Il presidente dell’Ungheria: «Tutti i profughi su un’isola»

Secondo Orban andrebbero rastrellati sotto la minaccia delle armi in tutto il continente e deportati

Dopo il filo spinato al confine serbo e il referendum contro la redistribuzione europea dei profughi, nuovo affondo di Viktor Orban sulla questione dei migranti: secondo il premier ungherese, andrebbero rastrellati sotto la minaccia delle armi in tutto il continente e deportati in qualche «isola» o sulla costa del Nord Africa.

Campi profughi che potrebbero lasciare per entrare in Europa solo quando si sia già trovato il Paese disposto ad accoglierli. La proposta, inserita in quella che lui chiama «Schengen 2.0», è stata formulata da Orban in un’intervista a un giornale online, Origo: «Raccogliere tutti gli immigrati clandestini arrivati nell’Ue e deportarli su un’isola o da qualche parte in Nord Africa, sotto sorveglianza armata», ha detto il premier.

L’operazione dovrebbe essere finanziata dall’Ue, «nel proprio interesse», ha sostenuto Orban, che ha fatto propria una soluzione già applicata dall’Australia in due isole della Micronesia e di Papua Nuova Guinea, e già proposta dalla co-leader dei populisti tedeschi dell’Afd, Frauke Petry.

Orban del resto è impegnato personalmente, con interviste e comizi, nella campagna per il referendum che si terrà il 2 ottobre per imprimere un suggello democratico alla contrarietà dell’esecutivo di Budapest a qualsiasi distribuzione di migranti in ambito europeo.

L’Ue, se potesse, imporrebbe l’insediamento obbligatorio dei migranti ed ogni comune ungherese ne sarebbe toccato, sostiene il premier con un chiaro intento di seminare inquietudine nell’elettorato e guadagnarlo al «no» nel referendum di 2 ottobre: l’unica arma, come dice Orban, contro «l’insediamento obbligatorio di cittadini non ungheresi in Ungheria, anche senza il consenso del parlamento», come recita il quesito referendario.

«Decideremo della sorte delle generazioni future nel nostro Paese», ha detto il premier nell’intervista all’Origo. «Non vorrei che la cultura e religione nel mio Paese cambiasse in conseguenza di un’immigrazione di massa», ha affermato augurandosi una vittoria del candidato presidenziale americano Donald Trump, «capace di difendere la sovranità contro gli immigrati».

Un compito che il premier ungherese ritiene di avere concretamente assolto facendo erigere dall’anno scorso una rete metallica lungo il confine meridionale con la Serbia per respingere i migranti in arrivo dai Balcani.

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