Nuvola radioattiva da est Le «ammissioni» della Russia

Scatta l'attenzione in tutti i Paesi europei, compresa l'Italia

Venti con particelle radioattive hanno soffiato sulla Russia e sull’Europa.

Dopo settimane, dopo che era stato negato che ci fosse stato un qualche incidente nucleare, Mosca ha ammesso per la prima volta che ci sono stati dei problemi.

«Il servizio metereologico russo – scrive Il Soe 24 Ore – ha misurato l’inquinamento di isotopi radiottivi che hanno raggiunto un livello mille volte superiore al normale in due stazioni meteorologiche sui monti Urali. È la prima ammissione di funzionari russi che sostanzialmente conferma il report dell’Istituto francese per la sicurezza nucleare (IRSN), che il 9 novembre scorso aveva individuato una nuvola radiottiva sull’Europa di provenienza sconosciuta».

Stando ai dati dei rilevatori francesi, la possibile origine della perdita di sostanza radioattiva – trasportata in Europa grazie alle correnti – è da ricercare in un impianto che si trova in Russia o in Kazakistan. L’incidente sarebbe avvenuto nell’ultima settimana di settembre, ma «nessuno dei due Paesi aveva ammesso un incidente sul proprio territorio».

E in Italia? Federico Rocchi, ingegnere nucleare e ricercatore della divisione di sicurezza nucleare del centro ricerche dell’Enea a Bologna, sentito dall’agenzia Ansa, ha dichiarato che «il rutenio 106 era arrivato tra la fine settembre e l’inizio ottobre e poi si è lentamente diluito». I valori, ha detto, «sono tali da non porre assolutamente rischi né per la salute pubblica, né per l’ambiente. Le concentrazioni rilevate nell’atmosfera sono fra centomila e un milione di volte più basse di quelle che destano preoccupazioni per salute e ambiente».

In un articolo apparso sull’Arena di Verona il 4 ottobre scorso si legge che «tracce di Rutenio 106 sono state registrate dalle stazioni di controllo della radioattività in aria delle sedi di Verona, Vicenza e Belluno dell’Arpav nella loro attività di campionamento del particolato atmosferico, lo scorso fine settimana e tra il 2 e 3 ottobre».

«Si tratta - rileva una nota diffusa dall’Arpav - di una presenza evidenziata anche da altri laboratori del nord Italia e di alcuni Paesi europei quali Austria e Svizzera».

I livelli documentati sono considerati bassi. Così si legge. Per saperne di più, clicca QUI.

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