Dopo il voto la manovra Quaranta miliardi da trovare per flat-tax e Iva congelata

Di qua il risultato elettorale da onorare, ossia lo sforamento delle regole europee promesso dal vicepremier Matteo Salvini.

Di là il Patto di stabilità che sorregge l’euro, e su cui Bruxelles - rassicurata da un voto che complessivamente non ha affatto ribaltato gli equilibri - intende tracciare una linea rossa. È tutto qui lo scontro fra Roma e Bruxelles che caratterizzerà i prossimi mesi. E le cifre, unite ai riflettori accesi dai mercati, fanno intravedere una strada in salita per il governo.

Il Def ha un deficit 2020 fissato al 2,1% del Pil dal 2,4% di quest’anno. Con la legge di bilancio, il governo è davanti a un bivio: far scattare gli aumenti dell’Iva o trovare 23 miliardi di risorse alternative, partendo da tagli di spesa che potrebbero includere gli sgravi fiscali o nuove entrate come la lotta all’evasione.

Il rifinanziamento delle spese indifferibili costerebbe altri 3-4 miliardi che avvicinano il conto ai 27 miliardi. Certo si potrebbero sfruttare gli eventuali risparmi del Fondo per quota 100 e reddito di cittadinanza. Ma almeno un miliardo sarebbe destinato al fondo per la famiglie, come annunciato dal vicepremier Luigi Di Maio, che punta a un decreto ad hoc. E poi c’è la flat tax, che dopo le elezioni europee prende quota e per la quale la Lega puntava a una proposta a un costo di circa 13 miliardi: un intervento che a regime lieviterebbe - come annunciato oggi da Salvini - a 30 miliardi.

La cifra finale delle risorse da trovare per il 2020, per stare dentro gli impegni del Def, parte quindi da 40 miliardi, e potrebbe volare ben oltre i 50 stando alle cifre indicate dal leader della Lega: un macigno con crescita già vicina a zero.

Vista da Bruxelles, a politiche invariate le previsioni d’inizio maggio vedono schizzare il deficit al 3,5% in percentuale del Pil nel 2020, e il debito dal 133,7% quest’anno e al 135,2% il prossimo. Una bomba ad orologeria con lo spread a un passo da 300 e le agenzie di rating che hanno già acceso i riflettori.

Passato il voto delle europee, il commissario agli Affari Economici Pierre Moscovici ha subito ripreso in mano il dossier evocando «misure aggiuntive».

Assieme alle raccomandazioni specifiche per ciascun paese, per l’Italia è in arrivo il rapporto 126.3 sul debito pubblico: l’anno scorso Bruxelles aveva chiesto a Roma un miglioramento del deficit strutturale di 0,9 punti di Pil nel biennio 2018-2019, che si ridurrebbe a 0,4 sottraendo la massima deviazione consentita (0,5%).

Tuttavia le stime Ue calcolano un peggioramento di 0,3 punti. Ne deriva un “buco” di 0,7, ovvero oltre 11 miliardi di euro.

Le previsioni della Commissione, solo per il 2019, individuano un peggioramento strutturale pari a 0,2 (circa 3,5 mld), che doveva essere invece pari a zero in base agli accordi di dicembre con cui l’Italia aveva evitato una procedura per debito.

Cifre che verranno ricalcolate nel rapporto in arrivo a Roma, magari mitigate da flessibilità e fattori eccezionali. Ma che danno la misura della distanza fra Roma e Bruxelles, con sullo sfondo il rischio di una procedura per violazione delle regole sul debito che potrebbe costare il congelamento di 3,5 miliardi e l’imbrigliamento del bilancio per anni.

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