Sul tetto dell'università contro la ricerca su animali Al grido: «Macachi liberi»

Torna a farsi sentire la protesta degli animalisti verso le ricerche scientifiche che prevedono l’utilizzo di animali, in particolare i macachi.

A finire nel mirino degli attivisti - come già avvenuto in passato - il progetto “Lightup”, destinato a esplorare le possibilità di ridare la vista a pazienti ciechi in seguito a una lesione al cervello, finanziato dall’European Research Council e condotto dalle Università di Torino e Parma. Un gruppo di attivisti ha occupato il tetto del padiglione dell’Ateneo parmigiano e ha affisso uno striscione con la scritta «Fuori i macachi dall’Università #stopvivisezione».

In contemporanea in altre venti città italiane sono stati appesi analoghi striscioni per la liberazione di macachi ai cancelli di decine di Facoltà scientifiche e di Psicologia.

L’azione è stata rivendicata con un comunicato dal «Coordinamento Macachi Liberi» che «intende mantenere alta l’attenzione sulla sorte dei sei macachi detenuti negli stabulari dell’Università di Parma che, in collaborazione con l’Università di Torino, li sta sottoponendo all’esperimento “Lightup - Turning the cortically blind brain to see”».

Gli attivisti chiedono al ministro della Salute Roberto Speranza di fermare il progetto, che coinvolge, oltre all’Università di Torino e di Parma, anche quella di Oxford.

Oltre a Parma l’iniziativa ha riguardato Alessandria, Ancona, Bergamo, Bologna, Catania, Firenze, Foligno, Grosseto, Lodi, Milano, Novara, Padova, Pavia, Perugia Roma, Rimini, Torino, Trieste, Udine, Venezia e Verona.

L’azione messa in scena dagli animalisti segue una serie di contestazioni rivolte, nei mesi scorsi, verso i ricercatori impegnati nel ‘Lightup’ portato avanti dagli atenei di Parma e Torino i quali lo scorso agosto, in un nota congiunta, avevano lamentato gli attacchi giunti, in particolare, a due professori Marco Tamietto dell’Università di Torino e Luca Bonini dell’Università di Parma, divenuti «bersagli di un crescendo di minacce che vanno dall’aggressione personale a falsità diffuse» fino ad «una lettera anonima indirizzata al professor Tamietto con minacce di morte e un proiettile».

E sulla mobilitazione parmigiana di oggi, si è levata pure la voce di Giuliano Grignaschi, direttore di Research4Life. «Questa protesta è una follia - osserva - un affronto nei confronti di seri ricercatori italiani. È anche per questo che abbiamo lanciato il Manifesto «Salviamo la ricerca biomedica», già firmato da 22.000 persone. Le condizioni di lavoro dei ricercatori italiani sono pesanti - conclude Grignaschi - e tra queste anche le “fake news” e le minacce a cui sono sottoposti, come succede ai colleghi di Parma».

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