Crisi di governo, e adesso? Per il premier la tentazione di andare in Aula e fare i conti; oppure trattativa per un "Conte ter"

Renzi fa mancare il suo appoggio al governo, e rituira le due ministre di Italia dei Valori (IV) dall’esecutivo, ma ora cosa farà Conte? La tentazione dello showdown in Aula.
Di raccontare al Paese l’azione del governo e la «contro-azione» di Italia Viva. Di uscire anche di scena, «ma a testa alta».

Giuseppe Conte, alle prese con la sua seconda crisi di governo in poco più di due anni, potrebbe adottare una linea non dissimile rispetto a quando fu Matteo Salvini a staccare la spina. La partita, questa volta, è però ancora più complicata.

Matteo Renzi non ha chiuso tutte le porte al capo del governo ed è, tradizionalmente, un abile giocatore di poker, tanto che si ipotizza perfino un appoggio esterno di Iv al premier. Ma chi ha dimestichezza con «l’Avvocato del Popolo» si dice convinto che la linea della fiducia, tra Conte e il leader di Iv, si è ormai usurata.

Di fatto, il capo del governo è a un bivio. Per evitare lo showdown parlamentare e la sfiducia in Aula potrebbe rimettere il mandato e aprire ufficialmente un tavolo di maggioranza, come chiesto da Renzi, per dar vita eventualmente ad un Conte-ter. Ma se il premier non si fidava, figurarsi dopo una conferenza stampa che il leader di Iv ha improntato contro di lui e che ha tenuto dopo aver avuto zero contatti con Palazzi Chigi. E Conte non molla. Per ora non sale al Quirinale e si prende 24 ore per decidere come uscire dall’impasse.

Del resto, a far tornare Conte sui suoi passi rispetto alla linea dura sono stati tre fattori: il pressing del Pd a mantenere intatta la maggioranza attuale, i paletti del Colle a un nuovo governo con i Responsabili, l’incerto sostegno di una fetta del M5S, quella più delusa dal governo Conte-bis. Ma ora che Renzi ha aperto di fatto la crisi, le cose cambiano. È, in primis, il fallimento di chi aveva cercato di mediare fino all’ultimo. Non a caso al Nazareno parlare di irritazione sarebbe troppo poco, per un Pd che, ancora in queste ore, guarda alla responsabilità di fronte ad un Paese in crisi e all’effetto domino che l’instabilità politica può avere nelle cancellerie mondiali. Tanto che, sui cellulari dei Dem, girano vorticosamente gli screenshot del racconto della crisi sul Financial Times.

La seconda conseguenza della mossa di Renzi è l’irrigidimento della posizione del premier. E il ritorno della suggestione Responsabili. E in maggioranza già si accenna una conta dei volenterosi: al Senato si parla di 4 «brunettiani» in uscita da FI, ai quali si aggiungerebbero i membri Maie e i tre dell’Udc (dove permangono i dubbi di una parte, tanto che Lorenzo Cesa riunisce per domani la segreteria). Secondo gli ultimi rumors un paio di senatori sarebbero in uscita da Cambiamo! e poi c’è Sandra Lonardo con Clemente Mastella tornato in trincea con l’idea di un nuovo partito: «i responsabili? Sono più di cinque...», prevede. Alla Camera cinque ex M5S nel pomeriggio passano alla componente Centro Democratico del gruppo Misto e, da FI, parallelamente a Palazzo Madama, ci sarebbe più di un addio in direzione maggioranza.

E c’è un dato, inoltre, che non sfugge a Palazzo Chigi: se Conte, da premier in carica quale è tuttora, andasse in Aula a chiedere la verifica della fiducia nei suoi riguardi e quella fiducia la ottenesse, seppur con il sostegno dei «volenterosi», il presidente della Repubblica potrebbe fare ben poco.

Un sostegno che potrebbe andare bene anche al M5S che, in queste ore cruciali, sembra tornare a fare quadrato nella sua interezza attorno al premier. «Si va avanti con Conte», sottolineano i big, da Alfonso Bonafede a Luigi Di Maio. Certo, la via dei responsabili resta un rischio, perché senza i numeri in Aula Conte non avrebbe più la possibilità di tornare a Palazzo Chigi e si aprirebbe, per l’Italia, la possibilità di un governo istituzionale. Con che premier? Qualcuno, nei palazzi romani, fa l’esempio di Romano Prodi, gran tessitore dei rapporti con l’Europa.

La scommessa di Renzi sta, d’altra parte, proprio nella difficoltà di fare un governo con i Responsabili e nell’impossibilità, che l’ex premier ripete a microfoni accesi e spenti, di tornare subito al voto. Per il leader di Iv gli scenari sono quattro: il Conte-ter dopo le dimissioni formali del premier e l’apertura di un tavolo sul programma; un nuovo governo con la medesima maggioranza e un premier che sia del Pd o perfino Luigi Di Maio; un premier istituzionale; un premier sostenuto dal centrodestra con Iv all’opposizione. Di certo, a Renzi, l’apertura «fatta in piazza» da Conte non è bastata.
Frenetici sono stati i contatti tra l’ex premier e Dario Franceschini, che ha provato a mediare fino a pochi minuti prima della conferenza stampa. Fino alla fine, di fatto, del Conte-bis.

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