Vince la Brexit: la Gran Bretagna è fuori dalla Ue Panico sui mercati: la sterlina crolla ai minimi

Il giorno dopo il sì del popolo britannico all'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea, i cinque ministri degli esteri dei Paesi fondatori si incontrano a Berlino per stabilire le prossime mosse. 

«Quello tra l'Ue e il Regno Unito non sarà un divorzio consensuale - dice Jean-Claude Juncker - ma non è stata neppure una grande storia d'amore». Per Angela Merkel è il governo britannico che deve fornire informazioni su come intende procedere nel processo di uscita dall'Ue. «Le trattative non possono durare in eterno ma tocca alla Gran Bretagna muovere i suoi passi. Immagino - ha detto la Cancelliera - che anche la Gran Bretagna voglia mettere in pratica le decisioni del referendum. Non mi bloccherei sulla questione dei tempi brevi. L'importante è che fino a che l'accordo di uscita non viene definito, la Gran Bretagna resta membro a pieno titolo dell'Ue con tutti i diritti e i doveri. Di questo ho parlato con il premier David Cameron».

[[{"type":"media","view_mode":"media_original","fid":"1427576","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"940","width":"1310"}}]]

Il ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier,  ha dichiarato con che «nessuno ci ruberà la nostra Europa. Il lavoro e la crescita - ha proseguito - sono due tra le prncipali risposte che l'Europa dovrà dare per evitare una grande crisi dopo la Brexit . Il processo per l'uscita della Gran Bretagna dall'Ue - ha sottolineato - deve essere avviato il più presto possibile, per poterci poi concentrare sul futuro dell'Europa». «I negoziati per la Brexit con la Gran Bretagna - ha detto il ministro degli esteri francese Jean-Marc Ayrault - devono iniziare immediatamente».

Per il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni «una delle risposte che gli europei aspettano per dare una prospettiva al futuro dell'Europa riguarda la capacità di avere politiche comuni sull'immigrazione. L'Italia si aspetta che nel Consiglio Ue della prossima settimana di prendano decisioni rivelanti».

Intanto la petizione per chiedere un nuovo referendum sulla Brexit ha superato i due milioni di firme. Lo si legge sul sito del governo britannico dove sono pubblicate tutte le petizioni che poi vengono sottoposte alla commissione incaricata di valutarle per eventualmente sottoporle al parlamento.  Sul sito petition.parliament.uk le firme aumentano di minuto in minuto. Per dare la propria adesione alla proposta basta cliccare su «sign the petition» e compilare tutti i campi. Naturalmente possono firmare solo i cittadini britannici e i residenti nel Regno Unito. Secondo la mappa pubblicata sul sito, la più alta concentrazione si trova nelle principali città della Gran Bretagna, Londra in testa.

Dal canto suo, la first minister di Edimburgo, Nicola Sturgeon, ha invocato «l'avvio immediato» di negoziati fra l'Ue e la Scozia per «difendere gli interessi» del popolo scozzese, che nel referendum britannico ha votato contro la Brexit a differenza della maggioranza degli elettori del Regno Unito.

Per quanto riguarda l'Italia, Salvini auspica che «torni a controllare i suoi confini, la sua moneta, le sue banche, la sua agricoltura, il suo commercio, la sua pesca, perché essere diretti da altri, da tre massoni, burocrati e finanzieri non ci ha portato a nulla di buono». 


IL COMMENTO DI PAPA FRANCESCO

Il risultato della Brexit ha fatto irruzione anche sulla scena del viaggio di papa Francesco in Armenia. «Io ho saputo l'esito finale qui, sull'aereo, perché quando sono uscito da casa ho visto i giornali e ancora non era definitivo», ha premesso il Pontefice. «È stata la volontà espressa del popolo - ha quindi affermato -, e questo richiede a tutti noi una grande responsabilità per garantire il bene del popolo del Regno Unito e anche il bene e la convivenza di tutto il Continente europeo. Così io spero».

Francesco ha mostrato rispetto per il responso delle urne, ma non ha mancato di richiamare alla «responsabilità», anche per un aspetto che gli sta molto a cuore, qui espresso solo tra le righe: e cioè che gli effetti della Brexit non si riflettano su nuovi disagi e nuove povertà per la popolazione, sia di quella britannica, sia «di tutto il Continente europeo». 


LE REAZIONI DEI POLITICI TRENTINI

«In Europa spira un vento che non mi piace. È il vento del nazionalismo, della chiusura, della paura». Così su Twitter il governatore del Trentino, Ugo Rossi , si esprime dopo il voto in Gran Bretagna, che ha visto vincere i sostenitori dell'uscita dall'Unione europea. Si dice preoccupato per il profilo finanziario dei mercati, «che determinano tensioni e speculazioni, che si riversano anche sulle finanze locali, compresa quella provinciale». 

Gli fa eco Lorenzo Dellai , presidente del gruppo parlamentare «Democrazia Solidale-Centro Democratico» alla Camera: «Le immagini dei sostenitori di Brexit esultanti per il risultato del voto richiamano l'idea di una follia collettiva che sta contaminando l'Europa, altro che la vittoria della gente, come si sente dire. Una follia collettiva che porterà solo disastri politici, sociali ed economici e che nessuna critica alla politica dell'Unione può giustificare». 

Giacomo Bezzi , consigliere provinciale di Forza Italia, commenta così: «Questa Brexit dimostra che l'accordo Degasperi-Gruber non vale più niente. Io, con un'Europa più debole non seulto, ma Rossi rischia di fare la fine di Cameron. Rischia di diventare il becchino dell'autonomia. Deve cambiare: deve fare pèolitiche per il lavoro, per la gente. Non può andare avanti con politiche vecchie e stravecchie. Non è in grado di capire. A fare i ragionieri non si capisce. Questa maggioranza deve farsi da parte, sennò l'autonomia verrà spazzata via».

[[{"type":"media","view_mode":"media_large","fid":"1426541","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"480","width":"313"}}]]

Lorenzo Ossanna , consigliere del Patt, dice che l'esaito del referendum dimostra che c'è un malessere diffuso, comune a buona parte dell'Europa: «È chiaro che ci saranno ripercussioni legate al mondo finanziario. Ci saranno scossoni nel mondo bancario. Dispiace poi la perdita della fiducia di un intero popolo nel progetto europeo».

A nome dei Cinque Stelle parla Cristiano Zanella , che sui social network ieri mattina ha scritto: «I britannici, un popolo che sa cosa vuole dire fierezza e sa tutelare i propri interessi». Dice che il Movimento che a capo a Beppe Grillo non è antieuropeista ma è contro questa Europa «della finanza, delle lobby che non fanno l'interesse dei cittadini». Parla di «svolta storica», come storica «è stata la vittoria dei Cinque Stelle alle amministrative».

«La decisione del popolo britannico di uscire dall'Unione europea ha una portata storica che deve servire per rifondare un'idea di Europa del tutto diversa ridiscutendo i trattati internazionali» Lo afferma in una nota il segretario della Lega nord del Trentino, Maurizio Fugatti . «Nel Regno Unito - aggiunge - il popolo ha votato favorevolmente alla Brexit contro tutto e contro tutti: la gran parte del mondo politico, i mass media, le strutture economiche, i poteri forti e il mondo della finanza. Nonostante questo esercito mediatico di contrari la Brexit ha vinto lo stesso. Vuol dire che la disaffezione del popolo britannico nei confronti di una Europa che si è dimostrata una vera e propria "gabbia di matti" è totale. E non è così solo in Gran Bretagna, ma anche in tanti altri Paesi europei, compresa l'Italia».

«Alla fine ha vinto il "Leave" sul "Remain" e la Gran Bretagna è fuori dall'Unione europea... Ora scopriremo che si può vivere anche fuori dall'Ue» dice il consigliere provinciale trentino Claudio Cia (Agire). «Tra sondaggi farlocchi, opinionisti, catastrofisti, omicidi politici e quant'altro - aggiunge - siamo arrivati ancora a farci dare una lezione di democrazia, come l'ha definita lo stesso presidente David Cameron, ormai dimissionario». 


LA CRONACA DI UNA GIORNATA STORICA

IL PUNTO ALLE 20.50: Una tempesta perfetta, sul Regno Unito e sull’Europa. L’incertezza regna sovrana e montagne di danaro si vaporizzano sui mercati all’indomani del voto con cui la fortezza britannica ha alzato sulla Manica il ponte levatoio e ha annunciato la separazione dall’Ue in nome del popolo.

Sull’isola la bufera investe tutti, salvo la regina. Via il primo ministro, sotto tiro il leader dell’opposizione, in pieno shock la City, in bilico la stessa integrità territoriale del Paese: con Scozia e Irlanda del Nord decise a non seguire la maggioranza inglese nel divorzio da Bruxelles.

[[{"type":"media","view_mode":"media_original","fid":"1425051","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"850","width":"574"}}]]

A dispetto delle affannate rassicurazioni e degli appelli alla responsabilità che riecheggiano dai palazzi della potere di mezzo mondo, l’effetto immediato è stato quello di un colpo da ko. A Londra, David Cameron, travolto dal referendum che egli stesso aveva convocato per un calcolo kamikaze di politica interna, ha annunciato le dimissioni. Resterà in carica giusto tre mesi, da anatra zoppa, in attesa che il Partito Conservatore si dia un nuovo leader: probabilmente l’ex sindaco Boris Johnson, determinante per la vittoria di ieri dei Leave, un istrione fatto apposta - si direbbe - per intendersi con Donald Trump (in visita in un suo hotel di lusso in Scozia proprio oggi e ben disposto verso quella Brexit che invece la sua rivale Hillary Clinton paventa come un macigno).

E intanto sulle piazze borsistiche del pianeta, dall’Asia alle Americhe, è un inseguirsi di cattive notizie. La sterlina va a picco, Wall Street arretra sulla scia dei listini del vecchio continente, dove Milano sprofonda di oltre 12 punti.
Mentre l’indice londinese Ftse limita la perdita a un 2,5%, ma in un clima nervoso e popolato d’incognite. Dalle istituzioni finanziarie le prime indicazioni sono quelle rivolte ai due divorziandi, Ue e Gran Bretagna, affinchè collaborino almeno «per assicurare una transizione morbida verso nuove relazioni economiche», come afferma la numero uno del Fmi, Christine Lagarde.

La priorità del momento è fissare una sorta di road map fra Bruxelles e Londra. La reazione di Ue e Parlamento Europeo è a cavallo fra cautela e irritazione. Strasburgo chiede alla Gran Bretagna di avviare subito il suo iter, senza dilazioni, mentre il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, prova a esorcizzare il timore di un effetto domino dicendosi convinto che non si tratti della fine del progetto europeo e che si andrà avanti in 27. Sulla stessa linea la cancelliera Angela Merkel, che pure non nasconde la ferita provocata dal «taglio netto» dei sudditi di Sua Maestà. Un mix di inviti e moniti s’incrocia anche da parte dei leader globali: dal Papa, a Barack Obama, a Vladimir Putin, che a dar retta al ministro degli Esteri britannico, Philip Hammond, uno dei cameroniani investiti dalla sconfitta referendaria, dovrebbe avere da celebrare per lo strappo imposto dagli euroscettici. Dalla Nato, del resto, arriva l’invito a puntare sul legame atlantico con Londra, visto che quello europeo appare ormai compromesso. O quasi.

Dimettendosi, Cameron - che oggi ha avuto colloqui con vari leader fra cui Matteo Renzi - ha assicurato che «la volontà del popolo sarà rispettata». Ma ne ha affidato l’attuazione al successore. Mentre ha escluso che cambi qualcosa per gli europei che già sono in Gran Bretagna: italiani inclusi, ha fatto eco il ministro Paolo Gentiloni, di fronte alle preoccupazioni di centinaia di migliaia di connazionali d’oltre Manica.
Johnson, candidato numero uno a subentrare al numero 10 di Downing Street, ha a sua volta abbassato i toni: rivendicando la vittoria, dopo aver reso l’onore delle armi all’amico-nemico Cameron, ma osservando che la Gran Bretagna «resta parte dell’Europa, una grande potenza europea», sebbene intenda «districarsi» dal legame con Bruxelles. E comunque descrivendo un percorso da completare «senza fretta» e senza ricorrere per ora a quell’articolo 50 del Trattato di Lisbona che l’Ue, per chiarezza, vorrebbe a questo punto veder invece invocato.

A tenere i toni alti provvedono d’altro canto gli euroscettici storici a cominciare da Nigel Farage, leader dell’Ukip, che esalta «la vittoria della gente comune contro le grandi banche, il grande business e i grandi politici». E contagia d’entusiasmo, in giro per il continente, figure come Marine Le Pen o Matteo Salvini. Mentre dal Labour, alle prese con una faida interna contro il leader anti-austerity Jeremy Corbyn, colpito pure lui in qualche modo dalla sconfitta di Remain, torna a farsi sentire la voce - non troppo popolare, ma mediaticamente influente - di Tony Blair: che azzarda addirittura una sorta di congelamento del risultato referendario. Improbabile, in una Gran Bretagna dove oltre 17 milioni di elettori hanno appena detto «Leave».

AGGIORNAMENTO: Il premier Matteo Renzi è atteso domani sera a Parigi per una cena con il presidente Francois Hollande: è quanto riferiscono fonti dell’Eliseo. «Sarà un incontro informale, amichevole, in cui si affronteranno anche le questioni politiche» legate al Brexit, hanno precisato le fonti presidenziali francesi.

Prime ipotesi sulla tempistica della Brexit:


 

La Brexit cambierà molto anche per chi viaggia a Londra e in Gran Bretagna: ecco cosa ci aspetta

IL PUNTO ALLE 14: La Gran Bretagna ha deciso di uscire, ma l’Unione europea andrà avanti anche a 27. I vertici europei serrano le file dopo la vittoria del Leave al referendum di ieri sulla Brexit con l’obiettivo di evitare lunghi e deleteri periodi di incertezza.

LE REAZIONI IN ITALIA E NEL MONDO

LE REAZIONI IN TRENTINO

«Ci aspettiamo che il governo del Regno Unito dia effetto alla decisione del popolo britannico al più presto possibile, per quanto doloroso potrà essere il processo», hanno affermato il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz e il presidente di turno, il premier olandese Mark Rutte, in una dichiarazione congiunta dopo il vertice di crisi nella sede della Commissione Ue a Bruxelles.

«Siamo dispiaciuti», ma «l’Unione di 27 Stati membri continuerà».
Domani a Berlino si vedranno i ministri degli Esteri dei Paesi fondatori, dove Francia e Germania rinnoveranno il loro asse strategico presentandosi con un documento comune. Lunedì, sempre nella capitale tedesca, sarà la volta dei leader con la cancelliera Angela Merkel, il presidente Francois Hollande, il premier Matteo Renzi e ancora Tusk (che era inizialmente atteso oggi a Roma).

«Ora si volta pagina», ha commentato in una conferenza stampa a Palazzo Chigi il presidente del Consiglio: «Sono qui per dirvi che l’Italia farà la sua parte nel percorso che si apre. Il governo e le istituzioni europee sono nelle condizioni di garantire con ogni mezzo la stabilità finanziaria e la sicurezza dei consumatori», ha aggiunto, mentre Merkel ha posto l’accento sul «taglio netto» per l’Europa, invitando a un’analisi «calma e composta» dell’esito del referendum.

[[{"type":"media","view_mode":"media_original","fid":"1424676","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"866","width":"763"}}]]

L’ambasciata italiana a Londra ha intanto diffuso una nota per rassicurare i connazionali che vivono in Gran Bretagna che «il governo veglierà sul rispetto dei diritti acquisiti dei cittadini italiani tanto nell’immediato quanto nei futuri negoziati per l’uscita del Regno Unito dall’Ue».
Mentre continua il terremoto sui mercati finanziari: le Borse europee hanno segnato il peggior calo dall’ottobre del 2008 e dalle turbolenze del post Lehman. Ma la Bce assicura che «le banche dell’Eurozona sono resilienti in termini di capitale e liquidità» per far fronte alla Brexit.

A Londra si consuma il dramma delle dimissioni per il premier David Cameron, comunicate ora anche alla Regina dopo l’annuncio davanti al portone di Downing Street, e delle mozioni di sfiducia per il leader dei laburisti, Jeremy Corbyn, mentre l’ex sindaco di Londra, tra i principali promotori del Leave, Boris Johnson, viene fischiato davanti a casa sua. «Sono dispiaciuto per le dimissioni di David Cameron», dirà poco dopo.
In Scozia, dove ha prevalso il Remain, torna «sul tavolo» l’opzione del referendum per l’indipendenza. Lo ha detto il premier scozzese e leader degli indipendentisti dell’Snp, Nicola Sturgeon, riservandosi «passi» per ora imprecisati a tutela dell’appartenenza all’Ue dopo il voto per la Brexit.

Al contrario nel resto d’Europa l’esito del referendum ha galvanizzato gli euroscettici che vorrebbero seguire l’esempio dei britannici. A partire dal Front National di Marine Le Pen che, in vista delle elezioni presidenziali nella primavera del 2017, ha annunciato «un referendum entro sei mesi» in caso di vittoria nella corsa all’Eliseo. Mentre il leader della Lega Matteo Salvini ha annunciato la raccolta di firme per una proposta di legge che permetta agli italiani di esprimersi sui trattati europei.

Dagli Stati Uniti arriva un primo commento dell’ amministrazione Obama con il vicepresidente Joe Biden che ha ammesso: «Avrei preferito un risultato diverso, ma rispetto pienamente la decisione presa». Il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, ha derubricato la questione come «un affare interno» alla Gran Bretagna.

In volo verso l’Armenia anche il papa è stato interpellato in merito dai giornalisti: «È stata la volontà espressa dal popolo. Questo richiede a tutti noi una grande responsabilità per garantire il bene del popolo del Regno Unito e anche il bene e la convivenza di tutto il continente europeo», è stato il commento di Francesco.

AGGIORNAMENTO: Lunedì è previsto un vertice a Berlino con la cancelliera tedesca Angela Merkel, il premier Matteo Renzi e il presidente francese Francois Hollande.


 

IL PUNTO ALLE 11.40: I cittadini britannici hanno deciso: il Regno Unito è fuori dall’Unione europea. Dopo una notte di incertezza sui risultati, il «Leave» ha vinto il referendum con il 51,9% dei voti, scatenando una valanga di reazioni politiche e finanziarie in tutto il mondo.

Il premier David Cameron, promotore della consultazione e del «Remain», ha annunciato in mattinata le sue dimissioni, assicurando che la volontà del popolo verrà rispettata ma che sarà un nuovo leader a guidare i negoziati con l’Ue necessari a sancire il divorzio tra Londra e Bruxelles.

[[{"type":"media","view_mode":"media_original","fid":"1425046","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"845","width":"723"}}]]

Canta vittoria invece il leader del partito anti-Ue Ukip, Nigel Farage, principale sostenitore del «Leave», che ha inneggiato all’ ‘Independence Day’ e che, sin dalle prime ore del mattino e ancora prima dei dati ufficiali, chiedeva le dimissioni del premier. Ed esultano insieme a lui i leader dei partiti euroscettici di mezza Europa, da Marine Le Pen del Front National a Geert Wilders dell’olandese Pvv che invocano simili referendum per l’uscita della Francia e dell’Olanda. «Ora tocca a noi», twitta anche il leader della Lega Matteo Salvini.

Il Remain ha vinto a Londra, Irlanda del Nord e Scozia, dove non è escluso che il governo indipendentista convochi un nuovo referendum per staccarsi da Londra e riabbracciare l’Ue.
L’esito del voto britannico ha subito scatenato l’inferno nei mercati finanziari con il crollo delle Borse, da New York a Tokyo. A picco quelle europee: l’indice Euro Stoxx cede il 9,1%, con crolli che vanno dal -11,7% di Milano all’8,9% di Parigi, passando per il 7,2% di Francoforte e l’11,5% di Madrid. Londra perde il 5,1% tra sospensioni a raffica. Scaricate le banche greche, con Eurobank Ergasi e Alpha Bank in calo del 30%.

E ad agitarsi sono soprattutto le cancellerie europee. «Una giornata molto triste per l’Europa», è il commento più diffuso tra i leader di un’Europa sotto shock, che in queste ore pensa a come rilanciare il progetto comunitario. «Non ci sarà un vuoto legislativo», ha assicurato il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk, che ha convocato un vertice informale a 27, a margine di quello già previsto a 28 per martedì prossimo.
Già oggi a Lussemburgo si vedranno i ministri degli Esteri Ue, mentre lo stesso Tusk è atteso a Roma, poi a Berlino e Parigi. I leader di Italia, Francia e Germania, Matteo Renzi, Francois Hollande e Angela Merkel, si sono già consultati in una frenetica girandola di telefonate e Berlino ospiterà domani una riunione dei sei Paesi fondatori.

Intanto in ogni singola capitale i governi convocano riunioni di crisi per valutare le prossime mosse. A Palazzo Chigi Renzi ha visto, tra gli altri, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco.
«Dobbiamo cambiarla per renderla più umana e più giusta. Ma l’Europa è la nostra casa, è il nostro futuro», ha twittato il presidente del Consiglio. Il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha auspicato che, nonostante l’aspettativa di un esito diverso del referendum, «ora bisogna dare seguito» alla decisione degli elettori britannici, con l’attivazione dell’art.
50 del Trattato di Lisbona per l’addio della Gran Bretagna.
L’incertezza è proprio quello che si vuole evitare.

Guardano al Vecchio continente anche dal resto del pianeta.
«Auspichiamo che ora Gran Bretagna e Unione Europea possano trovare una base negoziale. Un’Europa stabile è nell’interesse di tutti», è il primo commento che arriva da Pechino. Dagli Usa la Casa Bianca fa sapere che il presidente

Barack Obama è stato informato sul risultato, mentre il candidato repubblicano Donald Trump, appena sbarcato in Scozia per inaugurare il suo Golf club, ha salutato il voto come una «grande notizia»: «I britannici si sono ripresi il loro Paese».

AGGIORNAMENTO: Un primo vertice dei paesi fondatori dell’Ue. Domani a Berlino si riuniranno i ministri degli Esteri di Germania, Italia, Francia, Belgio, Olanda e Lussemburgo.

AGGIORNAMENTO: «Penso che il Paese abbia bisogno di un nuovo leader». Lo ha detto il premier britannico David Cameron, spiegando che il nuovo primo ministro sarà eletto «in ottobre». «Il popolo britannico ha votato per uscire dall’Europa e la volontà del popolo britannico sarà rispettata». Ha assicurato che sarà ancora primo ministro per i prossimi tre mesi.

Cameron parteciperà al Consiglio europeo della prossima settimana a Bruxelles. Lo ha annunciato lui stesso.

CHE COSA SUCCEDE ORA? LA SCHEDA

«L’Europa dovrà adesso rimanere unita, insieme dobbiamo tirare fuori il meglio dalla decisione dei nostri amici britannici». Lo ha detto il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble questa mattina a Berlino, commentando la vittoria della Brexit. «Rispettiamo il risultato - ha aggiunto Schaeuble - anche se mi ero augurato un altro esito».
Il ministro ha poi detto di essere costantemente in contatto con i colleghi del G7 e che il procedimento per l’uscita dall’Ue è regolato in maniera chiara e verrà utilizzato: «Questo crea affidabilità», ha concluso.


Vince la Brexit al referendum: è la stima della Bbc quando mancano ormai poche decine di circoscrizioni ancora da scrutinare e il Leave è al 52%, con quasi un milione di voti di vantaggio. Con questo voto, la Gran Bretagna si prepara ad uscire dall'Unione Europea. Ed è il panico sui mercati finanziari con la sterlina ai minimi dall'1985 sul dollaro. Crolla l'Asia mentre si annuncia una giornata dura per le borse europee.

 "Questa è la vittoria che significa un nuovo giorno dell'indipendenza per il nostro Paese. E' l'alba di un Regno Unito indipendente". Lo ha detto il leader euroscettico dell'Ukip Nigel Farage, dando per scontata una vittoria del Leave. "E' arrivato il momento di liberarci da Bruxelles", ha aggiunto. Il partito laburista sta lavorando sul presupposto che al referendum sulla Brexit vincerà il 'Leave'. Lo ha spiegato una fonte del partito, come riferisce il Guardian. In caso di uscita del Regno Unito dall'Ue, Jeremy Corbyn dovrebbe chiedere al premier David Cameron di dimettersi, ma ai piani alti del Labour si ritiene che sarebbe inutile, perché lo stesso Cameron potrebbe annunciare le sue dimissioni spontaneamente.

Esultano i leader nazionisti in tutta Europa.

[[{"type":"media","view_mode":"media_original","fid":"1423326","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"444","width":"700"}}]]

Il Regno Unito spaccato in due dal referendum - ll 'Leave' vince in Galles conquistando 854.572 voti contro le 772.347 preferenze date al 'remain'. In Scozia, nel referendum sulla Brexit, ha vinto il 'Remain' con 1.661.191 voti contro i 1.018.322 andati al 'Leave' a fronte di un'affluenza del 67,2%Glasgow, la grande città portuale scozzese, vota al 66,6% per Remain, contro il 33,4% di LeaveEdimburgo, vota a favore della permanenza nell'Unione Europea con una percentuale del 74,4% contro il 25,6% di Leave.

[[{"type":"media","view_mode":"media_original","fid":"1423331","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"492","width":"700"}}]]

Contraria alla Ue la maggioritaria Inghilterra (esclusa quasi tutta Londra) con quasi il 60% di voti pro-Brexit. A Manchester fronte filo-Ue con un 60% di suffragi per Remain. Nella città industriale di Sunderland, sulla costa del nord-est dell'Inghilterra, Leave ha vinto con 82.394 voti (61,3%) contro i 51.930 voti (38,7%) per Remain. A Newcastle, città nel nord-est dell'Inghilterra, il 'Remain' ha vinto, ma di misura: 50,7% contro il 49,3% dei voti per il 'Leave', con uno scarto di appena 2.000 voti in una città in cui hanno votato in 129 mila.

Le immagini della Brexit

Gibilterra ha scelto il Remain con una percentuale del 95,9% e un 4,1% per il Leave. L'affluenza alle urne nel territorio a sud della Spagna è dell'84%. Leave ha vinto anche a Swindon , nella contea del Wiltshire, nel ricco sud-ovest dell'Inghilterra, con una percentuale del 55% contro il 45% di Remain. Oxford non tradisce l'Europa: la celebre città universitaria inglese porta in dote il 70,3% dei suoi voti al fronte di Remain nel referendum britannico sull'Ue contro il 29,7 di Leave. Anche Cambridge, dopo Oxford, vota in favore del fronte filo-Ue di Remain con oltre il 74% dei suffragi. La città di Liverpool, nel nord-ovest dell'Inghilterra che diede i natali ai Beatles, ha votato per il Remain, che ha vinto col 58% dei voti contro il 42% dei Leave.

[[{"type":"media","view_mode":"media_original","fid":"1423336","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"532","width":"700"}}]]

Il voto a Londra - Il 'Remain' a Londra è al 69% mentre il 'Leave' si ferma al 31%. E la scelta di restare in Europa, ad esempio, prevale nell'aristocratico quartiere di Hammersmith & Fulham, dove il 'Remain' trionfa al 70% mentre il 'Leave' si ferma al 30% mentre in due quartieri popolari dell'East End di Londra, Barking e Dagenham, compresi in una stessa circoscrizione, hanno segnato la vittoria al Leave con una proporzione del 62% contro il 38%. A Watford, sobborgo nel nord-est di Londra, il Leave ha vinto per soli 252 voti rispetto ai 23.167 del Remain mentre a Islington, nel collegio blindato del leader del Labour, Jeremy Corbyn, Remain si attesta attorno al 66% dei voti. l voto nel municipio della City of London è per il 75% per il Remain contro il 25% per il Leave. Remain ha vinto con il 78% contro il 22% a Hackney, popoloso quartiere nell'East End.

Le urne si sono chiuse alle 22 (le 23 italiane). L'affluenza è stata del 70%.

Salva

Salva

Salva

Salva

comments powered by Disqus