Storia dello scoiattolino neonato, e di come l'hanno salvato con i biberon di latte: da ieri è libero nel bosco

di Gigi Zoppello

Una storia a lieto fine: quella di uno scoiattolino neonato che rischiava di morire, e che è stato salvato da un Forestale e poi dalle amorevoli cure dei volontari della Lipu, nel Centro Recupero della Fauna Selvatica a San Rocco di Villazzano. E ieri è tornato nel bosco, libero e pronto ad una sua vita silvana.

Tutto ha inizio il 29 settembre scorso, quando un Forestale della stazione di Pozza di Fassa che sta sorvegliando dei lavori boschivi ai Pecei di Alba di Canazei, si accorge che da un albero tagliato è precipitato un piccolo di scoiattolo. Il piccolo era probabilmente in un nido, in una cavità del tronco, e la mamma è fuggita spaventata dalle motoseghe in azione.
L’agente lo recupera, lo mette al riparo, e interpella il Centro della Lipu di Trento: un tempo si occupavano solo di avifauna, oggi accolgono anche i mammiferi, esclusi gli ungulati e ovviamente i plantigradi.

«Quando ci è stato affidato, era veramente piccolissimo; alla prima verifica, pesava 60 grammi, e abbiamo pensato che fosse una situazione molto critica - raccontano le volontarie che lo hanno poi accudito - dato che è abbastanza difficile trovare un piccolo appena nato a fine settembre. Di solito le covate sono a primavera, e c’è tutta l’estate per crescere e svezzarsi».
Lui, invece, era di una covata tardiva. E rischiava di non farcela. «Quest’estate - raccontano al Centro di San Rocco - abbiamo avuto in custodia altri tre scoiattoli, ma la presenza di un neonato alle soglie dell’autunno è un fatto anomalo».

Come si cura un piccolo scoiattolo? «Per prima cosa va valutata l’età: se ha già i denti, e se riesce a tenere gli occhi aperti. In base a questi elementi, si valuta come agire. In questo caso eravamo di fronte a un piccolo che aveva ancora bisogno di allattamento. E quindi abbiamo iniziato a farlo abituare al latte vaccino e alla siringa come biberon. Ci ha messo tre giorni, ma poi ha iniziato a poppare...» raccontano. Con una premessa: «Prima ancora, però, abbiamo dovuto scaldarlo bene: era in ipotermia, aveva sofferto il freddo, mangiare in quelle condizioni lo avrebbe ucciso, perché non sarebbe riuscito a digerire».
E poi il problema delle poppate: «In natura mamma scoiattolo allatta ogni 3 o 4 ore per tutte le 24 ore, giorno e notte. E’ stato un grosso impegno per tutti noi volontari, anche di notte».

Piano piano, con il passare dei giorni, il nostro scoiattolino si è però ripreso bene. «Gli sono spuntati i primi dentini, e da lì abbiamo iniziato a svezzarlo introducendo il cibo solido. Prima pezzetti di mela, poi pinoli, noci e nocciole sbucciate, e infine con il guscio».

Per abituarlo alla natura, hanno costruito una grande gabbia circolare, che è alloggiata intorno a un albero: «La si può aprire di sopra, così pian piano lo scoiattolo si abitua a salire sul tronco, e fino in cima. In questi giorni è uscito dalla gabbia, è salito su un paio di volte, e ieri se n’è andato, saltando su un altro albero e poi nel bosco».
Lo scoiattolino ce l’ha fatta, e speriamo che passi l’inverno.

«Abbiamo fatto di tutto - dicono le volontarie Lipu - come sempre, per non intaccarne l’istinto selvatico. Quindi niente coccole, niente confidenze con gli umani, e custodia sempre all’aperto. In modo che sia in grado poi di arrangiarsi e di alimentarsi da solo».
Niente coccole e niente confidenze... e come l’avete chiamato? «Anche questo fa parte del protocollo: niente nomi, proprio per non “umanizzare” il selvatico».

Quindi non possiamo chiamarlo né Cip né Ciop... sappiamo solo che è un maschietto («ma non è stato facile definirlo» dicono alla Lipu) e che ora dovrà affrontare l’inverno. Che per gli scoiattoli è un periodo di letargo intermittente.

«Un po’ come gli orsi, e diversamente ad esempio da pipistrelli e ricci, gli scoiattoli non dormono tutto il tempo, ma riposano. Può capitare che in giornate particolarmente tiepide si risveglino, escano in cerca di cibo, per poi tornare nella tana».

Ce la farà? «Non lo sappiamo. Noi abbiamo fatto di tutto, ora tocca a lui» dicono al Centro Recupero. E noi facciamo tutti il tifo per lui.

 

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