studi in grafica avrei voluto frequentare l’università, ma i costi erano eccessivi. Così ho iniziato a lavorare in un’agenzia di hostess, quando è arrivata una mail che proponeva un lavoro come croupier. Non sapevo cosa fosse, ma ho iniziato. Prima online, dando le carte nei giochi in rete, ma poi volevo qualcosa che fosse reale, non solo virtuale. A Milano ho frequentato un corso in un centro di formazione per croupier. Si imparano i giochi, insegnano le regole e a calcolare a mente: non è come una partita a briscola...».

Diventata a tutti gli effetti una professionista, la chance in Inghilterra. «Tramite la scuola ho trovato lavoro a Reading, vicino a Londra, in un grande Casinò. Ho imparato l’inglese e iniziato una nuova vita, vivendo con altri ragazzi che facevano il mio stesso mestiere, provenienti da ogni angolo del mondo. Ma ora, dopo tre anni, ho deciso di cambiare».


La nuova esperienza sarà a Malta: quando partirà? «A breve, sto attendendo le pratiche burocratiche perché ogni Paese esige una licenza differente. Mi mancava il sole e così ho deciso di cambiare: a Malta ero stata in vacanza ed è bellissimo. Dovrò ripartire da zero, cercare nuovi amici, conoscere i nuovi colleghi, ma le sfide mi stimolano». 

Eppure in val di Non una possibilità l’avrebbe avuta: genitori e fratello gestiscono il Ristorante pizzeria Denny. Come hanno preso la decisione di fare un mestiere così strano? «La prima volta mi hanno nascosto il passaporto e la carta d’identità. Poi hanno capito, mi hanno vista felice e appagata, e sono fieri di me. Certo, lasciare la famiglia e gli amici non è stato e non è facile, ma rifarei questa scelta».


Cosa sogna una giovane croupier? Las Vegas? «Arrivare a Las Vegas, ovvio ma impossibile. In futuro mi piacerebbe fare un’esperienza sulle navi da crociera. I Casinò mi hanno sempre affascinata».


Merito dei film? Ocean’s Thirteen? «Direi “21”, quello sul gruppo di studenti del MIT che sbancò numerosi casinò con il conteggio delle carte nel blackjack».


Casinò fa rima anche con mance e barare. «Le “tips”, effettivamente, sono gran parte del nostro stipendio. La più alta? Duecento pound da un signore che stava vincendo alla grande, ma poi vanno in una sorta di cassa comune e divise tra i dipendenti. Imbrogliare è impossibile, decide tutto il fato».

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