Lombardia: Fontana indagato per una fornitura di camici dalla società del cognato

Il governatore lombardo Attilio Fontana (Lega) risulta indagato dalla Procura di Milano nell’inchiesta sulla fornitura da mezzo milione di euro di camici e altri dispositivi di protezione da parte della società Dama spa gestita dal cognato Andrea Dini e di cui la moglie del presidente della Lombardia, Roberta Dini, detiene una quota del 10%.

La nuova iscrizione nel registro degli indagati, da quanto si è appreso, è arrivata nella giornata in cui è stato interrogato Filippo Bongiovanni, il dg dimissionario di Aria spa, la centrale acquisti regionale, indagato per turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente, assieme allo stesso Andrea Dini.

Nelle tre ore di faccia a faccia coi pm, Bongiovanni avrebbe fornito la sua versione dei fatti chiarendo che la Regione Lombardia e la sua centrale acquisti nelle fasi più difficili dell’emergenza Covid hanno operato in uno stato «quotidiano» di necessità, in un’emergenza fronteggiata dalle strutture regionali con sforzi ed impegno. L’ormai ex dg, difeso dal legale Domenico Aiello, ha anche messo a verbale dettagli concreti sugli sforzi fatti, a suo dire, dalle strutture regionali nell’emergenza.

Secondo le indagini dell’aggiunto Maurizio Romanelli e dei pm Filippini, Furno e Scalas, quell’affidamento diretto senza gara della fornitura, che risale al 16 aprile, sarebbe avvenuto in conflitto di interessi e l’ordine sarebbe poi stato trasformato in donazione solo il 20 maggio, dopo che la trasmissione Report iniziò ad indagare sulla vicenda. E Dama, comunque, avrebbe voluto guadagnare provando a vendere 25mila camici (dei 75mila totali di cui 50mila donati) anche a fine maggio con un prezzo di 9 euro a camice, invece che 6 euro che era il prezzo proposto ad Aria.
Accertamenti erano in corso già da giorni anche su un presunto «ruolo attivo» di Fontana, mentre numerosi testimoni sono stati già sentiti dai pm nelle ultime settimane. È stato escluso, invece, subito dalle prime analisi un ruolo nella vicenda della moglie del governatore. Bongiovanni, dal canto suo, avrebbe chiarito che in quella fase di piena pandemia erano state sospese tutte le procedure di verifica sulle forniture, compresa quella sui conflitti di interesse, e che questo genere di verifiche, tra l’altro, non sarebbero nemmeno spettate a lui.

Qualunque impresa, dunque, che poteva fornire dispositivi di protezione individuale e che si era riconvertita per farlo, veniva in presa in considerazione da Aria. Bongiovanni non avrebbe mai parlato con Fontana del ‘caso forniturà, ma, pare, lo avrebbe fatto con altri in Regione.

Quello di ieri mattina, è stato spiegato in Procura, non è stato un vero e proprio interrogatorio, tanto che gli inquirenti non hanno contestato all’indagato gli elementi di prova che hanno già raccolto. A Bongiovanni è stata data la possibilità di fare dichiarazioni e gli sono state fatte alcune domande affinché desse spiegazioni a determinati passaggi del suo racconto. Non gli è stato nemmeno mostrato il capo di imputazione.
Allo stato, gli inquirenti non hanno in programma di ascoltare anche Andrea Dini, mentre probabilmente ci sarà la necessità di ulteriori accertamenti da parte del Nucleo speciale di polizia valutaria della Gdf.

«Da pochi minuti ho appreso con voi di essere stato iscritto nel registro degli indagati. Duole conoscere questo evento, con le sue ripercussioni umane, da fonti di stampa». Lo ha scritto nella tarda serata di ieri su Facebook il governatore Attilio Fontana, dopo la notizia dell’indagine a suo carico nella vicenda della fornitura di camici alla Regione da parte della società Dama, gestita da suo cognato Andrea Dini e di cui sua moglie detiene il 10% delle quote. «Sono certo dell’operato della Regione Lombardia che rappresento con responsabilità», ha aggiunto Fontana.

 

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