Il caso di Chico Forti, Fraccaro: «Il Governo proverà ogni strada possibile»

L’intenzione del governo è quella di «non abbandonare nessuna delle strade possibili» e «tenere aperte tutte le tre strade» percorribili: oltre alla grazia, quella della «revisione del processo, più lunga e incerta», e la possibilità di «cercare di far tornare qui Chico Forti anche se da detenuto» così da «avere il nostro connazionale qui e monitorarlo e stargli vicino». Lo ha sottolineato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Riccardo Fraccaro, durante una conferenza indetta dai 5 Stelle alla Camera sulla vicenda del connazionale arrestato negli Usa nel 1998.

Sui tempi, «io potrei anche fare domani la richiesta di grazia, ma vorremmo ottenere il risultato, e quindi va preparata, e significa incontrare le parti, fare un rapporto di confronti bilaterali, preannunciarlo, prepararlo, chiederlo e ottenerlo», ha spiegato il sottosegretario Fraccaro. «Chico ora non ha bisogno di proclami ma di fatti, e noi lavoriamo su questi».

«Ci sono tanti italiani all’estero che hanno problemi con giustizia, sono 2.113 i detenuti italiani all’estero», e «l’Italia ha il dovere di garantire loro giustizia», ha dichiarato il sottosegretario. Sul caso di Forti, «il problema è innanzitutto la tenuta psicologica di Chico, perché dopo 20 anni l’ennesima promessa potrebbe essere la goccia che fa traboccare il vaso. Non dobbiamo illudere nessuno, ma nemmeno far sentire meno la nostra vicinanza».


IL MESSAGGIO DI CHICO - «Indipendentemente dal risultato che otterrai, un grazie a te, Luigi, per esserti preso a cuore la mia situazione». Queste le parole di Enrico Chico Forti, italiano arrestato negli Usa nel 1998 e condannato all’ergastolo nel 2000 da un tribunale della Florida con l’accusa di omicidio premeditato, in un messaggio inviato al ministro degli Esteri Luigi Di Maio in occasione di una conferenza sulla vicenda organizzata dal Movimento 5 Stelle alla Camera.

«Onorevole Di Maio, anzi Luigi, visto che già ti considero un amico, tu hai già diritto di richiedere la commutazione di sentenza perché l’Italia è a credito. Abbiamo rilasciato vari cittadini americani inclusi in Italia con sentenze equiparate alla mia. Richieste esaudite in tempi ristretti (...). Perché io non posso ricevere lo stesso trattamento? Ho passato vent’anni in catene per un delitto che non ho commesso», sottolinea Forti.

«Questo mio è un messaggio di rabbia, così vent’anni mi hanno trasformato», ha prosegue sottolineando che «ciò che voglio è tornare in Italia, vivere il resto della mia vita da libero cittadino. Terminare i miei giorni in una prigione» è una cosa cosa che «non va, perché io non sto chiedendo misericordia».

«Non sono né presuntuoso né ipocrita, ma ciò che chiedo è giustizia. Una giustizia che mi è stata negata spudoratamente dal Paese che si proclama leader dei diritti umani».

«È rincuorante sapere che state collaborando per la mia causa uniti, indipendentemente dalle ideologie politiche», ha dichiarato Forti. «Senza il vostro intervento terminerò i miei giorni in un sacco nero, senza lapide», e «io accetterò la deportazione e il veto a rientrare negli Stati Uniti. Lo accetterò perché non ho altra scelta», ha detto Forti: «Sono agli sgoccioli di una riserva che ritenevo inesauribile. Sono stanco».


IL SUO AVVOCATO: CHIESTO IL TRASFERIMENTO IN ITALIA - Sul caso di Chico Forti «è stata presentata una richiesta di trasferimento» in Italia, «la richiesta è in corso ed è ufficiale. Forti »ha tanta voglia di far vedere che lui è veramente innocente, è molto deciso nel volerlo dimostrare al mondo, ma la cosa più importante in questo momento è che lui torni a casa. Stiamo lavorando con l’ambasciatore italiano e membri del governo degli Stati Uniti e sostenitori di Chico per ottenere il trasferimento e iniziare questo processo. Potremo continuare la battaglia sulla sua innocenza mentre sarà a casa. Questa è la nostra priorità«. Lo ha dichiarato Joe Tacopina, avvocato di Chico Forti, in collegamento telefonico dagli Usa durante una conferenza organizzata dal Movimento 5 Stelle alla Camera sul caso dell’italiano arrestato negli Usa nel 1998 e condannato all’ergastolo nel 2000 da un tribunale della Florida con l’accusa di omicidio premeditato.

L’avvocato ha spiegato che rimangono aperte tutte le strade per risolvere questa vicenda: quella del trasferimento in Italia, quella della commutazione della sentenza e quella grazia. «Questo caso è diventato più politico che legale -, ha sottolineato. -La cosa che può fare il governo italiano è continuare a insistere con forza per ottenere il cambiamento delle persone che hanno l’autorità di liberare Chico Forti, cercando nuove figure che possano dare un nuovo punto di vista e promuovere nuove azioni per liberare una persona innocente che è in carcere da 20 anni».


LO ZIO: MEGLIO LA GRAZIA - Sul caso di Chico Forti, «la grazia, tra le strade percorribili, è quella più realizzabile. Se una commissione diplomatica e politica, incaricata ufficialmente dal governo di andare in Florida dalle autorità che contano, con i nostri documenti e con tutto quello che si può dimostrare sui torti subiti di un processo ingiusto, si potrebbe arrivare in tempi stretti a un accordo per avere una grazia con effetto immediato da parte del governatore della Florida, se a chiederlo è lo Stato italiano». Ne he convinto Gianni Forti, zio di Chico Forti, italiano arrestato negli Usa nel 1998 e condannato all’ergastolo nel 2000 da un tribunale della Florida con l’accusa di omicidio premeditato, intervenuto a una conferenza organizzata dal Movimento 5 Stelle alla Camera sul caso.

Sulla vicenda di Forti, da parte degli Stati Uniti c’è stata «una chiusura incomprensibile per noi», ha dichiarato Gianni Forti. «Abbiamo trovato un muro che ci ha bloccato, anche con l’evidenza delle prove portate alle corti di appello, che ogni volta non venivano considerate e non potevano essere riportate agli appelli successivi. Allora abbiamo deciso di lavorare politicamente», ha aggiunto.
«Se a noi come famiglia non viene data risposta, penso che il governo italiano abbia diritto di avere una risposta», ha sottolineato Gianni Forti.

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