Francia, cortei contro la legge "bavaglio" sui video di poliziotti in azione La sinistra «Chiara deriva autoritaria»

Giornalisti, associazioni per i diritti umani, gilet gialli, diverse migliaia di presone hanno manifestato oggi in diverse città della Francia contro il progetto di legge appena votato dal Parlamento che reprime, fra l’altro, la diffusione di immagini che mostrano agenti delle forze dell’ordine in azione durante manifestazioni.

Per i contestatori, riuniti a Parigi al Trocadero, si tratta di un’attentato alla «libertà d’espressione» e allo «stato di diritto».

Al termine del corteo parigino, si è registrato qualche tafferuglio con la polizia. In tutta la Francia le manifestazioni sono state una ventina, al grido di «abbassate le vostre armi, noi abbasseremo i nostri cellulari».

Il parlamento ha votato ieri sera una legge sulla «sicurezza globale» che contiene un passaggio che limita la liberta dei media: un punto fin dall’inizio molto contestato, l’articolo 24, che regola la diffusione di immagini sulle quali appaiono poliziotti o gendarmi.

Secondo l’opposizione di sinistra e altre forze di minoranze, la legge calpesta i diritti fondamentali garantiti dall’impianto repubblicano.

«Siamo di fronte a una chiara deriva autoritaria. Il governo ultraliberista di Macron ci presenta uno scenario di compressione delle libertà di manifestazione che ricorda quanto accadeva nella Gran Bretagna ai tempi della Thatcher», ha detto oggi a France.info la deputata della France insoumise Clémentine Autain.

«In Francia abbiamo un problema riguardante le relazioni fra la popolazione e le forze dell’ordine. Ricordo i tempi recenti delle manifestazioni dei gilet gialli, con immagini pesanti di violenze della polizia, violenze che a quanto pare sono rimaste ogni volta impunite.

Questa nuova legge comprime le libertà civili e di stampa con il pretesto di proteggere la vita privata degli agenti di polizia, ma questa è già tutelata da altre norme già esistenti», ha sottolineato la parlamentare di sinistra.



Contestate anche le parti che prevedono l’utilizzo di droni da parte della forza pubblica durante i cortei e il riconoscimento facciale tramite le telecamere di sorveglianza. In sede di approvazione finale, all’articolo 24 è stata aggiunta la precisazione che le nuove regole«non possono ostacolare il diritto di informare» da parte dei giornalisti e che le immagini delle forze dell’ordine possono essere punite solo se l’intenzione di chi le pubblica è «manifestamente quella di nuocere» agli agenti.

Forti polemiche in questi giorni sono apparse sulla stampa dopo le parole del ministro dell’interno, Gérald Darmanin, figura della destra conservatrice alleata con Macron, secondo il quale i giornalisti devono avvertire le autorità prima di recarsi a seguire per la loro testata una manifestazione. Investito dalle proteste, lo stesso Darmanin poche ore dopo ha fatto marcia indietro, affermando che non stava parlando di «un obbligo».

La dichiarazione di Darmanin, uomo politico ideologicamente ostile ai movimenti popolari, ha contribuito ad esarcerbare gli animi in una situazione già molto tesa fra il governo e diverse organizzazioni di giornalisti, che denunciano la proposta di legge sulla «sicurezza globale».

La legge limita, in particolare, la diffusione di immagini di poliziotti in servizio, una disposizione che la maggioranza dei media ritiene un possibile ostacolo al diritto di informazione.

In diverse città francesi, migliaia di manifestanti hanno protestato negli ultimi giorni contro questa che viene definita «legge liberticida».

A Parigi, una trentina di persone sono state fermate dopo una manifestazione nei pressi dell’Assemblée Nationale. Un giornalista della tv pubblica France 3, che filmava questi fermi operati dalla polizia, ha trascorso 12 ore in stato di fermo.



Interrogato su questo caso, Darmanin ha affermato che i giornalisti «devono contattare le autorità» prima delle manifestazioni che si recano a seguire, così da poter fare «il loro lavoro protetti dalle forze dell’ordine».
Parole che hanno fatto infuriare le associazioni di giornalisti, con molti che hanno utilizzato Twitter per rivolgersi direttamente al ministro facendogli notare che le manifestazioni di piazza non possono essere subordinate ad alcun «accredito».

La nuova legge sulla cosiddetta «sicurezza globale» prevede misure destinate a rispondere alle proteste dei sindacati di polizia, che lamentano minacce e aggressioni in aumento. Oggetto di disputa particolarmente accesa, la disposizione che prevede una pena di un anno di carcere e 45.000 euro di ammenda per la diffusione di «immagini del volto o altro elemento di identificazione» di un poliziotto o di un gendarme durante un intervento, quando ciò punta a «mettere in pericolo la sua integrità fisica o psicologica».

Le associazioni di giornalisti denunciano una misura che verrà applicata non soltanto ai media ma anche a qualsiasi cittadino che riprenderà un’operazione di polizia.

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