I «rider» di Foodora? Sono dipendenti

 La corte d'Appello di Torino ha accolto per una parte sostanziale il ricorso di cinque ex rider di Foodora che chiedevano il riconoscimento della subordinazione del rapporto di lavoro. In primo grado, lo scorso giugno, le istanze erano state integralmente respinte. I giudici hanno sancito il diritto dei ricorrenti ad avere una somma calcolata sulla retribuzione stabilita per dipendenti del contratto collettivo logistica-trasporto merci.

In sostanza i «rider» (cioè i fattorini che prelevano il cibo nel ristorante per consegnarlo al cliente a casa sua) venivano considerati «liberi professionisti» dalla ditta, mentre loro sostenevano che - istruiti, inviati e comandati tramite una centrale informatica e una app per telefonini - lavoravano per l'azienda in tutto e per tutto come dipendenti. Anche se pagati a singola consegna, e non con uno stipendio.

«Non possiamo non dirci soddisfatti, la sentenza dimostra che non eravamo dei pazzi quando affermavamo che queste persone avevano dei diritti», commenta a caldo l'avvocato Silvia Druetta, uno dei legali degli ex fattorini Foodora, alla pronuncia della Corte d'Appello di Torino. «E' la conferma - aggiunge - che i diritti esistono».

Sul caso ieri è intervenuta anche la Cgil del Trentino. «Alcuni riders Foodora in tutta Italia si sono visti trattenuti impropriamente parte dei loro compensi. Nel periodo precedente alla disconnessione dell'applicazione, a seguito del passaggio della società sotto il marchio Glovo, non sono stati registrati dei pagamenti in contanti consegnati dei riders ai referenti aziendali, che la società ha recuperato trattenendole dai compensi. Nidil, anche in Trentino, è pronta a sostenere questi lavoratori per recuperare quanto spetta loro attivando le procedure di recupero credito. Chi si trova in queste condizioni può contattare Nidil del Trentino a questo indirizzo: nidil@cgil.tn.it» dice il sindacato.

 
   

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