Nuova Zelanda, sparatorie in 2 moschee: diversi morti

Una macelleria in diretta streaming su Facebook: 17 minuti di spari e morte, ripresi in soggettiva dal killer come in un videogioco. È questa dimensione digitale, oltre ovviamente al massacro, l’aspetto che più colpisce nell’attentato a due moschee a Christchurch, in Nuova Zelanda, messo a segno nel giorno della preghiera islamica da un estremista di destra australiano. Quarantanove i fedeli che hanno perso la vita, 48 i feriti, quattro gli arrestati. Tra loro l’attentatore, domani già atteso davanti a un giudice. Sono i numeri di una strage 2.0, in cui all’orrore del sangue si unisce quello della sua visione in rete in tempo reale.

Una storia nera che su internet ha vissuto anche la sua gestazione: su un forum online, Brenton Tarrant - il terrorista di 28 anni che ha aperto il fuoco - aveva annunciato in anticipo, già da mesi, il suo progetto omicida. Ci lavorava da due anni. Sul web aveva pubblicato il suo personale manifesto ideologico, 74 pagine in cui si mescolano teorie sulla «sostituzione etnica» da parte islamica e tirate contro gli «invasori», inni al fascismo, a Trump, alla Cina e alla sua «fonte d’ispirazione»: Anders Behring Breivik, il terrorista islamofobo norvegese che nel luglio 2011 uccise 77 persone a Oslo e sull’isola di Utoya.
Ma nel pantheon personale di Tarrant c’è anche l’italiano Luca Traini, l’estremista di destra autore dell’attacco dell’anno scorso contro i migranti a Macerata. E ci sono gli eroi storici delle guerre contro i musulmani, da Poitiers a Lepanto: il re franco Carlo Martello, il doge Sebastiano Venier, l’ammiraglio veneziano Marco Antonio Bragadin scuoiato vivo dai musulmani. Tutti nomi scritti con il pennarello bianco sui due mitra imbracciati dall’uomo per la sua carneficina.

Le armi appaiono in primo piano nel video girato da Tarrant con una telecamera fissata sull’elmetto militare: immagini che sembrano quelle di un videogame sparatutto stile ‘Doom’ o ‘Call of Duty’. Solo che sullo schermo non ci sono bit e computer grafica ma uomini privati della loro vita in diretta. La maggior parte delle morti si compie in meno di tre minuti, nella prima moschea di Hagley Park: 41 i corpi inanimati lasciati sul terreno. Altri sette saranno abbattuti in una seconda moschea, a Linwood, e una vittima morirà in ospedale, dove i medici si affannano per operare i 48 feriti, molti dei quali gravissimi.
Tante le storie che si intrecciano in questa vicenda, nelle testimonianze dei sopravvissuti. C’è chi si è salvato lanciandosi attraverso una finestra, chi si è nascosto sotto una panca. E poi c’è un eroe di cui ancora non si conosce il nome: un giovane fedele che a mani nude è riuscito a disarmare l’attentatore, poi arrestato dalla polizia insieme a tre presunti complici, due uomini e una donna.
Dopo la violenza, è arrivato anche il momento del cordoglio e della condanna, parole che come avviene in questi casi si somigliano sempre un pò: dal Papa a Trump, dalle comunità ebraiche ai leader politici - tra loro anche Mattarella e Conte - un coro unanime di dolore. Per la premier neozelandese Jacinda Ardern è «uno dei giorni più bui della nostra storia».

I Paesi e le istituzioni musulmane, come il presidente turco Erdogan e la moschea sunnita di Al-Azhar, puntano il dito soprattutto contro «l’islamofobia crescente». A Istanbul ci sono state anche manifestazioni in piazza, con centinaia di persone, per denunciare il presunto livore anti-islamico.
«Pure in Italia e nell’Ue c’è chi incita all’odio, anche esponenti delle istituzioni», denuncia l’Ucoii, l’Unione delle comunità islamiche italiane. Parole cui sembra rispondere il ministro dell’Interno Matteo Salvini quando - oltre a condannare la «bestialità» dell’attacco a Christchurch - sottolinea che a suo parere «l’unico estremismo che merita di essere attenzionato è quello islamico».

 

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