Bepina di San Venceslao 2020 Il premio va agli infermieri

Con Tonca e Vigiliane, torna anche la Bepina di San Venceslao , il riconoscimento che seppur ironicamente - con la scultura dell'aquila con gli scarponi opera di Danilo Petri che fa il verso alla massima onorificenza ufficiale conferita dalla Provinca - vuole in maniera seria e concreta rappresentare un ideale grazie della comunità trentina a personalità, gruppi o realtà che si siano distinti particolarmente nel sociale, nell'assistenza agli altri, nella lotta ai pregiudizi.
Quest'anno la Bepina è stata assegnata a due infermieri. Un riconoscimento ideale a tutta la categoria degli operatori sanitari che in questi mesi tanto generosamente si sono impegnati, giorno e notte, nella lotta al contagio.
La Bepina di San Venceslao è stata assegnata a Alessia Munarin e Fabio Paganelli. A colpire gli organizzatori delle vigiliane e lo staff del "Tribunale" guidato da Loredana Cont è stata una lettera scritta proprio dai due inferimieri dell'ospedale Santa Maria del Carmine di Rovereto e pubblicata a inizio maggio anche dall'Adige.
«I mesi drammatici che tutto il mondo ha vissuto, che la nostra regione, le nostre città hanno vissuto ci hanno portato naturalmente, senza esitazioni, a cercare i candidati a questo riconoscimento nell'ambito della sanità», hanno spiegato gli organizzatori: «Dalle molte testimonianze che abbiamo potuto ascoltare e leggere, abbiamo capito che tutti gli operatori sanitari hanno vissuto una realtà drammatica, a curare pazienti gravi, soli, bisognosi di ossigeno e di una parola per essere tranquillizzati. Dalle testimonianze traspare l'amore per il loro lavoro, nonostante la fatica e il rischio del contagio. Abbiamo letto sul giornale la lettera di Alessia Munarin che, assieme al suo collega Fabio Paganelli , ha scritto: " Nessuno di noi avrebbe mai pensato di trovarsi catapultato in questi due mesi che hanno sconvolto le nostre vite e quelle di tutta la popolazione, comprese quelle delle persone che amiamo. In ospedale abbiamo passato quasi ogni giorno riconoscendoci, a volte, solo dagli sguardi: è un'esperienza che ci legherà per sempre... Ho ritrovato colleghi, ho conosciuto giovani infermieri, ho visto gente rimettersi in gioco dopo anni in altre realtà: il nostro grazie va a questo gruppo infermieristico, sempre uno a fianco all'altro. Persone unite da un solo scopo: lottare con il cuore da fare quasi fatica a spiegarlo, lottare per ogni persona che era sdraiata su quei letti, lottare per i loro cari, lottare senza lamentarsi della stanchezza, del caldo, della sete, dell'aria secca sotto le maschere. Lottare per sostenerci e sostenerli umanamente. Ora che la bufera è passata, vorrei che la gente non vanificasse tutto il nostro lavoro. Vorrei dire a tutti che ora, portare una mascherina ed educarci a vivere per un po' più attenti, è un gesto d'amore prezioso per ogni vita umana. «Non ci sono eroi in questo momento, e neanche prima, ma persone consapevoli che basta togliere un petalo ad un fiore per farne cadere altri cinque ".
«Questa infermiera - hanno spiegato ancora gli organizzatori - questi infermieri, hanno lavorato nel reparto di rianimazione nel Covid center trentino di Rovereto. Per questo l'abbiamo scelta: come rappresentante di tutti gli operatori della sanità pubblica, dai medici al personale delle pulizie, di tutti gli ospedali trentini ai quali va il nostro grazie. Un sentimento di cui vogliamo resti concretamente traccia, attraverso la scultura di Petri».

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