Le nomine dei vertici Ue Stallo per ora al summit

«Più cauto che ottimista».

L’umore del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, che ieri aveva parlato di «cauto ottimismo» per la partita delle nomine dei posti chiave europei, si è incupito già qualche ora prima dell’inizio del vertice con i 28 capi di Stato e di governo. A raffreddare gli entusiasmi è stato l’incontro con la cancelliera tedesca Angela Merkel ed il presidente francese Emmanuel Macron che, a quasi un mese dalle elezioni europee, e nonostante le intense trattative, non hanno allentato di un centimetro la morsa del loro braccio di ferro.

Merkel, col Ppe, è tornata a fare quadrato sul candidato di punta Manfred Weber, rivendicando ancora una volta la presidenza della Commissione europea per il bavarese. «Non è accettabile una proposta del Consiglio» sul nome del prossimo presidente della Commissione «che sia poi respinta dagli eurodeputati», ha avvertito la cancelliera, che nonostante i corteggiamenti di vari leader ha categoricamente escluso l’idea di lasciare Berlino per prendere la guida di un’istituzione Ue.

Macron - col sostegno di Liberali e Socialisti - ha ribadito, dal canto suo, un sonoro no all’opzione Weber, avvertendo: «Bisogna lavorare col Parlamento europeo per trovare la squadra migliore per l’Unione, con uomini e donne che abbiano competenze, credibilità e siano figure forti».
Mentre Giuseppe Conte, che a Bruxelles si gioca anche la partita per evitare l’apertura della procedura di infrazione per debito eccessivo, ha indicato quale candidato ideale dell’Italia per la presidenza della Commissione Ue chi è pronto «a cambiare le regole» europee. Comunque, ha chiosato il presidente dell’Eurocamera Antonio Tajani, «le posizioni sono ancora troppo lontane per trovare una soluzione a breve. Forse servirà un vertice straordinario».

I negoziati vanno avanti ad oltranza, trascinandosi nel cuore della notte, e forse anche a domani, dopo l’Eurosummit e l’incontro a 27 sulla Brexit. L’unico punto fermo, al momento, è che il sudoku dovrà essere completato in tempo per l’elezione del nuovo presidente del Parlamento europeo, il 2 luglio.
In molti ritengono che la cancelliera potrebbe mollare la presa su Weber se si trovasse un’intesa per assegnare il top job dell’Eurotower a Jens Weidmann. Tra i suoi avversari: i finlandesi Olli Rehn e Erkki Liikanen, ma soprattutto il governatore della Banca di Francia, Francois Villeroy de Galhau.

Le principali caselle da riempire sono cinque, oltre alla presidenza della Commissione e della Bce, anche quella del Parlamento, del Consiglio e dell’Alto rappresentante. Tutti i nomi circolati nelle ultime settimane restano sul tavolo, compreso quello dello Spitzenkandidat socialista, l’olandese Frans Timmermans, che ha ammesso di continuare a sperare. Tra le altre possibilità: la liberale danese commissario alla Concorrenza Margrethe Vestager; il capo negoziatore della Ue per la Brexit, il popolare francese Michel Barnier; la popolare bulgara a capo della Banca mondiale Kristalina Georgieva; i premier liberali del Benelux Charles Michel, Xavier Bettel, e Mark Rutte, ma anche l’ex premier belga liberale Guy Verhofstadt; l’ex presidente lituana Dalia Grybauskaite (indipendente ma vicina al Ppe); l’ex premier danese Lars Lokke Rasmussen (Liberale); il ministro degli Esteri spagnolo, il socialista Josep Borrell; il primo ministro portoghese socialista Antonio Costa, quello croato Andrej Plenkovic e la presidente croata Kolinda Grabar Kitarovic, entrambi Ppe, oltre alla francese Cristine Lagarde e vari altri ancora.

Guardando poi ai numeri, sia la coalizione dei Socialisti e Liberali da un lato che il Ppe dall’altro hanno la forza per bloccarsi a vicenda. Per questo la via più costruttiva sarà quella di provare a mettere insieme pacchetti che rispondano ai criteri geografici e di genere (Tusk vorrebbe due donne per i top job) ed accontentino le varie famiglie politiche. Ma comunque vada, sarà battaglia.

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