L'esperto: più tamponi rapidi «Meno sensibili ma individuano certamente i soggetti contagiosi»

Potenziare la caccia ai positivi e migliorare il controllo dell’epidemia: è quello che possono fare i tamponi rapidi, che a differenza di quelli molecolari cercano la proteina virale Spike invece che il genoma del coronavirus dando risposta in soli 20 minuti. Anche se meno sensibili, in questo momento di forte circolazione del virus possono offrire un valido aiuto, considerato che il sistema dei tamponi molecolari (superata la soglia dei 200.000 eseguiti quotidianamente) potrebbe essere prossimo alla saturazione.

Lo rileva Francesco Broccolo, microbiologo clinico dell’Università di Milano-Bicocca e direttore del laboratorio d’analisi Cerba.

«L’incremento dei tamponi è determinato soprattutto dai test effettuati in Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Lazio, Toscana e Campania», osserva l’esperto. «È difficile stimare con precisione la capacità diagnostica massima a livello nazionale, perché tutti i laboratori sono continuamente impegnati a potenziare le loro capacità inserendo sempre più metodi, strumentazioni automatizzate e turni notturni: però la lentezza con cui la curva dei tamponi effettuati è salita nelle ultime due settimane, per passare da circa 150.000 a oltre 200.000, ci fa capire che stiamo facendo fatica. È evidente che stiamo arrivando alla saturazione».

Calcolando il rapporto tra il numero di test eseguiti e il numero dei medici di famiglia italiani (senza considerare i tamponi richiesti dagli ospedali o fatti da privati), «vediamo che abbiamo una potenza di fuoco ridotta: in queste condizioni - afferma Broccolo - è più che giustificato il ricorso ai tamponi antigenici rapidi».

Questi test, che danno risposta entro 20 minuti, «hanno inevitabilmente una minore sensibilità rispetto ai tamponi molecolari», spiega il microbiologo. Uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine dimostra che sono da 100 a 1.000 volte meno sensibili, «un dato comunque buono perché significa che riescono a rilevare i positivi contagiosi con un’elevata carica virale, che sono la maggior parte in questa fase di recrudescenza dell’epidemia».

I test rapidi, sempre più usati soprattutto nello screening dei contatti all’interno di aziende e scuole, «in caso di positività devono comunque essere confermati dal tampone molecolare classico, per evitare falsi positivi: per questo il loro utilizzo non andrà ad alterare il modo in cui monitoriamo la curva dei contagi».

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