Tassa sui test animali: gli scienziati insorgono

Una tassazione sulle sperimentazioni animali a fini scientifici. Ad introdurla è il decreto n.173 del ministero della Salute e la norma, pubblicata in Gazzetta ufficiale lo scorso 25 luglio, ha determinato la dura reazione degli scienziati, che chiedono una moratoria denunciando il rischio che le nuove norme blocchino di fatto la Ricerca pubblica.

Una presa di posizione alla quale ha replicato il sottosegretario alla Salute Armando Bartolazzi, il quale ha assicurato per settembre una revisione e semplificazione della normativa.

Il decreto riguarda appunto la ‘determinazione delle tariffe spettanti al ministero della Salute, ai fini del rilascio delle autorizzazioni relative alla protezione degli animali utilizzati a scopi scientificì, e prevede tariffe differenziate: per il rilascio e il rinnovo dell’autorizzazione di progetti di ricerca la tassa è, ad esempio, di 642,59 euro, mentre l’autorizzazione di progetti di ricerca che prevedano l’utilizzo di animali comporta una tassazione pari a 613,60 euro.

La nuova “tassa” non piace però alle Società scientifiche: sei organizzazioni (Società italiana di farmacologia, tossicologia, Neurologia, Neuroscienze, Fisiologia, Immunologia Clinica e Allergologia), insieme al presidente dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Silvio Garattini, hanno così inviato oggi una lettera ai ministri della Salute, Economia e Istruzione, Università e Ricerca nella quale chiedono una moratoria nell’applicazione del decreto, paventando uno “stop” alla Ricerca pubblica.

In un contesto di «riduzione progressiva dei finanziamenti pubblici alla ricerca che ha portato il nostro Paese ad uno degli ultimi posti a livello Europeo - affermano le Società - la richiesta di provvedere ad un pagamento anticipato per una prestazione ministeriale in ottemperamento ad un obbligo di Legge, viene percepita dai ricercatori come un ulteriore aggravio economico e amministrativo allo svolgimento delle loro ricerche indipendenti».

È noto dal 2014, precisano, che una tariffazione sulla sperimentazione animale sarebbe stata imposta. Tuttavia «pare che il decreto sia stato pubblicato in Gazzetta senza una preventiva e adeguata attività di diffusione, cogliendo quindi impreparate alla sua ricezione le amministrazioni pubbliche». Si chiede inoltre una «differenziazione delle tariffe sulla base della tipologia di ricerca», considerando separatamente le ricerche indipendenti e la ricerca di enti profit.

Critiche erano arrivate anche nei giorni scorsi dagli esperti del Gruppo 2003, che hanno parlato di «misure persecutorie» che rischiano di indebolire la ricerca biomedica italiana. Un’apertura è però giunta da Bartolazzi: «Sono consapevole che nel decreto, necessario per adeguarci alla normativa Ue in materia, ci sono troppi paletti che di fatto ostacolano lo svolgimento della ricerca pubblica e, per questo - ha affermato - a settembre avvieremo un confronto per una semplificazione e rimodulazione della norma». Intanto, si è insediato a luglio sempre al ministero della Salute il gruppo di lavoro per la promozione dei metodi alternativi alla sperimentazione animale, fortemente voluto dal ministro Giulia Grillo secondo la quale i «tempi sono maturi per ripartire da zero».

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