Palazzo di lusso comprato con i soldi delle elemosine «Non con i soldi dei poveri»

«Io non sono indagato» e «abbiamo agito come Segreteria di Stato previa autorizzazione dei superiori». Lo ha affermato il cardinale Angelo Becciu, prefetto della Congregazione vaticana per le Cause dei Santi ed ex sostituto presso la Segreteria di Stato, rispondendo durante la presentazione di un libro a una domanda sull’inchiesta in corso in Vaticano su operazioni finanziarie sospette, in particolare l’acquisto per 200 milioni di euro di un immobile di pregio a Londra, effettuate utilizzando, si era detto all’emergere delle prime notizie, anche i fondi dell’Obolo di San Pietro.

L’inchiesta, come noto, ha portato al sequestro di computer e documenti presso uffici della Segreteria di Stato e dell’Aif, l’authority anti-riciclaggio vaticana, e alla sospensione di cinque funzionari, tra cui il direttore dell’Aif Tommaso Di Ruzza e mons. Mauro Carlino, capo ufficio informazione e documentazione della Segreteria di Stato ed ex segretario dello stesso card. Becciu. E sabato scorso, in occasione dell’apertura dell’Anno giudiziario del Tribunale vaticano, ha fatto dire a papa Francesco che le «situazioni finanziarie sospette» venute alla luce, «al di là della eventuale illiceità, mal si conciliano con la natura e le finalità della Chiesa», e «hanno generato disorientamento e inquietudine nella comunità dei fedeli». Il «dato positivo» è che, comunque, «le prime segnalazioni sono partite da Autorità interne del Vaticano».

«Sulle note faccende io vorrei dire solo due cose: quello che mi ha fatto soffrire è l’accusa che abbiamo utilizzato, cioè la Segreteria di Stato, che abbiamo fatto qualcosa, senza la previa autorizzazione del superiore. Quindi non sono io il solo ad agire. Che si dica che per questa casa abbiamo usato i soldi dell’Obolo di San Pietro io lo voglio smentire», ha chiarito Becciu. «Noi - ha spiegato riferendosi al periodo in cui è stato numero due della Segreteria di Stato - abbiamo acceso un mutuo, lasciando quei soldi quasi tanti quanti ne abbiamo trovati. Si è acceso un mutuo, voi lo sapete, gli interessi delle banche erano bassi e si è pensato di agire così per far fruttare meglio il capitale di cui la Segreteria di Stato dispone».

«Ma l’Obolo di San Pietro - ha sottolineato - non è stato usato a fini speculativi, l’Obolo non è stato intaccato. Si è acceso un mutuo e si è fatto un investimento. È prassi poi che il Vaticano agisca così. Era una occasione buona, una buona opportunità tanto che molti ce la invidiano perché sapete che c’è stata la Brexit e il valore è triplicato. Questa casa è della Santa Sede e il Papa vedrà come disporne».

«Che la Segreteria di Stato abbia usato i soldi dei poveri per fare delle speculazioni non è vero», ha ripetuto più volte stasera il porporato. Alla domanda se abbia avuto modo di parlare col Papa di queste vicende, l’ex sostituto ha risposto: «Sì, sì, ma la cosa è molto semplice, qualcuno ha visto e ha avuto dubbi, sospetto che non tutto fosse limpido e quindi hanno chiesto di verificare. Quindi, voglio dire, è andato tutto bene? No, c’è stato qualcosa che non è andato bene, ma per me quelli che conosciamo, almeno a quanto ci risulta, è gente estranea al Vaticano. Su questi, su cui sta indagando la magistratura, non lo so, può essere che abbiamo scoperto cose, io poi non c’ero più ma quelli che sono stati miei collaboratori sono di fiducia, sono persone per come le abbiamo conosciute oneste e fedeli».

«Aspettiamo che cosa dirà la magistratura ma io dico che queste persone mi meraviglia per come io le ho conosciute, come persone totalmente dedite alla Santa Sede. Aspettiamo che la magistratura si pronunci, però che li ascoltino presto e che qualcuno abbia approfittato della nostra situazione è risaputo.

Su questo dovranno fare le indagini pulite», ha aggiunto.
Ancora riferendosi, all’immobile di Londra ha osservato: «Questa casa è del Papa e lui vedrà come disporne». Becciu ha spiegato anche di non essere indagato ed ha invece sottolineato la buona fede, a suo parere, degli «indagati» lasciando fuori «il signore dell’Aif, non lo conosco». «La nostra responsabilità amministrativa - ha chiarito - era di far fruttare al meglio le risorse, che però sono nelle mani del Papa».

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