Il negozio bio: cibo da scegliere con il palato, la testa, il cuore

«La sfida è far mangiare meglio le persone, rendendole più consapevoli delle proprie scelte alimentari». Oltre alle parole, i fatti. Le parole sono di Carlotta Mattedi e Nicola Fattibene. I fatti sono il loro negozio «Convivia», che da martedì si è trasferito in viale dei Tigli. Un trasloco di poche decine di metri (prima era in viale delle Robinie), ma significativo per due motivi: il primo è che l’attività commerciale sta andando bene, considerato che i nuovi locali sono più del doppio più grandi del precedente, il secondo è che due giovani. preparati, laureati, appassionati, stanno realizzando il loro sogno, ma senza adagiarsi sugli allori, anzi con la voglia di migliorare, crescere e realizzare tante idee nel cassetto.

«Ci siamo conosciuti all’università, alla facoltà di scienze gastronomiche di Pollenzo, quella di Slow Food. Il nostro negozio lo consideriamo una sorta di esperimento, un mezzo per capire come fare a diffondere la cultura del cibo». Ecco quindi che dietro a ognuno dei 350 prodotti nella loro bottega (la prima in Trentino a ricevere il marchio «ecoacquisti») ci sono un racconto, una filosofia, una spiegazione. Il pane è fatto con lievito madre dal panificio moderno di Isera, molti prodotti vengono presi con gruppi di acquisto solidali, le arance arrivano da terreni confiscati alla ‘ndrangheta, i formaggi da malghe trentine, i confetti da un’azienda pugliese nata nel 1894. I due titolari, lei di Trento classe 1989, lui di San Giovanni Rotondo, dell’88, amano, appunto, raccontare e spiegare ai loro clienti.

«Dimenticate l’effetto MasterChef, ovvero spesa in dispensa in tre minuti e cucinare un piatto in venti. Noi coinvolgiamo i nostri clienti, parlando di stagionalità, biodiversità, biologia, anche cucina. Aiutiamo a scegliere e soprattutto a capire il perché della scelta di quella pasta, quel sugo, quella birra, quell’ortaggio». Dal loro negozio non si esce con decine sacchetti colmi di spesa, ma con prodotti di alta qualità. E anche di alto prezzo, li provochiamo? «Su alcune cose è possibile risparmiare: lo sfuso, ad esempio, abbatte molto i costi. Poi, è vero, su certi alimenti c’è una sorta di “gap” rispetto al supermercato: noi siamo convinti che quella differenza possa essere colmata dal gusto, dalla salubrità, dall’etica, dalla cultura».

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