Stop ai vitalizi, legge di iniziativa popolare con le Acli

di Domenico Sartori

L'obiettivo è ambizioso: raccogliere in sei mesi decine di migliaia di firme. Del resto, solo una grande spinta popolare potrà far marciare, con qualche risultato concreto, l'iniziativa in materia di indennità e vitalizi. Le Acli Trentine l'avevano annunciata ad inizio agosto: una legge di iniziativa popolare «per ridimensionare la questione dei vitalizi e riportare nei giusti binari il tema del trattamento economico dei consiglieri regionali». La proposta di legge è pronta. Il presidente Fausto Gardumi la illustrerà nei prossimi giorni al consiglio provinciale del movimento aclista. Nel frattempo, viene messa a punto la macchina organizzativa che, in Trentino, coinvolgerà, nei diversi circoli sul territorio, i 12.500 associati. La capillare raccolta delle firme sarà avviata in gennaio, e la speranza è quella di avere l'appoggio convinto, anche operativo, del KVW, le Acli in lingua tedesca dell'Alto Adige).

La premessa politica, a scanso di equivoci, è indicata nel numero di novembre del mensile «Acli trentine»: «Non è un atto di ritorsione contro i politici e la politica: le Acli sono per la proposta, non per la protesta. Certo è che quello dei vitalizi è e rimane un vero e proprio scandalo, non dai risvolti penali sia chiaro, ma morali ed etici sì».
Compensi ridotti.
Prima di tutto, la proposta di legge, redatta con l'ausilio di consulenti per renderla inattaccabile sotto il profilo giuridico, interviene sulla retribuzione del consigliere regionale. Per riportare la politica entro i confini di un «servizio al cittadino», all'insegna dell'equità, è prevista una riduzione (considerata «sensibile») dell'indennità mensile di funzione a 8.500 euro lordi, ai quali si aggiunge un rimborso spese di 900 euro connesso all'esercizio del mandato. Per il presidente della Giunta regionale, si prevede una riduzione dell'indennità di funzione di 1.500 euro lordi al mese, di 800 per gli assessori. Invece, per il presidente del Consiglio regionale (solo per questa carica) il compenso è previsto in 1.200 euro mensili.
La «pensione» dei consiglieri.

Per il trattamento previdenziale, il principio è semplice: chi fa politica nelle istituzioni non può beneficiare di trattamenti di favore rispetto agli altri cittadini e ai lavoratori. Niente vitalizi, dunque. La proposta, per i futuri consiglieri, si sdoppia: a chi è lavoratore dipendente (pubblico o privato) viene garantito il solo trattamento previdenziale già in essere presso i rispettivi datori di lavoro; per chi è libero professionista o non svolge un lavoro è prevista una contribuzione volontaria, per costruirsi una previdenza complementare, pari all'8,8% dell'indennità, e una contribuzione a carico del Consiglio regionale (il 24,2% della indennità): contribuzioni analoghe a quelle dei lavoratori dipendenti. E l'incarico, cioè il servizio, dovrà essere esclusivo: attività politica ed istituzionale a tempo pieno, senza eccezioni.
Soluzione transitoria.

Problematica è la questione dei consiglieri che hanno già versato contributi o che comunque già godono di una pensione-vitalizio. La proposta aclista è la seguente: non è necessario né giusto che ricevano un'ulteriore pensione. «Però non possiamo togliere loro i contributi che hanno versato: si badi, quelli che hanno versato loro, non quelli versati dal Consiglio regionale. Questi contributi sono loro restituiti, sempre che non abbiano ricevuto somme superiori, com'è probabile sia accaduto». Gli altri consiglieri, non lavoratori dipendenti, «mantengono il regime precedente, ma il loro assegno non può superare il tetto dei 3.500 euro lordi mensili».

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