Addio a Dario Fo: il premio Nobel si è spento a novant'anni

È morto all'età di 90 anni Dario Fo, drammaturgo, attore, regista e artista poliedrico, premio Nobel per la Letteratura nel 1997.

Era ricoverato in ospedale da dieci giorni in seguito all'acuirsi dei dolori derivanti da una patologia respiratoria.

Dario Fo era nato a Sangiano, in provincia di Varese, il 24 marzo 1926.

È stato anche attivista politico e uomo di teatro a tutto tondo: attore, regista, scrittore, scenografo, costumista e impresario della sua stessa compagnia. E'  divenuto celebre per i suoi testi teatrali di satira politica e sociale, messi in scena sempre con la moglie Franca Rame, scomparsa nel 2013.

«Se poi mi capiterà di morire, io ho fatto il possibile per campare». Dario Fo amava ripetere spesso questa frase, che racchiude in sè la sua anima di «giullare» prestato alla letteratura, di attore prestato alla politica, di pittore prestato alla radio, di uomo che si è donato all’arte e al suo pubblico.

E in effetti ha vissuto mille vite. Nato alle 7 di mattina del 24 marzo 1926 (il giorno della condanna a 5 anni per omicidio preterintenzionale di 3 imputati per il processo Matteotti) a Sangiano, piccolo comune del Varesotto, da papà Felice, capostazione e attore amatoriale, e mamma Pina Rota, scrittrice e casalinga, è cresciuto con i fratelli Bianca e Fulvio con l’odore e il rumore delle tavole dei palcoscenici, ha sfamato la sua sete di conoscenza con le favole grottesche, ispirate da fatti realmente accaduti, che raccontava il nonno materno girando per borghi per attrarre clienti al suo carro di verdura che coltivava nel suo orto e poi rivendeva.

Il suo primo, vero contatto con la città avvenne nel 1940, quando iniziò a frequentare l’Accademia di Brera, che poi lasciò dopo la fine della seconda Guerra mondiale per studiare architettura al Politecnico di Milano.

Proprio nel periodo buio del conflitto e del fascismo, il giovane Dario scoprì l’impegno politico: richiamato alle armi dalla Repubblica di Salò, dapprima aderì («per salvare la pelle», disse in più interviste nel corso degli anni, tant’è che fu anche assolto per sopravvenuta amnistia nel processo di Varese del 1979), poi fuggì e visse i mesi precedenti la Liberazione nascondendosi in un sottotetto, mentre i genitori erano attivi nella Resistenza.
Papà Felice, responsabile del Comitato di liberazione di zona, organizzò il passaggio clandestino in Svizzera dei ricercati ebrei e dei prigionieri inglesi che erano riusciti a fuggire, mentre mamma Pina offriva cure a partigiani e gappisti feriti.

Dopo la Guerra tutta la famiglia si spostò in città, dove Fo scoprì Gramsci, Marx, Brecht, Majakovskij e Lorca. Erano gli anni dei primi applausi all’università, esibendosi per i colleghi, prima di della nascita dei teatri stabili, tra cui il «Piccolo» di Milano, che divenne la casa della «scena nazional-popolare», dunque la sua casa.
Dopo aver abbandonato il Politecnico, disgustato dagli scandali della corruzione edilizia del Dopoguerra, Dario si gettò anima e corpo nel teatro, che cambiò la sua storia, facendogli incontrare anche Franca Rame, la donna con cui trascorse tutta la vita, privata e artistica, con la si sposò nel giugno del 1954.

Nel 1968 il primo storico successo, il «Mistero buffo». Nel ‘70 portò in scena «Morte accidentale di un anarchico», dedicato alla vicenda di Giuseppe Pinelli, ma la sua produzione artistica è smisurata: oltre 200 tra spettacoli, libri, film, varietà televisivi, dischi e programmi radiofonici. E molte delle sue opere sono state tradotte in inglese, francese, spagnolo tedesco e lingue scandinave.

Nel 1997 vinse il premio «Nobel» per la Letteratura «perchè, seguendo la tradizione dei giullari medievali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi».
Il suo impegno politico, nato sin da giovane, negli ultimi anni aveva trovato casa nel Movimento 5 Stelle, di cui è stato grande sostenitore sin dagli albori. Ma il suo impegno e la sua visibilità calò drasticamente dal 2013, quando morì la moglie Franca Rame. In questi tre anni ha più volte affermato, anche pubblicamente, di sentirla ancora vicino a sè, la notte, nei problemi di tutti i giorni. Oggi finalmente si sono riabbracciati, per completare quel percorso iniziato sulla terra e sui palcoscenici ma che era destinato a proseguire per l’eternità.

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