Saviano: «Qui non vivo più, vado all'estero»

Minacciato dal clan più potente della camorra, costretto a una vita sotto scorta che trasforma in una chimera perfino le più semplici azioni quotidiane, come passeggiare, salire su un treno o cenare in un ristorante. Saviano spiega come la sua esistenza sia cambiata da quando ha cominciato ad occuparsi degli affari dei Casalesi, un impegno che se da un lato gli ha regalato notorietà in Italia e all'estero, consacrandolo come scrittore di successo, dall'altro lo ha esposto al rischio di ritorsioni, al punto che oggi, per la sua sicurezza sono mobilitati sette carabinieri e due auto blindate. E poi ammette: potrebbe tornare a vivere una vita normale solo nascondendosi all'estero, sotto una falsa identità

Minacciato dal clan più potente della camorra, costretto a una vita sotto scorta che trasforma in una chimera perfino le più semplici azioni quotidiane, come passeggiare, salire su un treno o cenare in un ristorante.
Saviano spiega come la sua esistenza sia cambiata da quando ha cominciato ad occuparsi degli affari dei Casalesi, un impegno che se da un lato gli ha regalato notorietà in Italia e all'estero, consacrandolo come scrittore di successo, dall'altro lo ha esposto al rischio di ritorsioni, al punto che oggi, per la sua sicurezza sono mobilitati sette carabinieri e due auto blindate. E poi ammette: potrebbe tornare a vivere una vita normale solo nascondendosi all'estero, sotto una falsa identità.
L'autore di Gomorra ha ripercorso le tappe della sua esistenza di scrittore sotto protezione deponendo in qualità di testimone-parte offesa al processo, davanti alla terza sezione del Tribunale di Napoli, per le presunte minacce indirizzate a lui e alla giornalista Rosaria Capacchione, dai boss dei Casalesi Francesco Bisognetti e Antonio Iovine.
Per circa due ore ha risposto alle domande del pm. «Immagino che la mia vita possa essere libera solo all'estero, in Paesi che possano darmi un'altra identità, così che possa permettermi una vita nuova che comincia da zero», ha detto Saviano, auspicando una «fake identity» per tornare a una esistenza normale. Perché oggi non può nemmeno andare al ristorante.

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