La polemica: imprenditori antimafia devono pagare l'auto per la scorta

Hanno denunciato la 'ndrangheta, la mafia o la camorra, hanno fatto arrestare e condannare diverse persone, lo Stato li tiene sotto scorta ma, in pieno agosto, fa recapitare loro una lettera in cui si dice che, dall'1 settembre, «la misura sarà attuata mediante l'utilizzo di un'autovettura di proprietà dell'interessato». 

È quanto accaduto a due imprenditori testimoni di giustizia, Pino Masciari e Rocco Mangiardi, entrambi calabresi, che hanno scelto anni addietro di non sottostare alla prepotenza di chi voleva piegarli. Pino Masciari, storico testimone di giustizia, è l'imprenditore edile calabrese che è stato sottoposto dal 18 ottobre 1997, assieme alla moglie e ai due figli, ad un programma speciale di protezione per aver denunciato la criminalità organizzata e che ha quindi dovuto lasciare la sua terra. «Con la nuova circolare devo mettere io a disposizione l'auto. È come se lo Stato dicesse "vi abbandono". Questo suona come un monito per gli altri imprenditori: chi denuncia viene isolato. Come faccio io, che sono un morto vivente, che non sono stato più messo in condizioni di produrre. E perché tutti i parlamentari, anche gli ex, possono usufruire di trasporto gratuito mentre chi dà la vita per lo Stato viene trattato in questo modo?»

A Rocco Mangiardi è stato prolungato fino a fine anno il servizio di scorta ma deve essere lui a mettere a disposizione l'auto sul quale attuarlo. L'uomo, 60 anni, sposato, tre figli, nel 2006 denunciò quattro persone per estorsione. Sulla vicenda della scorta è intervenuto il deputato Pd Davide Mattiello. In una lettera al ministero dell'Interno chiede di comprendere meglio finalità e modalità attuative della circolare ministeriale.

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