«Non andiamo in montagna per paura di incontrare l'orso»

La lettera di Guido Petri

Sull'Adige.it e sul giornale cartaceo continua a tenere banco l'argomento orso. Moltissimi gli interventi. C'è chi scrive per dire che a causa del timore di incontrarlo non andrà più nei boschi. È il caso di Guido Petri. La sua lettera: 

«Per cinque mesi all'annno assieme a mia moglie Susanna e all'amica Rita ci dedichiamo allo sci. Quando i prati ritornano verdi la montagna non è più teatro di improbabili traiettorie del «Trio Primavera», ma delle nostre scarpinate sì. Anzi, lo era. Premetto che non portiamo con noi i bambini, cestini della merenda, apparecchi fotografici o altro che possa urtare la suscettibilità dell'orso e dei suoi piccoli per i quali non proviamo alcuna attrazione ed interesse. Il dilemma che ci crea una controversia triangolare è il seguente: nel caso di un incontro ravvicinato con il plantigrado dovremmo, come sostiene mia moglie, agitare le braccia e fare baccano, come suggerisce Rita rimanere immobili per far credere all'orso di essere morti o come penso io (pensionato col cuore di fanciullo) agitare la campanella?

Preghiamo i responsabili ed i sostenitori del progetto Life Ursus di verificare personalmente quale sia l'opzione più valida e farci sapere. L'astensione che ci auguriamo temporanea da ogni attività nei luoghi sopracitati, ad alcuni potrà apparire drastica ma, come diceva mia nonna della Val di Fiemme: "L'è mejo aver paura che ciaparle!"»

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