«Il mandante morale dei fatti di Macerata è Matteo Salvini»

È stato trasferito in carcere Luca Traini, il 28enne che ieri ha tentato di fare una strage di migranti a Macerata. L'uomo ha lasciato la caserma dei Carabinieri all'una di notte: a testa alta e sguardo dritto davanti a sé non ha detto una parola ai cronisti che erano ad attenderlo. Traini è ora nel carcere di Montacuto, frazione di Ancona, lo stesso dove è rinchiuso Innocent Oseghale, il nigeriano presunto assassino di Pamela. Proprio la morte brutale di Pamela Mastropietro sarebbe all'origine della tentata strage di ieri. Traini lo ha ribadito ai Carabinieri. "Ero in auto e stavo andando in palestra quando ho sentito per l'ennesima volta alla radio la storia di Pamela. Sono tornato indietro - avrebbe raccontato - ho aperto la cassaforte e ho preso la pistola".

LE REAZIONI POLITICHE

Il raid razzista di Macerata ad opera di un ex candidato della Lega irrompe nella campagna elettorale.
A un mese dalle elezioni politiche del 4 marzo le forze politiche prendono posizione dopo le sparatorie che ieri hanno trasformato in far west il centro della città marchigiana: ma accanto agli appelli ad abbassare i toni per fermare rischi di escalation, a sinistra si punta il dito contro chi alimenta un clima di odio e di violenza. E Matteo Salvini, con la Lega chiamata in causa per la militanza del giovane, cerca di smarcarsi e anzi scarica la responsabilità «morale» su chi «ha riempito l’Italia di clandestini». Mentre Forza Nuova arriva a dirsi pronta a pagare le spese legali del ragazzo.
A poco valgono gli appelli alla calma e alla responsabilità del premier Gentiloni e dei leader di quasi tutti i partiti. «Odio e violenza non riusciranno a dividerci» ha detto Paolo Gentiloni, dopo aver lasciato in anticipo l’appuntamento elettorale della presentazione delle liste di +Europa per incontrare il ministro dell’Interno Marco Minniti, e in stretto contatto con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Il premier ha anche chiarito che lo Stato «sarà particolarmente severo con chiunque pensi di alimentare una spirale di violenza» mentre il segretario Dem Matteo Renzi ha invitato a «lasciare la campagna elettorale fuori da questo terribile evento».
Un richiamo al «silenzio» e a non fare «campagna elettorale sulla pelle della ragazza uccisa e dei feriti di oggi» arriva anche dal leader del M5s, Luigi Di Maio.
L’episodio crea imbarazzo in una parte del Carroccio, con il rappresentante della minoranza interna, Gianni Fava, che chiede al partito una posizione netta che riporti il movimento «sui binari giusti», perché «un fascistoide» come sottolinea anche Roberto Maroni, nulla c’entra con «la gloriosa storia della nostra grande Lega».
Ma Salvini, pur sottolineando che «chiunque spari è un delinquente», va giù duro contro «l’immigrazione fuori controllo» che «porta allo scontro sociale». Non solo, per il leader della Lega «la responsabilità morale» è «di quelli che hanno riempito l’Italia di clandestini».
Parole, quelle di Salvini, che suscitano indignazione soprattutto nello schieramento di sinistra, con Laura Boldrini (di ieri la comparsa su Facebook di un fotomontaggio con lei sgozzata, che ha trovato la condanna di tutti i partiti) che si aspetta le scuse del capo del Carroccio e il leader di Leu, Pietro Grasso, che lo accusa di essere «tra i responsabili» della spirale di violenza.
A gettare acqua sul fuoco prova Silvio Berlusconi, sottolineando che quello di Macerata è stato «il gesto di uno squilibrato» che «non può essere ricondotto a una lucida connotazione politica», e provando a spostare l’attenzione, come fa anche Giorgia Meloni, sull’emergenza sicurezza nelle città «anche perché - dice Berlusconi - è serio il rischio che gravi episodi di cronaca alimentino tensioni e scontri sociali fino a degenerare in folli esplosioni di violenza come quella di Macerata».

LE ACCUSE DI SAVIANO 

"Il mandante morale dei fatti di Macerata è Matteo Salvini. Lui e le sue parole sconsiderate sono oramai un pericolo mortale per la tenuta democratica. Chi oggi, soprattutto ai massimi livelli istituzionali, non se ne rende conto, sta ipotecando il nostro futuro". Lo scrive sul suo profilo Twitter Roberto Saviano.   

"Invito gli organi di informazione - ha aggiunto Saviano - a definire i fatti di Macerata per quello che sono: un atto terroristico di matrice fascista. Ogni tentativo di edulcorare o rendere neutra la notizia è connivenza".   

"Una classe politica in perenne campagna elettorale e alla ricerca di consenso a prescindere non è un argine ma un viatico verso il fascismo. #Macerata", ha aggiunto in un altro post.

LE PAROLE DI BRUNO DORIGATTI 

"Viviamo un momento storico molto critico. Vedendo la situazione attuale nel mondo, in cui l'incitamento all'odio virtuale e reale sta diventando un serio problema sociale in molte nazioni, non c'è tempo da perdere, bisogna decidere adesso di combattere la dicotomia del 'noì e 'lorò. Il tempo della pace non viene da solo, ognuno di noi deve decidere di realizzarlo". Lo afferma il presidente del consiglio provinciale di Trento, Bruno Dorigatti, in riferimento ai fatti di Macerata, avvenuti - come ricorda - "a distanza di pochi giorni dalla Giornata della Memoria".    "Proprio nel celebrare quella ricorrenza - prosegue Dorigatti - avevamo stigmatizzato odii, pregiudizi e soprusi alimentati da populismi xenofobi. Purtroppo l'attualità dei fatti di cronaca ci ricorda che non è di passato che stiamo parlando, ma di presente. Il terrificante atto di una persona psicolabile non può essere l'unica spiegazione del drammatico episodio e non possiamo non vedere come questo genere di fenomeni venga alimentato da propagande che parlano ancora di 'razzà e che inneggiano al fascismo ed al nazismo e che spingono a cercare un nemico - lo straniero - da combattere per ritrovare 'l'isola che non c'e", ovvero una società libera da contaminazioni culturali e sociali", conclude il presidente del consiglio provinciale.

I FATTI 

Due ore di caccia al nero tra le strade di una città spaventata e chiusa nelle case, una rappresaglia armata «preparata e progettata» fin nei dettagli, un raid con un solo movente e nessuna giustificazione: un odio razziale che emerge da un background «fascista e nazista». 

La morte atroce di Pamela, fatta a pezzi da uno spacciatore nigeriano, ha prodotto un altro orrore: un tiro a segno per le vie di Macerata con l'unico obiettivo di uccidere lo straniero, il nero, il diverso. Anche se del tutto estraneo alla morte della ragazza. Ed ora la politica è costretta ad interrogarsi sulle troppe parole urlate e sugli errori commessi. «Nessuno cavalchi l'onda, nessuno cavalchi l'odio, nessuno cavalchi le contrapposizioni - dice a fine giornata il ministro dell'Interno Marco Minniti precipitatosi a Macerata - in momenti difficili come questi la risposta della democrazia deve essere forte e unitaria».
Tutto è cominciato alle 11 del mattino di ieri: Luca Traini, 28 anni di Tolentino, incensurato, un passato su posizioni di estrema destra e candidato nel 2017 per la Lega al consiglio comunale di Corridonia, sale sull'auto e parte per la sua missione. Uccidere quanti più stranieri possibile. Agisce da solo: al momento gli investigatori non hanno trovato nulla che possa far pensare ad un'azione organizzata con altri soggetti. Se a spingerlo sia stata proprio la morte di Pamela lo diranno le indagini; quel che è certo è che tra i due non c'era alcun legame, così come nessuno dei 6 stranieri feriti (nessuno in pericolo di vita) aveva in qualche modo avuto a che fare con lui: bersagli scelti a caso. I primi sono stati colpiti in via dei Velini. Poi, ad allarme era già scattato, Traini ha fatto in tempo a sparare ancora in via Spalato, vicino alla casa dove viveva il presunto assassino di Pamela, contro il portone della sede del Pd, e in corso Cairoli. Svuota due caricatori interi, quasi una trentina di proiettili, con la sua pistola semiautomatica e regolarmente detenuta: è un miracolo che non sia morto nessuno.
La caccia al nero dura due ore e finisce sulla scalinata del monumento ai caduti di piazza Vittoria: due carabinieri lo bloccano subito dopo aver abbandonato l'auto e lo buttano in terra. Traini non oppone resistenza, ha sulle spalle un Tricolore e prima di essere ammanettato riesce ad urlare il suo proclama folle e razzista. «Ho fatto quel che dovevo, l'Italia agli italiani». Lo portano in caserma, scatta l'arresto per tentato omicidio. Macerata tira un sospiro di sollievo, come il resto d'Italia.
Dei 6 feriti, il più grave è un giovane di colore colpito al torace, mentre si trovava in via dei Velini, con lesione al fegato; forse sarà sottoposto ad intervento chirurgico. Gli altri, tutti di colore, hanno riportato lesioni meno gravi come una donna che ha una frattura ad una spalla, un altro alla coscia destra, un quarto alla spalla destra e un quinto colpito di striscio. Nell'area della stazione un uomo di colore ha avuto un attacco di panico ed è fuggito rifugiandosi nell'officina di un elettrauto. È stato accompagnato al pronto soccorso.

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