L'orgoglio di essere gay «Ma che dura a scuola»

di Lorena Stablum

Per Lorenzo Pedergnana quella che venerdì 25 maggio si terrà a Dimaro, nel teatro comunale (ore 20.45), è una sera di quelle importanti. Di quelle che possono avviare un piccolo processo di cambiamento che può fare davvero la differenza. Ci sarà anche lui sul palco, insieme alla sua mamma Alice Vegeher, a Paolo Zanella di Arcigay del Trentino, Mario Caproni di Agedo e alla psicologa e sessuologa Laura Mincone, a raccontare la propria esperienza durante l’incontro «Over the rainbow – Etero e gay sono tutti figli miei» voluta dai Piani giovani dell’Alta e della Bassa Val di Sole per promuovere una cultura della tolleranza e dell’accoglienza oltre gli stereotipi e le paure.

Consigliere comunale nel Comune di Pellizzano con competenze delegate in materia di Politiche sociali, Lorenzo è un giovane amato e stimato nella sua comunità. Laureato in storia con una tesi sulle macchine ad acqua della Valle di Sole, e ora studente di antropologia nell’ateneo di Bologna, fin da giovane si è interessato alla vita politica e alle grandi questioni sociali e, come racconta, «da subito ho capito per cosa vale la pena combattere».

Perché è così importante questo incontro?

È da quando sono entrato in amministrazione comunale che penso di organizzare un incontro su questi temi dei quali in Val di Sole, finora, non si è mai parlato. Ora, con l’arrivo del Dolomiti Pride a Trento, è nata questa occasione che pensavo di promuovere come Comune di Pellizzano, poi tutta l’organizzazione si è spostata sui Piani giovani di zona e sono molto contento.

Ci racconta la sua storia? Quando ha fatto coming out?

È stato difficile vivere in Val di Sole. Fino alle superiori sono stato bullizzato da alcuni dei miei compagni, poi sono scappato a Bologna dove ho iniziato a collaborare con l’Arcigay e ho maturato una consapevolezza di me stesso che ho portato in valle. Ho sempre avuto, fin da piccolo, la percezione di essere omosessuale. Fin da bambino, alle medie e poi anche alle superiori sono stato bullizzato da qualche mio compagno. A 18 anni ho avuto la mia prima relazione e il primo innamoramento e mi sono deciso a condividere il mio essere con i miei amici e poi con la mamma. Ho sentito il bisogno di aspettare un momento di tranquillità e di cercare il modo più semplice per dirlo: un conto è dire «sono gay», un conto è dire «sono fidanzato con un ragazzo e sono felice».

Come è stato?

All’inizio ti dichiari e ne parli agli amici… Poi, la voce pian piano inizia a circolare e ti rendi conto che non sei più tu a gestire le persone che lo sanno o meno. Così a un certo punto ti devi decidere se ti importa o no delle chiacchiere. Io l’ho confermato a tutti. Per i miei amici non è stata una sorpresa. Non sono scappati e mi sono stati vicini. E riguardo agli altri, probabilmente, se ne erano accorti perché sono sempre stato insultato in qualche modo.

E come è stato dirlo alla sua mamma?

Lei lo sapeva da sempre. Mi faceva sempre tante domande in merito e io tergiversavo. Poi il primo giorno che sono andato a Bologna per studiare all’università, ero sul treno e stavo malissimo… Mi ero appena lasciato con il mio primo fidanzato. Al telefono con la mamma, mi sono messo a piangere e le ho detto che sono gay. C’è stato un momento che mi è sembrata delusa, invece era solo tanto preoccupata e le dispiaceva che non poteva abbracciare suo figlio. Aspettavo il momento giusto, ma non c’è mai il momento giusto…

Come ha trovato la Val di Sole? È aperta alle differenze?

Devo dire che il periodo scolastico è stato molto pesante… Vedo in Val di Sole una chiusura mentale dovuta, secondo me, alla mancanza di conoscenza. Più che di omofobia, parlerei di una concezione machista dell’uomo, che deve essere forte, virile… Con il tempo ho imparato a difendermi. Da quando ho iniziato a rispondere, se mi chiamano «frocio», «sì, lo sono!», le cose così sono migliorate e le battutine sono smesse. Finché mostravo di stare male, davo forza a chi mi prendeva in giro. La valle però mi ha stupito anche in modo positivo.

In che senso?

Quando sono riuscito a pormi in modo naturale, ho avuto un buon riscontro. Questo mi fa dire che la Val di Sole ha solo bisogno di parlare. Io poi vengo da un paese, Pellizzano, che su questo tema più si distingue dagli altri della valle ed è più aperto. Ha giocato a mio favore vivere in un paese così.

Perché ha scelto di mettersi in gioco candidandosi in Comune?

Sono sempre stato interessato alla politica. Ho iniziato a leggere giornali a 15 anni. E più leggevo e più mi facevo le idee chiare su quello che è giusto e quello che è sbagliato, e sulle battaglie che si devono combattere se si vuole cambiare la società. Il mare è fatto di tante gocce e ognuno deve fare la sua parte. Metterci la faccia è diventato importante e sono sempre disponibile a parlare di queste cose.

Cosa pensa del fatto che la Provincia non ha dato il patrocinio al Dolomiti Pride? Lei ci sarà?

Ci prenderò parte e trovo che sia un precedente abbastanza scomodo per la Provincia il non aver voluto sostenere la parata. Credo che sia la prima Giunta di centro sinistra che lo fa. Sarebbe stato molto importante avere il sostegno dell’amministrazione provinciale perché il Dolomiti Pride è un modo per dare visibilità a una battaglia politica importante. Giustificare la scelta riducendo la parata a folklore dà l’idea che ci sia dell’omofobia istituzionalizzata.

Perché è importante partecipare al Gay Pride?

Non è una manifestazione di ribellione al sistema. È il nostro modo di dire che noi ci siamo, che noi esistiamo e ciò al di fuori di una categoria etero normativa che la società impone. È una festa della libertà, che vuole travalicare gli stereotipi e dove un uomo se vuole sceglie di indossare i tacchi e il boa di struzzo. Un modo per dire che siamo tutti uguali. La provocazione aiuta a farsi notare. Anche Ghandi, manifestando da seduto, ha trovato un modo provocatorio per portare avanti le sue battaglie.

Un’ultima domanda: è fidanzato?

Sono disperatamente single.

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