La tempesta Vaia un anno dopo: voci e ricordi

di Patrizia Niccolini

Dalla tempesta alla rinascita. Ad un anno da Vaia, che nella notte tra il 28 e il 29 ottobre 2018 ha modificato il paesaggio delle Dolomiti sfigurando quasi 20 mila ettari di boschi solo in Trentino, Legno Trentino e Camera di Commercio promuovono “La notte di Vaia”, percorso rievocativo articolato in vari contributi - un filmato di Andrea Selva con le testimonianze dei Vigili del Fuoco, le fotografie di Giulia Corradini, i prodotti realizzati con il legno degli alberi schiantati che hanno il marchio “Filiera solidale” di Pefc Italia, organizzazione internazionale che gestisce il sistema di certificazione forestale, i progetti di recupero delle aree boschive e una sezione dedicata all’abete rosso di risonanza - che sarà inaugurato giovedì 17 ottobre alle 18 a palazzo Roccabruna, in via S.Trinità 24 a Trento, dove rimarrà fino al 9 novembre.

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La mostra, presentata ieri pomeriggio nella sede dell’Associazione Artigiani del Trentino, è solo uno dei tanti tasselli del ricco e variegato programma di “A…come legno”, manifestazione progettata dall’Associazione in collaborazione con Camera di Commercio e Provincia autonoma di Trento che, come ha illustrato il presidente Marco Segatta, raccoglie l’eredità della Triennale internazionale del legno, rinnovandola. L’obiettivo dell’evento è non solo fare il punto sull’attività di ripristino del bosco, risorsa strategica dell’economia trentina, ma far conoscere il mondo del legno in tutte le sue sfaccettature e avvicinare ai mestieri che vi ruotano intorno gli studenti, a cui l’iniziativa dedica particolare attenzione con l’orientamento offerto dalle scuole professionali, momento il cui valore è stato ribadito dall’assessore Failoni.

PERCHÉ LA TEMPESTA SI CHIAMA VAIA

Ospitata in tendostrutture estese su oltre 5000 mq e altrettanti dedicati alle attività all’aperto, in via di San Vincenzo, a Trento Sud, di fronte all’aeroporto, l’appuntamento, dedicato a “Foreste, rinascita e trasformazione”, parte venerdì 18 ottobre alle 10 e fino a domenica 20 si susseguiranno laboratori, dimostrazioni live, convegni e seminari nel Wood Forum mentre i più piccoli potranno giocare nella Tana delle marmotte. Tra i vari momenti, un incontro dedicato a legnotrentino.it, il portale-strumento per la valorizzazione della filiera foresta-legno, una tavola rotonda per capire il futuro delle aziende dopo Vaia mentre Francesco Dellagiacoma (vicepresidente Pefc) e Tiziano Delpero (Filiera solidale Pefc) offriranno il quadro della situazione del legname schiantato. Domenica 20 alle 10.30 vi sarà anche la cerimonia di ringraziamento ai Vigili del Fuoco volontari, ai quali verrà donata un’opera d’arte appositamente realizzata, e un incontro con i protagonisti di “Undercut”, la popolare trasmissione in onda su D-Max. Infine, al legno di risonanza proveniente dalla foresta di Paneveggio è dedicato il Concerto per violino e arpe che l’azienda E.Ciresa di Tesero propone sabato 26 ottobre, alle 20.30, alla Sala della Filarmonica di Trento per ricordare l’impegno nel progetto che ha permesso di salvare “il legno di Stradivari” recuperando oltre 2400 tronchi di risonanza.


 

LA TEMPESTA: UN ANNO DOPO

Il giorno prima si sperava che l’allerta meteo fosse esagerata. Poi la pioggia che non mollava la presa. Il vento, sempre più impressionante. Fino a una notte e un giorno di paura. Frane, esondazioni furiose, un vento da uragano, fino a duecento chilometri orari. Il rumore inquietante della natura che si ribella e fa paura. Il 29 ottobre sulle Dolomiti si scatena la tempesta Vaia. Si abbatte violentemente su diverse vallate del Trentino, travolge drammaticamente quasi tutto il Bellunese e travolge aree dell’Alto Adige. Un evento atmosferico inaudito che l’Adige in questi giorni ricorderà con una serie di pagine fino al 29 ottobre.

La forza del vento che ha sradicato intere foreste, ora faticosamente teatro di lavori di recupero. Le reti elettriche e telefoniche fuori uso in molte zone. Le strade sepolte dai detriti o crollate a valle. Le case scoperchiate. Intere borgate travolte dal fango. Sentieri cancellati dagli smottamenti o sepolti sotto tonnellate di alberi abbattuti. Una tragedia che ha spezzato anche vite umane. Le vittime sarebbero state di più, se i servizi meteo e le autorità non avessero lanciato l’allarme. Un disastro inizialmente sottovalutato dai media nazionali, più concentrati sull’acqua alta a Venezia e sugli yacht danneggiati a Portofino. Ma nel frattempo in montagna si tremava.

«Quando la natura fa sul serio ci si sente umanamente impotenti. La casa diventa un vascello in balia della tempesta. Risuona, rimbomba, si cominciano a sentir vibrare anche i pavimenti», ha scritto in un toccante racconto della tempesta Vaia l’editore e musicista Franco Del Moro, che ha vissuto quelle ore di terrore nella sua abitazione di Rivamonte Agordino, vicino al confine orientale del Trentino. Quasi un ammonimento doloroso dei rischi del cambiamento climatico. Il giorno dopo, in molte valli il paesaggio era irriconoscibile. Interi versanti di bosco rasi al suolo.

Si è compreso subito che nulla sarebbe più ritornato come prima. Che Vaia aveva segnato uno spartiacque. Che il lavoro per tornare a un’idea di normalità sarebbe stato lungo e costoso. E che nella psicologia delle genti di montagna quella ferita sarebbe stata difficile da guarire rapidamente, malgrado la laboriosità e il grande impegno per cominciare fin da subito a riparare i danni materiali.

La macchina degli interventi di ripristino si è messa in moto velocemente. In diversi casi la sistemazione delle principali vie di comunicazione, dei boschi, dei sentieri è già stata completata nei mesi scorsi. In qualche altro caso permangono ritardi e criticità: il recupero del legname degli schianti si aggira sul 20% del totale stimato in circa 3 milioni e 600 mila metri cubi.

La stima dei danni: in Trentino la Provincia indica quasi 23 milioni per le perdite subite dai privati e 25 milioni solo per i boschi. Comunque sia, gli interventi previsti ammontano a 360 milioni (260 arrivano da Roma, 15 da Bruxelles), 80 dei quali per azioni di somma urgenza. Ma c’è dell’altro, accanto alla drammatica questione delle devastazioni subite dai territori. C’è lo spettro dell’uragano ci interroga sul nostro rapporto con il resto della natura, sulla fragilità della montagna e di chi ci vive, sulla necessità di adeguare i nostri comportamenti, sul ruolo degli abitanti delle terre alte come custodi della biodiversità, sentinelle e apripista di modelli di nuova sostenibilità innun’epoca in cui tutte le società occidentali sono chiamate a una rapida transizione ecologica.

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