Mamma e ricercatrice a Londra «Qui la meritocrazia esiste»

Da Trento a Londra: partita nel 2011 e ancora nella terra di Sua Maestà. In mezzo: il matrimonio, la nascita di Matilde, le pubblicazioni su Science (e non solo) e una serie di step professionali in avanti, visto che «qui meritocrazia e intraprendenza contano veramente e c'è grande competizione». Lei è Ilaria Dorigatti. Classe 1983, professione ricercatrice (e mamma, ovviamente), nella City si è costruita una carriera lavorativa e una vita privata. Laureata in matematica, lavora (banalizziamo) per rispondere a domande in campo medico, soprattutto legate all'epidemiologia e alla salute pubblica: «All'Imperial College (la prestigiosa università britannica, tra le migliori al mondo, spesso superando anche Oxford e Cambridge ndr), presso il Dipartimento di Epidemiologia delle Malattie Infettive, applico modelli matematici a dati clinici ed epidemiologici per caratterizzare come si diffondono i virus e determinare le migliori strategie di intervento per controllare le epidemie». 

Partiamo dall'inizio, ovvero da Trento.
«Ho studiato al Galilei, poi mi sono laureata in Matematica a Trento, con una parentesi di sei mesi alla UCLA, la University of California Los Angeles, dove ho seguito una serie di corsi e iniziato a scrivere la tesi di laurea specialistica».
Da qui in poi Londra diventa centrale nella vita della ricercatrice.
«Siamo nel 2010, ultimo anno di dottorato, e trascorro 5 mesi all'Imperial College, nel gruppo di ricerca del prof Neil Ferguson. Poi vinco un concorso e mi trasferisco definitivamente a Londra, città della quale, nel frattempo, mi ero letteralmente innamorata. Sono arrivata qui perché attratta dal tipo di ricerca svolto all'Imperial College, applicato a problemi che nascono dalla vita reale e con un impatto per la salute pubblica. Pensavo mi sarei fermata per un breve periodo, e invece sono ancora qui».
E non da sola.
«Esattamente: ci sono anche Christian e Matilde, viviamo nella zona sud ovest, vicino al Tamigi, che ha molti parchi e spazi verdi, ideali per una famiglia. Con Christian ci siamo sposati nel 2013 e lui mi ha seguito a Londra dopo aver finito il dottorato in ingegneria delle telecomunicazioni all'Universitá di Trento. Ora lavora come ingegnere in uno stock exchange, ovvero una Borsa, nella City. E nel 2015 è arrivata Matilde, che è nata qui ed è una vera londinese con sangue trentino».
Lui che segue lei, quindi. 
«Nel nostro caso sì. Ma lui è molto bravo nel suo lavoro e qui ci sono più possibilità, quindi non è stato traumatico».
Con la bimba parlate in italiano? E i nonni, non vi vorrebbero di nuovo a Trento?
«A casa parliamo in italiano, ma all'asilo le parlano in inglese. Credo crescerà perfettamente bilingue. I nonni ogni tanto vengono a trovarci, poi c'è l'appuntamento Skype quasi tutte le sere: ormai salutano solo Matilde? Poi a Natale, Pasqua e d'estate torniamo in Trentino, a rivedere un po' di montagne e cielo azzurro».
Ma rientrare non è nei programmi? Magari c'è un po' di «paura» per la Brexit?
«Attualmente sono molto felice della vita qui, sia a livello professionale sia personale. Ma in futuro la speranza di tornare c'è, se si presentassero delle valide opportunità. Tengo molti contatti, per vari progetti comuni, con l'Università di Trento, Fbk e Fondazione Mach. Sulla Brexit al momento c'é molta incertezza, non si sa se e come cambieranno le regole per l'immigrazione. Da un punto di vista puramente personale, avendo recentemente ottenuto il permesso di residenza permanente, non sono preoccupata. Però molti amici e colleghi che non hanno i requisiti per ottenere la residenza permanente soffrono l'incertezza del momento».
Torniamo al lavoro: influenza, Zika, dengue, virus e vaccini sono, a grandi linee, i temi di cui si occupa o di cui si è occupata.
«Abbiamo analizzato, in questi anni, il virus influenzale H1N1, il vaccino per la malattia del dengue, i dati epidemiologici di Zika, e alcune di queste pubblicazioni hanno avuto un'eco mondiale, con interviste anche a Bbc e Cnn».
Su un tema sempre molto attuale come i vaccini cosa pensa una scienziata?
«La vaccinazione é uno strumento utile per proteggere noi stessi e gli altri e ha permesso in passato di eradicare malattie gravi come il vaiolo e di ridurre in modo significativo il numero di casi di poliomelite e morbillo, per esempio. Mantenere la copertura ai livelli raccomandati è necessario per evitare che tornino a diffondersi malattie che ormai consideriamo scomparse».
Ora il suo lavoro è di supervisione di un gruppo di ricercatori.
«Sì, ho scalato qualche gradino in questi anni. Adesso ho una certa indipendenza, supervisiono e lavoro con ricercatori e studenti da tutto il mondo. Il nostro ambiente è molto competitivo, bisogna pubblicare, cercare fondi, collaborare, insegnare: ci vuole dedizione ma il merito conta parecchio e lo spirito d'iniziativa viene premiato».
Stabilità e ricerca, in Italia, sono parole che non vanno d'accordo. In Inghilterra? 
«Conosco poco la situazione italiana, avendo sempre lavorato qui. Anche qui i contratti a tempo indeterminato sono rari, ma quelli a tempo determinato sono più lunghi e quindi permettono di potersi organizzare meglio la vita».

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