Notre Dame in fiamme: le voci dei trentini a Parigi

«Sembra una cosa inverosimile. All’inizio eravamo tutti increduli». Sono le parole di Giulia Hueller, di Marter di Roncegno (nella foto), che da cinque anni vive a Parigi, nella zona di Montmartre e si occupa di studi di marketing: «E un dolore per tutta la città», dice.

Lunedì pomeriggio sono state le immagini arrivate sul gruppo whatsapp dei colleghi a metterla di fronte ad un quadro che sembrava impossibile: la cattedrale in fiamme. «Non ci potevo credere, ma la cosa che mi è piaciuta è che, nessuno, ha pensato ad un attentato. Ecco, se il primo sentimento è stato quello di pensare che fosse impossibile, il successivo è stato di collegare subito l’accaduto al cantiere».

Anche Giulia, come migliaia di parigini, è andata a vedere la cattedrale. Un passaggio veloce, per non intralciare i mezzi dei pompieri. Il giorno dopo, a Parigi, il pensiero va già alla ricostruzione. E i pareri sono diversi, anche dopo  le offerte dei big del lusso. «Sono stati recepiti anche in modo critico - osserva - A proposito dei beni della chiesa, molti si sono chiesti se non dovesse essere il Vaticano a pagare. Ma la chiesa è dello Stato. E poi si sono sentite tante teorie complottiste su Macron». Resta, al di là del dibattito, il dolore per la distruzione di un luogo simbolo: «C’è il dispiacere nel vedere un patrimonio andato in fumo. Una cattedrale resistita alla Rivoluzione francese, a due Guerre mondiali, all’incuria del tempo, che viene distrutta durante il restauro. C’erano molte persone in lacrime».

Dolore e incredulità anche nelle parole del ricercatore Giacomo Gilmozzi: «Oggi a Parigi ci si spia negli occhi, e con compassione reciproca diciamo silenziosamente “Lo so. Ma non ci credo ancora”», scrive su Facebook. Giacomo si definisce un parigino adottato.

«Ed è per questo - aggiunge - che il discorso di Macron non è stato all’altezza dell’accaduto. Notre Dame era (e speriamo sarà di nuovo) molto di più di un tempio religioso, di un simbolo cattolico o francese. Era il simbolo di questa città - molto più della Tour Eiffel - per tutti coloro che vivono Parigi (non importa se per un giorno, una settimana o un anno). Era il simbolo della cultura citata sempre meno nei discorsi pubblici e di cui tanto avremmo bisogno per far fronte alla possibile minaccia fascio-populista. Notre Dame era - e tornerà un giorno ad essere - il cuore di Parigi, e quindi dei suoi abitanti - di qualsiasi religione e nazionalità».

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