Intercettazioni, carcere per video e audio rubati

Il disegno di legge per la riforma del processo penale arriverà in Aula alla Camera lunedì, dopo aver ricevuto ieri l'ok della Commissione Giustizia. Con il disegno di legge si delega il governo a scrivere la nuova legge sulle intercettazioni, ma è un emendamento sulla diffusione di video e audio «rubati» che provoca il terremoto a Montecitorio. Con i 5 Stelle che salgono sulle barricate e lo stesso Guardasigilli Orlando che si dice perplesso sugli effetti che produrrebbe e frena: «Non è l'orientamento del governo prevedere la galera per i giornalisti».

L'emendamento, già riformulato dal governo, prevede infatti il carcere fino a 4 anni per chi diffonda, «al fine di recare danno alla reputazione o all'immagine altrui, riprese o registrazioni di conversazioni svolte in sua presenza e fraudolentemente effettuate». È una «norma bavaglio» attacca il M5s che di prima mattina «occupa» la Commissione con decine di deputati che protestano per cercare di bloccare i lavori e rallentarne l'approvazione. Tra urla e proteste dei pentastellati la Commissione alla fine vota, mentre i gruppi calendarizzano il provvedimento in Aula già per lunedì per la discussione generale. Solo ad approvazione definitiva del provvedimento, che arriverà al Senato in autunno, il governo potrà esercitare la delega e scrivere le regole per disciplinare l'uso delle intercettazioni da parte dei magistrati in tutti i provvedimenti (arresti, sequestri, perquisizioni) e soprattutto pianificare la pubblicabilità delle intercettazioni. Ma sulla norma già ribattezzata «anti-Iene» è invece possibile un dietrofront.

«Questo è un emendamento che dovremmo valutare nell'impatto complessivo, perché in generale sono contrario alle sanzioni che prevedono il carcere per veicolazione di informazioni», annuncia Andrea Orlando sottolineando che la norma punta a «colpire chi carpisce informazioni in via fraudolenta». Tuttavia, «non è l'orientamento del governo prevedere la galera per i giornalisti: c'è ancora il bicameralismo, vedremo il testo finale», precisa il ministro.
A difendere la norma, che rischia di avere riflessi su inchieste e denunce giornalistiche come quelle condotte da Report, le Iene o addirittura Striscia la Notizia, ci pensa la relatrice Dem del provvedimento, Donatella Ferranti. L'emendamento a firma del deputato Alessandro Pagano di Area Popolare (Ncd-Udc) e approvato nella notte di giovedì, «non vuole mettere alcun bavaglio alla stampa». La ratio di queste norme, continua la presidente della commissione, «è la tutela dei privati» e comunque, «come relatore sono disponibile a riflettere su piccoli aggiustamenti che possano servire a chiarire» la norma. L'autore dell'emendamento, Pagano, difende anch'egli la norma: «È il risultato di un confronto positivo tra le diverse forze di maggioranza su un tema che dieci anni fa era un tabù».


"Chiunque diffonda, al fine di recare danno alla reputazione o all'immagine altrui, riprese o registrazioni di conversazioni svolte in sua presenza e fraudolentemente effettuate, è punito con la reclusione da 6 mesi a 4 anni". Lo prevede l'emendamento Pagano approvato questa notte in Commissione Giustizia che precisa: "la punibilità è esclusa quando le riprese costituiscono prova nell'ambito di un procedimento dinnanzi all'autorità giudiziaria" o utilizzate nell' esercizio del "diritto di difesa". 

Sarà presentato un emendamento per escludere i "professionisti" dalle norme che puniscono con il carcere le registrazioni 'rubate', annuncia David Ermini, responsabile Giustizia del Pd, intervenendo sul rischio che le norme sulle intercettazioni possano bloccare anche trasmissioni come Report, le Iene o Striscia la Notizia.

Orlando: "Riserve su emendamento Ap" - "Ho riserve di carattere generale, sulle sanzioni, ho delle perplessità, delle riserve e c'è una riflessione da fare": lo dice il ministro della Giustizia Andrea Orlando sull'emendamento di Ap al DDL Penale che prevede l'introduzione del carcere per chi diffonde le conversazioni svolte di nascosto. "Questo è un emendamento che dovremmo valutare nell'impatto complessivo, perché in generale sono contrario alle sanzioni che prevedono il carcere per veicolazione di informazioni - sottolinea Orlando, intervistato da Ilfattoquotidiano.it. - Va specificato che si va a colpire chi carpisce informazioni in via fraudolenta". "Non è l'orientamento del governo prevedere la galera per i giornalisti, c'è ancora il bicameralismo, vedremo il testo finale", aggiunge il ministro. Sono inchieste e denunce giornalistiche come quelle che conduce Report, le Iene o addirittura Striscia la Notizia quelle che potrebbero essere messe in pericolo dalla norma sulle intercettazioni approvata questa notte in Commissione Giustizia della Camera nell'ambito dell'esame del ddl sulla riforma del processo penale. L'emendamento a firma del deputato Alessandro Pagano di Area Popolare (Ncd-Udc) prevede infatti la reclusione fino a 4 anni per chi effettua registrazioni o riprese con telecamere o registratori nascosti e le "diffonda, al fine di recare danno alla reputazione o all'immagine altrui".

M5s protesta, bagarre in Commissione - E' bagarre in Commissione giustizia dove questa mattina sono ripresi i lavori sulla riforma del processo con le proteste del M5s. I 5 Stelle hanno dapprima costretto la Commissione a trasferire i lavori nella sala del Mappamondo per fare posto ad una quarantina di deputati del Movimento che non fanno parte della Commissione: tra loro Di Battista, Sibilia, De Rosa, Ruocco, Nuti, Fraccaro. Gli stessi, tra urla e invettive, hanno contestato la conduzione dei lavori della Presidente Donatella Ferrante. I 5 Stelle accusano maggioranza e governo di aver approvato un emendamento "porcata a danno della libera informazione" sulle intercettazioni (fino a 4 per riprese o registrazioni di conversazioni fraudolentemente effettuate) e contestano la conduzione dei lavori dopo che viene bocciato l'emendamento teso a cancellarlo. Il vicepresidente della Commissione, il M5s Alfonso Bonafede chiede di parlare, la Ferranti mette in votazione l'emendamento ("non c'è alcun colpo di mano"), i 5 Stelle che assistono alla seduta reagiscono: "vergogna", "questa conduzione è indecente". Chiedono di ripetere il voto, poi una verifica ma la Ferranti è ferma: "la seduta è chiusa". "Se Berlusconi voleva mettere il bavaglio alla stampa, Renzi va ben oltre:questa è un'epurazione di massa". Lo dice il vicepresidente M5s della Commissione Giustizia della Camera, Alfonso Bonafede, prendendo la parola in Commissione sul ddl di riforma del processo penale. I 5 Stelle contestano l'emendamento approvato questa notte che prevede il carcere fino a 4 anni per diffonde registrazioni effettuate in modo fraudolento "al fine di recare danno alla reputazione o l'immagine altrui". Questa legge, dice, "è una porcata". "Il motivo per cui oggi siamo qui in Commissione in tanti è proprio per evitare che questa porcata rimanga nel chiuso delle pareti di questa Commissione" afferma ancora Bonafede che accusa il governo di "violare la Costituzione un giorno sì e l'altro pure". "Ci dice che siamo paranoici. Ma paranoica è questa volontà del Pd di massacrare il nostro ordinamento appellandosi a fantomatici abusi di intercettazione! Ma dove sono questi abusi!". Per il deputato 5 Stelle "non sarebbe un caso se questa stretta sulle intercettazione arriva dopo i casi Incalza e dopo Mafia Capitale. Con è un caso è la conseguenza di questi scandali".

Ferranti, no bavagli, disposti a ritocchi  - "La ratio di queste norme è la tutela dei privati, nessuno vuole mettere il bavaglio ai giornalisti". Lo dice in conferenza stampa, Donatella Ferranti (Pd) che sarà relatrice del ddl sulla riforma del processo penale in Aula. "Come relatore sono disponibile a riflettere su piccoli aggiustamenti che possano servire a chiarire" la norma, dice ancora Ferranti. La riformulazione dell'emendamento Pagano che punisce chi diffonde registrazioni effettuate di nascosto recando "danno alla reputazione o all'immagine altrui", aggiunge la relatrice "era depositata da 20 giorni e nessuno aveva fino ad ora espresso dubbi". In sostanza, precisano anche i colleghi Pd in Commissione, Walter Verini e David Ermini, "questa norma tocca i privati, non i giornalisti". D'altra parte, continua invece Ferranti, "sarebbe un peccato che su 30 articoli la chiave di lettura della riforma si debba ridurre a questo comma". Si tratta invece di "un provvedimento complesso che rappresenta la cornice della riforma strutturale della giustizia in cui si riformano norme del diritto penale, processuale e penitenziario a cui si vanno ad agganciare i provvedimenti approvati negli ultimi 2 anni". Ferranti ha quindi stigmatizzato il comportamento dei deputati 5 Stelle in Commissione: "hanno tenuto un atteggiamento fuori contesto e ingiustificato rispetto al contenuto di questo provvedimento. E' spiacevole vedere che tutto un lavoro volto nato per garantire tempi ragionevoli dei processi e valorizzare il lavoro investigativo, tutelando allo stesso tempo quelle che risultano le parti offese, si riduca ad un tentativo di mettere il bavaglio ai giornalisti".

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