Gli italiani nella crisi accumulano contante

Dall’inizio della crisi «gli italiani hanno accumulato un incremento di cash pari a 114,3 miliardi di euro». Lo osserva il Censis nel 50° Rapporto sulla situazione sociale del Paese, sottolineando che la liquidità aggiuntiva tenuta «sotto il materasso» dal 2007 a oggi equivale all’incirca al «Pil di un Paese intero come l’Ungheria».

La liquidità totale di cui dispongono (818,4 miliardi di euro al secondo trimestre del 2016) «è pari al valore di una economia che si collocherebbe al quinto posto nella graduatoria del Pil dei Paesi Ue post-Brexit, dopo Germania, Francia, Italia e Spagna».

Quasi 4 italiani su 10 (il 36%) tengono «regolarmente contante in casa, per emergenze o per sentirsi più sicuro» e se avesse risorse aggiuntive «il 34,2% le terrebbe ferme sui conti correnti bancari o nelle cassette di sicurezza, mentre il 18,4% le userebbe per pagare i debiti».

Emerge quindi una «Italia rentier» che si «limita a utilizzare le risorse di cui dispone senza proiezione sul futuro, con il rischio di svendere pezzo a pezzo l’argenteria di famiglia».

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GLI ITALIANI E INTERNET

Gli italiani hanno stretto i cordoni della borsa un po’ su tutto ma non sui dispositivi e i media digitali connessi in rete e nel 2016 l’utenza del web in Italia è arrivata al 73,7%, dato che nel caso degli Under 30 sale addirittura al 95,9%. Il 64,8% degli italiani oggi usa uno smartphone (89,4% dei giovani) per comunicare, il 61,3% utilizza la messaggistica di WhatsApp (89,4% dei giovani), il 56,2% è su Facebook (89,3%) e il 46,8% guarda Youtube, percentuale che sale al 73,9% tra i 14-29enni.
Twitter viene invece usato solo dall’11,2% degli italiani, ma dal 24% degli under 30.
Secondo il rapporto del Censis, Internet viene usato dagli italiani principalmente per informarsi, guardare film o partite di calcio, prenotare viaggi e vacanze, acquistare beni, per svolgere operazioni bancarie online e per entrare in contatto con le amministrazioni pubbliche.

GLI ITALIANI E L’AUTO

L’automobile continua a ricoprire un ruolo centrale nelle scelte di mobilità degli italiani: si usa nel 60,8% degli spostamenti quotidiani, con un aumento nell’ultimo decennio del 2,1%. Però si riducono le emissioni: quelle di CO2 sono passate dai 144,3 grammi per km delle auto immatricolate nel 2008 ai 114,8 gr/km di quelle immatricolate nel 2015.

LA FIDUCIA DEGLI ITALIANI

I partiti politici sono al penultimo posto nella graduatoria dei soggetti in cui gli italiani hanno più fiducia: al di sotto si collocano solo le banche. E va anche detto che, fatto salvo il volontariato, si registra una dèbacle per tutti i soggetti intermedi tradizionali. A rafforzare il quadro, ben l’89,4% degli italiani ha un’opinione negativa sui politici a fronte di un misero 4,1% di positivi. È quanto emerge da un sondaggio del Censis contenuto nel Rapporto 2016.
Nella graduatoria dei soggetti in cui gli italiani hanno più fiducia il primo posto va alle forze dell’ordine (48%), seguite dalle associazioni di volontariato (42,5%), dalle imprese agricole (19,8%), dalla Chiesa (16,7%). Le istituzioni locali riscuotono la maggiore fiducia dal 9,1% dei cittadini, i sindacati dal 6,6%, i partiti dall’1,6% e le banche dall’1,5%.
Da notare che tra i giovani (18-34 anni) a riscuotere maggiore fiducia è il volontariato, mentre dai 35 anni in su le forze dell’ordine sono al primo posto. Nei partiti e nei sindacati, è la fascia di età intermedia (35-64 anni) a nutrire meno fiducia.

GLI ITALIANI E LA CASTA

Il corpo sociale si sente «rancorosamente» vittima di un sistema di casta, il mondo politico si arrocca sulla necessità di un rilancio dell’etica e della moralità pubblica, le istituzioni non riescono più a «fare cerniera» tra dinamica politica e dinamica sociale e vanno quindi verso un progressivo rinserramento.

GLI ITALIANI E LA UE

In Italia non hanno preso quota forti ondate di populismo neonazionalista, come accaduto in altri Paesi, tuttavia un’increspatura nella «fede» europeista è percepibile, visto che l’uscita dall’Unione trova contrario il 67% degli italiani ma favorevole un sostanzioso 22,6% e un 10,4% di indecisi. Più o meno quanto emergeva nel Regno Unito dai sondaggi prima del referendum che poi ha portato alla Brexit.
Percentuale ancora più alta quella di chi è favorevole al ritorno alla lira (28,7%) contro il 61,3% di contrari e un 10% di indecisi. E saliamo ancora se consideriamo chi è favorevole alla rottura del patto di Schengen e alla chiusura delle frontiere italiane (30,6%) che vede contrario il 60,4% e indeciso il 9%.

GLI ITALIANI E LA TV

Nel 2016 la televisione continua ad avere un pubblico sostanzialmente coincidente con la totalità della popolazione (il 97,5% degli italiani).
I telespettatori complessivi aumentano ancora (+0,8% nell’ultimo anno), soprattutto quelli della tv digitale terrestre (+1,5%) e satellitare (+1%), mentre gli utenti delle diverse forme di tv via internet (la web tv attraverso il pc e la smart tv) si attestano al 24,4% e quelli della mobile tv all’11,2% (erano solo l’1% nel 2007). La crescita cumulata per la tv via internet nel periodo 2007-2016 è pari a +14,4 punti percentuali di utenza. Tengono anche gli ascolti della radio, con una utenza complessiva pari all’83,9% degli italiani.

GLI ITALIANI E I GIORNALI

I quotidiani cartacei, invece, perdono lettori, ridotti al 40,5% degli italiani (-1,4% nell’ultimo anno, -26,5% complessivamente nel periodo 2007-2016), mentre continua ad aumentare l’utenza dei quotidiani online (+1,9% nell’ultimo anno) e degli altri siti web di informazione (+1,3%). Mantengono i propri lettori i settimanali (+1,7%) e i mensili (+3,9%), ma non i libri cartacei (-4,3% nell’ultimo anno, con una quota di lettori diminuiti al 47,1% degli italiani), ancora non compensati dai lettori di e-book (che aumentano dell’1,1% nell’ultimo anno, ma si attestano ancora solo al 10% della popolazione).

GLI ITALIANI SENZA FIGLI

Senza stranieri è rischio declino per l’Italia. Nell’ultimo anno, rileva il rapporto, l’allarme demografico ha raggiunto il suo apice: diminuisce la popolazione (nel 2015 le nascite sono state 485.780, il minimo storico dall’Unità d’Italia a oggi), la fecondità si è ridotta a 1,35 figli per donna, gli anziani rappresentano il 22% della popolazione e i minori il 16,5%. Senza giovani nè bambini, il nostro viene percepito come un Paese senza futuro. Lo testimonia anche il boom delle cancellazioni dall’anagrafe di italiani trasferitisi all’estero, che nel 2015 sono stati 102.259: una cifra praticamente raddoppiata negli ultimi quattro anni e che ha avuto una crescita del 15,1% solo nell’ultimo anno. In un Paese in cui la piramide generazionale si è rovesciata, nota il Censis, gli stranieri rappresentano un importante serbatoio di energie.
Dal 2001 a oggi la popolazione è aumentata del 6,5%, raggiungendo gli attuali 60.666.000 abitanti: ma questa crescita è stata tutta determinata dalla componente straniera, che è quasi triplicata negli ultimi quindici anni (+274,7%).
«Immaginare un’Italia senza stranieri - osserva il rapporto - vorrebbe dire pensare a un Paese con oltre 2,5 milioni di minori e under 35 in meno».

GLI ITALIANI ALL’ESTERO

Poco più del 20% degli italiani all’estero pensa al rientro «come un possibile esito futuro, anche a breve», mentre il 31,5% è certo di non voler proprio tornare. Il 62,7% considera stabile la propria presenza all’estero e intende continuare a vivere nel Paese di destinazione, il 6,2% è attivato per restare, il 22% non ha ancora progetti precisi.

MILLENNIALS SINGLE

Sempre più temporanee, reversibili, asimmetriche: le relazioni affettive in Italia sono sempre più fluide. Coloro che sono nati tra i primi anni ‘80 e i primi anni 2000 svuotano il senso sociale del matrimonio e radicano modalità innovative di relazionalità. I celibi e le nubili sono ormai l’80,6% dei millennials (erano il 71,4% solo dieci anni fa), mentre i coniugati sono il 19,1% (erano il 28,2%). Tra i celibi e i nubili gli assolutamente single sono il 39,7%, il 3,2% ha in corso più relazioni non impegnative e il 57,1% ha una relazione di coppia stabile pur non convivendo.

BOOM DI STARTUP

Più che triplicate in meno di tre anni le startup innovative. Lo evidenzia il rapporto Censis spiegando che «le startup innovative iscritte alla sezione speciale del Registro delle imprese» sono passate «dalle 1.486 del 2013 alle 6.323 della fine di settembre 2016».
Nel primo semestre del 2015, si legge nel Rapporto, le imprese cessate sono state meno dell’1% del totale. Le grandi città catalizzano il 37% delle startup innovative, quasi il 50% degli incubatori e oltre il 20% dei fablab nazionali. Milano e Roma sono in testa, seguono Torino, Napoli, Bologna e Firenze.

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