Microrganismi della mamma proteggono il neonato

Sono trasmessi in modo diretto fin dai primi istanti di vita, durante il parto naturale e poi nell’allattamento al seno e nel contatto «pelle e pelle». E appaiono più persistenti nel bambino rispetto ad altri. A rivelare le peculiarità dei batteri e altri microorganismi materni è un articolo pubblicato sulla rivista scientifica «Cell Host and Microbe».
Lo studio, coordinato da un gruppo di ricerca del Cibio - Centro di Biologia integrata dell’Università di Trento in collaborazione con l’Ospedale Santa Chiara di Trento riconfermato «Baby Friendly Hospital» (iniziativa Oms-Unicef) e finanziato dalla Fondazione Caritro, dimostra il passaggio di vari microorganismi da madre a bambino durante i primi giorni e mesi di vita. Ricercatori e ricercatrici hanno mappato la trasmissione del microbioma anche grazie a nuovi strumenti informatici e hanno mostrato come i batteri provenienti dalla madre colonizzino il neonato e la neonata in modo più duraturo rispetto a batteri provenienti da altre sorgenti (come l’ambiente circostante). «Lo studio pone le basi per capire meglio il processo di acquisizione del microbioma, del suo impatto sulla salute del bambino, e del ruolo del parto naturale, dell’allattamento al seno e del contatto pelle a pelle» osserva Nicola Segata , responsabile dello studio e a capo del laboratorio di Metagenomica computazionale al Cibio.
La ricerca vede protagoniste 25 coppie mamma/bimbo reclutate e campionate dalle unità operative di Ostetricia e Neonatologia dell’Ospedale di Trento a partire dal 2014. Per identificare i microorganismi che compongono il microbioma e ricostruirne la trasmissione sono stati adottati innovativi metodi computazionali (ovvero bioinformatici) applicati a una tecnica biotecnologica di ultima generazione chiamata metagenomica.
Ogni persona, infatti, ha un doppio «bagaglio» di informazioni che porta con sé per tutta la vita. Da una parte ha il patrimonio genetico, ereditato dai genitori. Dall’altra il microbioma, corredo di innumerevoli batteri, virus e funghi che popolano il corpo. Analizzare il microbioma permette di individuare specie microbiche e varianti che caratterizzano il corredo dell’individuo e potenzialmente studiare quanto queste coadiuvino il nostro stato di salute o ci espongano a determinate malattie.
Segata racconta come si è svolta la ricerca: «Abbiamo raccolto in ospedale durante il ricovero per il parto campioni di microbioma da varie parti del corpo dalla madre (pelle, lingua, feci, vagina) prima della nascita e dal bambino dopo la nascita (feci e lingua). Abbiamo poi meticolosamente processato e analizzato tali campioni per identificare gli eventi di trasmissione di microorganismi dalla madre al bambino».
Cosa è emerso? «Tra le cose principali, abbiamo capito che tutti i microbiomi che abbiamo campionato dalle diverse locazioni corporee della madre contribuiscono in modo diretto allo sviluppo del microbioma del neonato. Il bambino acquisisce microorganismi anche da sorgenti diverse dalla madre, ma abbiamo scoperto che i microorganismi provenienti dalla madre è molto più facile che rimangano stabilmente nel neonato rispetto ai microorganismi acquisiti in altro modo, da altre fonti. Questo porta anche a ipotesi intriganti perché questa preferenza per i microorganismi materni da parte del neonato potrebbe essere un meccanismo co-evolutivo finora poco considerato».

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