Salute in Italia: Bolzano svetta, Trento è decima Si muore meno ma molti si curano fuori regione

di Zenone Sovilla

Trento in buona posozione, ma con un problema di «emigrazione» ospedaliera, Bolzano provincia nel complesso con un quadro sanitario migliore in Italia .

Lo indica l’incrocio di dodici indicatori diversi per l’«Indice della Salute» del Sole 24 Ore, oggi in edicola.

Trento si piazza al decimo posto nella graduatoria che somma tutti gli indicatori, con un punteggio di 585,8 contro i 651,6 del capoluogo altoatesino.

Un’analisi dei dati disaggregati (presentata qui di seguito) mette in risalto, in particolare, per quanto riguarda il Trentino, il tasso elevato di pazienti che si curano fuori regione (oltre il 15%, con una posizone in coda alla classifica, rispetto al 4,6% di Bolzano).

Sul podio generale per miglior livello di salute si trovano, oltre al Sudtirolo, Pescara e Nuoro.

Di contro, l’indice assegna la maglia nera a Rieti, con Alessandria e Rovigo penultima e terzultima.

Va rilevato che, complessivamente, aggregando le performance delle province su base regionale, i risultati migliori sono quelli delle due province autonome del Trentino alto Adige seguite dalle sarde, lombarde e dalle venete; all’ultimo posto le province laziali.

Lo studio è un'elaborazione di dati Iqvia (multinazionale specializzata nella raccolta di statistiche healthcare), ministero della Salute e Istat. Vengono presi in esame l’incidenza delle malattie in un determinato territorio: la possibilità di curarle attraverso i farmaci, l’accesso alle cure e la disponibilità di personale specializzato, dall’infanzia alla vecchiaia. Oppure, la necessità di spostarsi altrove.

Alcuni indicatori importanti vedono peraltro Trento precedere Bolzano.

Il Trentino infatti è fra le province in cui muoiono meno persone, in base al tasso di mortalità standardizzato per 10 mila abitanti (calcolato al netto di fattori distorsivi legati all’età della popolazione) che vede la provincia al secondo posto (75,57) alle spalle della sola Pordenone (75,53), terza Rimini (75,66), mentre Bolzano è settima con 77,57.

L’analisi statistica della mortalità per tumore (decessi ogni mille abitanti nel periodo 2012-2916) vede nella posizione migliore Sassari con un valore di 10,3219, seguita da Crotone e Barletta, appena dietro c’è Bolzano (11,6002) mentre Trento scivola più in basso, al 37° posto (13,7563 equivalenti a un punteggio relativo di 651, 6 contro i mille punti attribuiti alla prima in classifica.

Ultima in questa triste graduatoria è la provincia di Alessandria che con un tasso di decessi del 20,1804 ha un punteggio pari a zero (penultima Genova, terz’ultima Trieste).

Anche il dato sulla mortalità per infarto miocardico (decessi ogni mille abitanti nel periodo 2012-2916) vede Trento posizionarsi soltanto a metà classifica, con un tasso del 2,16152 pari a 595,6 punti. In questo caso a svettare è Sassari (1,28491), seguita da Taranto (1,41474), Bari e Prato. Solo quarantasettesima Bolzano (2,08811).

Va meglio, in Alto Adige, per quanto riguarda il consumo di farmaci per asma e per broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco): quarto posto nella graduatoria basata sulle unità minime pro capite consumate (4,64311).

Il dato in assoluto più basso si registra nel Sud Sardegna (4,3127), seguita da Novara e Lecco.

Qui Trento risulta meno distante dal «podio», con un diciottesimo posto (indice consumi al 5,3016, punteggio in classifica 814,8).

Appaiate al 35° Trento e Bolzano nella valutazione sull’aumento della speranza di vita (incremento dell’età attesa alla nascita nel periodo 2002-2017): entrambe presentano un tasso del 2,8 e3 470,6 punti.
In testa c’è Gorizia (4,6) seguita da Trieste, Biella, Cremona e Lodi.

Nella tabella sul consumo per farmaci per il diabete (unità minima pro capite) Bolzano risulta la provinvica italiana meno colpita da questa malattia. Seguono Sud Sardegna, Sondrio, Lodi e Trento, con subito alle spalle una serie di province venete (Padova, Treviso, Belluno e Vicenza).

Un’altra analisi quantitativa, stavolta su farmaci per ipertensione, fotografa ancora Bolzano fra le zone più virtuose, appena dietro alla capolista Sud Sardegna. Anche qui Trento se la cava bene, collocandosi al decimo posto.

Un altro indicatore esaminato dallo studio riguarda la capillarità della presenza di medici di base sul territorio (professionisti di medicina generale ogni mille abitanti). Qui la condizione migliore risulta quellla della provincia di Nuoro (1,38222), seguita da Terni e Vercelli.

In questo caso Bolzano si colloca nelle retrovie: quint’ultima (103° posto) con un tasso dello 0,64, mentre Trento è a metà classifica (58° posto) e sfiora la presenza di un medico di base ogni mille abitanti (il tasso è dello 0,907579).

Nella stessa analisi sulla disponibilità di professionisti attivi, ma in questo caso relativamente ai pediatri (cioè con pazienti nella fascia zero-15 anni), Trento è soltanto settantasettesima (statisticamente la presenza è di poco più di 1,5 presidi per mille abitanti, 1,68473). Bolzano anche in questo caso è dietro, con un valore di 1,57985. Sul podio Cagliari (4,85572), Siena (3,67274) e Messina.

Per quanto riguarda i geriatri, svettano Cremona (0,88151), La Spezia e Genova, mentre Trento è al 31° posto (0,378375) seguita da Bolzano (0,369564).

In termini di recettività ospedaliera (valutata verificando il numero di dimissioni di residenti avvenute fuori regione, in percentuale), Trento se la cava con un 25° posto (il valore relativo è 3,94704), davanti a Bolzano che risulta trentaquattresima (3,87684).

In vetta troviamo Isernia (6,52299) seguita da Verbania e Cagliari, mentre le condizioni meno buone si trovano in Sud Sardegna che chiude la classifica precedendo Vibo Valentia e Barletta-Andria-Trani.

Un altro indicatore dell’offerta ospedaliera riguarda l’emigrazione di pazienti, anche in questo caso misurata tramite un’analisi della percentuale sul totale di dimissioni di residenti avvenute fuori regione.

Le province che registrano una percentuale minore di malati che si curano fuori regione sono Bergamo (1,85), Sondrio (2,22) e Lecco (2,28), seguite da altri tre territori lombardi (Como, Monza e Brescia), che evidentemente possono giovarsi anche della presenza di un polo sanitario come quello milanese.

Come già accennato, in questo caso Trento segnala la criticità maggiore, collocandosi solo al novantesimo posto (con un valore del 15,03 per cento), mentre Bolzano è ventesima (4.6).

Per tornare alla classifica generale, tra le grandi città, Milano e Firenze sono le uniche a comparire nella top ten, che include tre province della Sardegna (Nuoro, Sassari e Cagliari) e due lombarde (oltre a Milano, Brescia).

Tra i fenomeni evidenziati dalla classifica nel suo complesso, emerge una netta differenza non tanto tra Nord e Sud, ma tra città e aree interne, cioè quelle più distanti dai servizi essenziali.

A partire dai dati demografici su mortalità e speranza di vita: «Mi preoccupa trend generale: da anni si consolida in negativo - spiega Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva - e in futuro potremmo avere risultati ancora peggiori per la scarsa capacità di programmazione di alcune aree e per il naturale invecchiamento della popolazione che richiede una diversa organizzazione dei servizi». Gli abitanti delle aree interne, al netto di qualche centro di eccellenza, sembrano avere meno accesso alle cure: «Con trasporti limitati e infrastrutture spesso vecchie, diventa complesso sostenere spostamenti fino a 100 km come previsto dalla normativa. L’organizzazione è troppo rarefatta», dice Gaudioso.

I curatori dello studio spiegano poi che le performance delle grandi città sono diverse, ma la maggior parte è nella prima metà della classifica generale: Firenze e Milano sono rispettivamente al 5° e all’8° posto in classifica, quasi 20 posizioni sopra Bari (21°), Torino (24°) e Roma (29°). Se Palermo è al 46° posto, per trovare Napoli si deve arrivare alla posizione numero 72.
«Oggi si potenziano le grandi strutture - chiosa Gaudioso -, mentre l’investimento dovrebbe essere fatto sul territorio, complici le nuove tecnologie. Portare i servizi al cittadino, magari attraverso i medici di famiglia e le farmacie, si rivelerebbe più efficace ed efficiente rispetto a far venire il paziente in ospedale».

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