Era digitale: 5 cambiamenti ai quali il cervello si è adattato

Informazioni senza fine a disposizione continua, pronti a googolare ogni termine, iper connessione, panico da no-wifi, decine e decine di mail al giorno e al tempo stesso la voglia di disconnettersi almeno in vacanza. Il vero lusso ormai secondo alcuni è stare senza smartphone, riprendere ritmi slow, praticare il digital detox.

Non ci sono dubbi che l'era digitale che stiamo vivendo stia comportando anche una rivoluzione neurologica, con conseguenze positive e negative. In un recente rapporto, gli esperti di Cornerstone OnDemand hanno identificato 5 cambiamenti ai quali il nostro cervello ha dovuto adattarsi, descrivendo come questi influiscono sui nostri processi di apprendimento nella vita adulta e professionale:

Il cervello è diventato impaziente. Abituato all’immediatezza dei social network e di Internet, il cervello crea la necessità di avere e sapere tutto subito. L’aspettativa di imparare molto in poco tempo è diventata un trend del tutto generale ma ciò che si apprende rapidamente viene dimenticato con la stessa velocità. L’apprendimento sul lungo termine è la vera sfida del futuro, anche per la formazione.

Meno ritentivo. Per i nativi digitali memorizzare un numero di telefono appare molto vintage. Non hanno più bisogno di ricordare dati, per quello c’è Internet. Potremmo dire che è diventata una sorta di “memoria esterna” alla quale ci rivolgiamo per ogni genere di informazioni. In altre parole, non abbiamo perso la capacità di memorizzare/ricordare ma questa capacità è caduta in disuso. Il modo di imparare e trattenere le informazioni è cambiato e, di conseguenza, devono cambiare anche i metodi di formazione. E’ ad esempio più efficace offrire alle persone una formazione digitale, facilmente accessibile e in formati allettanti, come ad esempio il gioco. In questo modo ciò che si è imparato sarà ricordato più a lungo.

Imparare a reimparare. Se c’è un cambiamento che temiamo sul posto di lavoro è l’automazione. Ci sarà un robot a fare il nostro lavoro? No, purché sappiamo cosa imparare e come impararlo per prepararci al futuro. Il modo più sicuro è scommettere sulle soft skill e sulle competenze sociali, competenze che ci differenziano dalle macchine e che non diventeranno obsolete, come invece può avvenire con le conoscenze tecniche.

Più flessibilità. Intendiamo la flessibilità come la capacità di adattarsi a nuovi bisogni di apprendimento e formazione. Il segreto sta nell’avere un cervello allenato a essere flessibile, aperto e agile. Così sarà più facile adattarsi al cambiamento e interiorizzare più rapidamente le nuove discipline e i prodotti che nasceranno. Attualmente, ad esempio, il focus delle strategie di business è sull’intelligenza artificiale, dal che si può dedurre che i lavori del futuro saranno in qualche modo correlati a questa disciplina.

Sovraccarico. Il sovraccarico di informazioni sul nostro cervello riduce la nostra capacità di concentrarci. Ciò normalmente si traduce in stress da lavoro. La digitalizzazione rende più facile l’accesso alle informazioni e ci permette di lavorare ovunque e con qualsiasi dispositivo: un fatto positivo purché sappiamo capire quando è il momento di disconnettersi. Preoccuparsi del benessere emotivo dei dipendenti, garantendo il rispetto di valori comuni e un ambiente di lavoro positivo, è una sfida per le aziende e anche una necessità.

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