A Rovereto il primo orto urbano per produrre la seta

Il «là» all'operazione agro-turistico-economica è arrivato con l'abbattimento degli alberi e la preparazione del terreno

di Nicola Guarnieri

Per rilanciare l'asfittica economia si è deciso di tornare al passato. Puntando sulla seta che, nel Settecento, ha proiettato Rovereto e la Vallagarina nel firmamento europeo - determinandone la crescita urbanistica, culturale e ovviamente di ricchezza valutaria - e che poi è stata sacrificata sull'altare della modernità nel secondo Dopoguerra. Lasciando sul territorio, chiaramente, «souvenir» abbandonati a lungo come i filatoi Colle Masotti e Bettini, quello di Piazzo e palazzi storici realizzati proprio nell'epoca d'oro della valle.
Da tempo si ragiona per recuperare opifici e argomento (rogge comprese) a scopo turistico.

Ma gli studi di settore hanno aperto una breccia alla voce produzione. Ed ecco che palazzo Pretorio ha deciso di riprendere la seta in chiave di prodotto da coltivare e realizzare e, ovviamente, creare nuovi posti di lavoro. Tant'è che tra Rovereto, Villa Lagarina, Ala, Comunità della Vallagarina e Provincia è stato sottoscritto un protocollo d'intesa che, di fatto, fa nascere il Distretto della seta del Basso Trentino. Con l'obiettivo di reintrodurre il gelso e relativa bachicoltura e pure le fabbriche del tessuto. Lo scopo è infilarsi nel nuovo mercato del filato, soprattutto nel settore del lusso, moda e gioielleria in primis ma anche medicina.

Il primo a partire sarà proprio Rovereto che ha individuato un campo pubblico per l'esordio della gelsi-bachicoltura. Si tratta dall'orto San Marco (la ex proprietà Salvaterra in via Pasqui, davanti al cimitero), quello acquisito dopo un lunghissimo contenzioso per ampliare il camposanto che nel frattempo è diventato autosufficiente. Lì si coltiverà la seta e l'impresa sarà privata.

Il Comune, alcuni mesi fa, ha infatti varato un bando per affittare l'intero spazio che se l'è aggiudicato la società agricola Lagarina di Villa che lo lavorerà per almeno nove anni. La volontà di palazzo Pretorio, come detto, è realizzare un distretto culturale ed economico della seta, volto a valorizzare un patrimonio fondamentale della città non solo in termini turistici ma anche tramite la sperimentazione e la ricerca per sviluppare processi produttivi innovativi con riferimento alla meccatronica, alla robotica e pure all'economia circolare, tutto, ovviamente, incentrato sulla produzione della seta. La finalità è quella di reintrodurre la gelsi-bachicoltura secondo un approccio sistemico, con impatto sugli studi legati al cambiamento climatico, alla salvaguardia dell'ambiente, alla sostenibilità sociale ed economica dell'impresa locale, mirando a diventare un «best case» da esportare sul restante territorio comunale e della Vallagarina, recuperando i terreni abbandonati ed incolti per integrare la tradizionale attività agricola con iniziative complementari di alta qualità ed ecosostenibili.

In via Pasqui, dunque, tornerà la seta e, contestualmente, saranno organizzate ricerca e studio, attività didattica e formativa con scuole, famiglie e gruppi, incentrate sul tema del baco ma anche sull'agricoltura sostenibile e sulla coltivazione dell'orto. Insomma, quello che ha portato ricchezza nel Settecento si confida possa farlo anche nel terzo millennio. Il «là» all'operazione agro-turistico-economica è arrivato con l'abbattimento degli alberi e la preparazione del terreno.

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