Commissione Ue, non ci sarà la procedura contro l'Italia

La Commissione Ue ha accolto le indicazioni degli sherpa e ha deciso di non raccomandare l’apertura della procedura contro l’Italia. È quanto si apprende da fonti Ue.

«Avevamo posto tre condizioni: dovevamo compensare lo scarto per il 2018, quello del 2019 da 0,3 e ottenere garanzie sul bilancio 2020. Il Governo ha approvato un pacchetto che risponde alle nostre tre condizioni» e quindi «la procedura per debito non è più giustificata» ha detto il commissario agli affari economici Pierre Moscovici.


La Commissione Ue ha ricevuto la lettera sui conti 2020 inviata dal governo. La correzione approvata dal governo italiano, con il decreto «salva-conti» già firmato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, accorcia visibilmente la distanza tra Roma e Bruxelles. Almeno quella sul 2019.
I messaggi arrivati ieri a margine della maratona del vertice europeo sulle nomine sono rassicuranti, e puntano tutti verso una chiusura positiva del dossier durante il Collegio dei commissari previsto per oggi. Resta però il problema dei saldi 2020, su cui l’Italia non ha fornito alcuna rassicurazione.
Bruxelles avrebbe voluto una forte presa di posizione sul calo del debito e sulle misure alternative all’aumento dell’Iva, che però non è arrivata. I commissari cercheranno quindi un modo per far sentire al Governo la pressione sulla prossima manovra, spostando più in là nell’anno il rischio di apertura della procedura per debito eccessivo.

Con il disegno di legge sull’assestamento di bilancio e il decreto correlato, l’Italia ha messo «sul piatto oltre 7 miliardi di euro che ci consentono di dire che siamo in linea con le previsioni del famoso 2,04% di deficit/Pil nel 2019», ha detto il premier Giuseppe Conte. Una cifra che, a quanto si apprende da fonti vicine al dossier, aiuta a correggere la traiettoria dei conti per il 2019, come chiedeva la Commissione.

Anche se, secondo la Ue, il buco era più ampio. Sul 2018 per Bruxelles c’era un gap dagli impegni di 0,4 punti di Pil. Sul 2019 il gap è 0,8 punti. Ai quali va sottratto uno 0,18 di clausole di flessibilità, che lo portano a 0,6. Questo, però, se si considera un «pieno rispetto» delle regole. Se si guarda invece ad un «ampio rispetto» delle regole, il gap si riduce perché bisogna sottrarre uno 0,5 di «bonus» che la Commissione applica per aiutare i Paesi. Quindi il gap diventa 0,1 sul 2019, e 0,5 se si guarda al biennio 2018-19.

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