Il Servizio sanitario nazionale si "dimentica" di 3 milioni di non autosufficienti

In Italia la cura delle persone non autosufficienti, che hanno bisogno di cure per molti anni, è affidata per tre quarti a badanti e famiglie, mentre il Servizio Sanitario Nazionale si fa carico solo del restante 25%. Buona parte di queste persone, hanno sottolineato gli esperti durante il simposio sulla «Long Term Care» organizzato dal network «Italia Longeva», che riunisce esperti e istituzioni sul tema della longevità, ha più di 65 anni, una categoria destinata ad aumentare per effetto dell’invecchiamento della popolazione.

«Abbiamo un milione di pazienti che sono gestiti dal Ssn, tra residenze assistenziali, assistenza domiciliare, strutture di post acuzie e terapie palliative - ha spiegato Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva - siccome si calcola che i non autosufficienti pieni sono due milioni e mezzo, più c’è una quota di disabili che più o meno ce la fanno da soli, si arriva intorno ai quattro milioni. C’è quindi un numero intorno ai tre milioni che è fuori dal circuito, di cui circa un milione sono probabilmente assistiti dalle badanti. Ne restano due milioni che abbiamo definito “esodati”. Questi gravano in due modi sul Ssn: gravano sui pronto soccorsi, gravano in modo non corretto e non gestibile sui medici di medicina generale, gravano soprattutto sulle famiglie».

Già ora, ha sottolineato Ketty Vaccaro, responsabile welfare del Censis, circa il 20% degli anziani ha una limitazione funzionale, e nel 2031 ci saranno oltre 16 milioni di “over 65” e 5,5 milioni di “over 80”. «Per il 53% degli over 60 è proprio la perdita della non autosufficienza a far diventare anziani, non l’andare in pensione o la nascita dei nipoti - sottolinea l’esperta -. Il 75% degli over 65 nel nostro paese ha una malattia cronica e il 65,4% over 75 ne ha almeno due. Dai nostri studi emerge che c’è una relazione tra il titolo studio e le malattie croniche, con chi è socialmente avvantaggiato che si ammala di meno».

Per Vaccaro, ma anche per gli altri esperti, il modello attuale tra breve non sarà più sostenibile. «Stanno aumentando i nuclei familiari unipersonali, e in generale le famiglie sono più piccole - sottolinea - mancheranno fisicamente i parenti in grado di farsi carico del malato». Una prima soluzione potrebbe venire dal Piano Nazionale per la Cronicità allo studio da parte del ministero della Salute e della Conferenza Stato-Regioni, ha spiegato il direttore generale della programmazione sanitaria Renato Botti. «Dai dati abbiamo grandi variabilità regionali sull’assistenza, e anche infraregionali, il piano cerca di dare una governance globale, coinvolgendo tutti gli attori».

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