Polemica sul test anticancro «Alimenta false aspettative»

«È inaccettabile che la televisione di Stato permetta a ricercatori in palese conflitto di interessi di diffondere informazioni sulla salute delle persone non ancora validate dalla comunità scientifica e che al momento non hanno nessuna applicazione reale nella pratica clinica e nella sanità pubblica. Il servizio pubblico non deve e non può in nessun modo alimentare false aspettative».

Questo il commento di Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, in merito ai contenuti di una puntata di «Porta a Porta» con l’intervento della dottoressa Patrizia Paterlini-Brèchot, dell’Università Paris-Descartes, che avrebbe realizzato un test per la diagnosi precoce del cancro.

«Milioni di italiani si stanno chiedendo dove effettuare il tanto semplice quanto miracoloso esame del sangue - evidenzia in una nota la Fondazione Gimbe - dopo l’ampio spazio su vari quotidiani, anche il (dis)servizio pubblico di “Porta a porta” ha permesso alla dottoressa Paterlini-Brèchot di presentare il suo libro “Uccidere il cancro”: il cavallo di battaglia è il test Iset, che sarebbe in grado di diagnosticare il tumore con diversi anni di anticipo, alla modica cifra di 486 euro, ovviamente (e giustamente) non rimborsati dal servizio sanitario nazionale».  

«Il livello di validazione del test - già brevettato e di proprietà di Rarecells - dal punto di vista scientifico è assolutamente preliminare, come dimostra anche un ultimo studio pubblicato a gennaio», prosegue la nota.

«Le aspettative nei confronti di una medicina mitica e una sanità infallibile - conclude Cartabellotta  - hanno raggiunto livelli inaccettabili e pericolosi per la facilità di accesso tramite internet a informazioni scientificamente non validate e l’assenza di un programma istituzionale di informazione sanitaria.

Se anche la tv di Stato alimenta la disinformazione scientifica, le Istituzioni preposte a vigilare sulla salute devono intervenire in maniera sistematica e senza indugi».

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