Aborto, quasi 3 medici su 4 sono obiettori

Più medici obiettori di coscienza, il 70%, ma tempi di attesa minori per l’interruzione volontaria di gravidanza e meno interventi. È il quadro che emerge dalla «Relazione del ministro della Salute sulla attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza», trasmessa al Parlamento con i dati relativi al 2014 e 2015.

Secondo il dicastero, «su base regionale e, per quanto riguarda i carichi di lavoro per ciascun ginecologo non obiettore, non emergono criticità nei servizi di interruzioni volontarie di gravidanza.

In particolare, emerge che le questi interventi chirurgici vengono effettuate nel 59,6% delle strutture disponibili, con una copertura adeguata, tranne che in Campania, Molise e nella Provincia di Bolzano».

Dai dati - scrive l’agenzia Adnkronos - si osserva che dal 2006 al 2014 gli aborti sono diminuiti sia come tasso che come numerosità. I ginecologi obiettori sono aumentati, dal 69,2% al 70,7%. La percentuale di donne che aspetta meno di due settimane («meno tempo») fra rilascio del certificato e intervento è aumentata, dal 56,7% al 64,8%, il che significa che il servizio di interruzione volontaria di gravidanza è migliorato. Al tempo stesso, diminuisce la percentuale di donne (dal 12,4% al 9,2%) che aspetta da 22 a 28 giorni (quindi «più a lungo»).

La Relazione indica dunque che «in sei anni in Italia, in media, gli obiettori sono aumentati e i tempi di attesa diminuiti, cioè migliorati».

Per quanto riguarda le Regioni nel Lazio, per esempio, «gli obiettori in otto anni sono aumentati dal 77,7% al 78,2% e i tempi di attesa diminuiti (aumentano dal 47,8% al 51,7% le donne che aspettano ‘meno tempo’ e diminuiscono dal 13,7% al 7,3% quelle che aspettano più a lungo). In Umbria e Marche, gli obiettori diminuiscono e i tempi di attesa aumentano. In particolare nelle Marche gli obiettori passano dal 78,4% al 70,1%, le donne che aspettano “poco” diminuiscono dal 73,9% al 70,6%, e quelle che aspettano “molto” aumentano dal 5,6% al 7,7%, cioè peggiorano nonostante la diminuzione degli obiettori».

In Umbria gli obiettori passano dal 70,2% al 65,6%, mentre le donne che aspettano «poco» diminuiscono dal 51% al 43%, e quelle che aspettano «molto» aumentano dal 13,3% al 17,5%. In Veneto la situazione è ancora diversa: diminuiscono gli obiettori (dal 79,1% al 77%) e anche i tempi di attesa (aumentano dal 34% al 50,5% le donne che aspettano meno tempo e diminuiscono dal 23,4% al 15,3% quelle che aspettano più a lungo), che quindi sono migliorati.

«Da questi esempi - si legge nella relazione - si vede che non c’è correlazione fra numero di obiettori e tempi di attesa: le modalità di applicazione della legge dipendono sostanzialmente dall’organizzazione regionale, risultato complessivo di tanti contributi che, naturalmente, variano da regione e regione (e probabilmente anche all’interno della stessa regione)».

Già ad oggi, è possibile per l’organizzazione sanitaria regionale attuare sia forme di mobilità del personale sia forme di reclutamento differenziato.

Infine, «valutando le interruzioni volontarie di gravidanza settimanali a carico di ciascun ginecologo non obiettore, considerando 44 settimane lavorative in un anno, a livello nazionale ogni non obiettore ne effettua 1,6 a settimana, un valore medio fra il minimo di 0,4 della Valle d’Aosta e il massimo di 4,7 del Molise».

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